L’Editoriale: Analisi del voto amministrativo

Il Ballottaggio all'ombra del Vesuvio
Comunali ai ballottaggi

Di Giuseppe Caputo

 


Nonostante la soglia di astensione, i politici o sarebbe meglio dire i politicanti continuano la presa per il culo degli elettori che spesso sono ben rappresentati dalla lordura che mandano nelle istituzioni.

L’offerta elettorale è veramente scarsa. Talvolta non votare rappresenta l’unica scelta decente, anche se poi si delega agli altri con conseguenze nefaste.

Con le ultime amministrative si è assistito all’ennesimo declino della classe dirigente locale ed all’ulteriore decadimento del dibattito politico. Volgarità, grida ossessionate, slogan e stupidaggini hanno preso il posto della dialettica, del confronto sui problemi.

L’ex magistrato De Magistris dal palco ha gridato: “Renzi si deve cagare sotto!”. Ve lo immaginate Berlinguer adoperare una simile frase? O Almirante. O Craxi?

Per non parlare dei programmi. Si dovrebbe abolire l’obbligo di presentare il programma perché è la più grande presa per il culo fatta alla gente.

Peggio ancora della campagna elettorale è l’analisi del voto.

Non si capisce mai chi ha vinto e chi ha perso. Come se i numeri si potessero commentare.

Innanzitutto partiamo dagli sconfitti. Quello che resta del centrodestra, lentamente sta per essere cancellato dalle istituzioni.

Gioca la partita solo dov’è presente le Lega. Non governa più le grandi città. Al sud è scomparso. Colpa di Berlusconi. Quando si è reso conto di non avere più la forza per tirare la carretta, ha fatto l’accordo con Renzi. Deve difendere i suoi interessi finanziari.

Il patto del Nazareno è un vero accordo di governo. Il centrodestra non ha più classe dirigente.

Gli ex colonnelli di Fini prendono ordini dalle “badanti” di Berlusconi. Alle riunioni politiche è decisiva la parola della Pascale, la giovane fidanzata del Cavaliere, con un passato da valletta di Telecafone. Forza Italia si è sciolta, come il calippo al sole.

Resta un cerchio magico di  finti dirigenti (Brunetta, Tajani, Gelmini, Carfagna, Romano) che continuano a rappresentare una realtà inesistente, un’insopportabile presa in giro.

Brunetta ha passato 40 giorni su Facebook a scrivere che prima Bertolaso e Marchini sarebbero arrivati al ballottaggio perché unici candidati credibili.

I lacchè si affannano per conquistare un posto da capolista alle prossime politiche, quando Forza Italia sarà spazzata via.

Ma: chi ha vinto?

Non c’è un vincitore reale. Renzi dice che il Pd ha conquistato 1000 Comuni. Ne sono massimo 20.

Non dice che la maggior parte di quei Comuni hanno meno abitanti di Fuorigrotta.

A Roma ha vinto sicuramente il Movimento Cinquestelle, ma solo a Roma. Eppure Mafia capitale, il generone romano, gli apparati hanno dimostrato di avere ancora la forza di veicolare i consensi, tant’è che nelle periferie vincono due giovani donne: Raggi e Meloni, al centro invece prendono voti i cosiddetti partiti tradizionali.

Quello della Raggi è un risultato straordinario. Lei però lascia perplessi. Priva di contenuti e di leadership. Ma Roma ha resistito ai barbari, al Vaticano, alla Dc, ai compagni delle brigate rosse, persino ad Alemanno, non perirà certo nelle mani della Raggi.

Nel resto della Penisola, segnali di grandi rivoluzioni grilline non si sono visti. Si tratta di un movimento giovane e molto fumoso. Fanno un’ ottima propaganda ed usano bene internet.

Fanno breccia in molta parte della popolazione, ma i limiti culturali sono evidenti. I cinquestelle sono la Forza Italia degli anni 90, senza un leader carismatico. Sono macchine intelligenti capaci di manipolare l’opinione pubblica. Non può essere Beppe Grillo l’artefice. C’è qualcos’altro che sapremo tra molti anni, o mai, quando decideranno di eliminare il microcircuito.

La genesi del voto ai cinquestelle è chiara. Il meccanismo è elementare, lo slogan è sintetico sino all’estremo, per raccogliere più soggetti di strati sociali diversi: giovani, società civile, democrazia direttissima.  I grillini prendono voti di protesta, poi a governi delle città si “incartano”. Roma è il primo, vero, battesimo del fuoco.

Quanto all’altro centrodestra, la Meloni forse rappresenta l’embrione di una futura coalizione senza Berlusconi. E’ evidente che la Meloni abbia perso perché il Cavaliere doveva un favore a Renzi.

Se il Pd non fosse arrivato al ballottaggio a Roma, sapendo di perdere a Napoli e con l’incognita Milano, il premier avrebbe dovuto sloggiare da Palazzo Chigi, con gravi danni per gli interessi massonico-mafiosi, col fallimento delle riforme e dell’Italicum.

Si sarebbe votato in un clima assai infervorato, con le influenze europee dei partiti d’ispirazione populista. Berlusconi è l’argine italiano alla vittoria dei movimenti anti sistema, in cambio degli introiti alla fininvest.

A Roma, Giachetti perderà. Per raggiungere la Raggi, gli servono 130 mila voti. E se un po’ si conosce l’elettorato della Meloni, parte andrà al mare, altri voteranno la Raggi.

Devono invece mascherarsi pure quando portano il cane a pisciare, i vari Fini, Casini, Storace, la Mussolini e tante altre mummie.

A Napoli, il caso è simile. Stavolta vincerà De Magistris che è un uomo fortunato. Ed è l’unico sindaco possibile. De Magistris vincerà perché ha l’accordo sotto banco con i 5 stelle. I grillini hanno imparato a fare come gli altri. Hanno candidato a sindaco un brianzolo, juventino. Al secondo turno, quelli di centrodestra andranno al mare, gli altri piddini e grillini andranno a votare DEMA che governerà Napoli con una percentuale del 25 % sull’effettivo elettorato.

Lettieri è un ottimo imprenditore, ma è circondato da gente che, se approdasse al Comune di Napoli, rappresenterebbe una sciagura, tra esasperato clientelismo, incapacità, nepotismi vari. D’altronde hanno governato la Regione Campania e la Provincia di Napoli. Che hanno fatto?

Leggete i nomi: Cesaro (il figlio), Paolo Russo, Martusciello, Caldoro. Se non vi è già venuta la nausea, siete tra i rari tesserati di Forza Italia.

Vedere poi la campagna elettorale della Carfagna è stata una sofferenza. Per l’ex valletta della Domenica del Villaggio, Napoli è solo pizza, caffè, babà, corno ed altre amenità.

La sua candidatura ha rappresentato il totale disprezzo per gli elettori napoletani e per le candidate di Forza Italia. Hanno preso una di Salerno, l’hanno fatta capolista a Napoli (perché nella sua città De Luca l’avrebbe asfaltata) ed hanno obbligato i capibastone a votarla in accoppiata con i candidati uomini. Le altre donne in lista? Orpelli.

Fratelli d’Italia con Marcello Taglialatela è stato un flop, ma si registra la dignità del deputato ex Msi, di non ammainare la bandiera. Molti l’hanno lasciato per un posticino in Consiglio Comunale. C’è chi senza la poltrona, non sa vendere nemmeno i calzini

Peggiore è stata la campagna elettorale del Pd, con una candidata a sindaco sgradevole, prima ex assessore di Bassolino, poi renziana con tutti i difetti dell’esserlo: spocchiosa e politicamente inconsistente. Nemmeno le sue liste erano competitive.

A Milano se la giocano, ma il Pd è nettamente favorito. A Torino, Fassino se la vedrà con l’imprevedibilità dell’elettorato, ma la capacità di movimentazione del sistema certamente lo favorisce.

In sintesi, il dato delle grandi città vede sostanzialmente arretrare il Pd ed i berlusconiani, nei centri più piccoli valgono le condizioni del momento, i candidati, le liste.

Nonostante tutto, però il PD ha ancora troppi elettori, sintomatico della rappresentatività di un’Italia corrotta e meschina. Il centrodestra sta scomparendo. Se deve essere fatto solo di lacchè ed ex vallette meglio l’oblio. La Lega mantiene il suo elettorato al nord, stenta al sud. I cinquestelle avanzano dov’è più influente il voto di opinione.

L’Italia è dilaniata, sconfitta, corrotta, invasa, arretrata, venduta. L’impressione è che queste elezioni non abbiano risolto nulla.