Se imparassimo dal Giappone
“Ormai dobbiamo farci l’abitudine”. Queste le parole delle tante vittime dei terremoti che in questi giorni stanno dilagando e dilaniando qualsiasi cosa attorno a se. Paesi distrutti, dolore atroce, danni irreparabili materialmente e moralmente per tutti coloro che stanno vivendo questo dramma.
La domanda ricorrente in questi casi è la seguente: si possono prevenire i terremoti? Se è vero come è vero, purtroppo che i terremoti non si possono prevenire, si può e si deve lavorare sulla prevenzione. Basterebbe prendere esempio dal Giappone che è notoriamente il primo e più esposto ad eventi sismici, ma vediamo cosa si fa in Giappone, gli amici del Sol Levante fanno “prevenzione”, l’unica arma funzionate contro i terremoti in quanto come già precisato purtroppo ad oggi la scienza ha dichiarato che non sono prevedibili.
Su questo fronte il Giappone è il paese con la migliore organizzazione di formazione e preparazione a fronte di eventi sismici al mondo. Essi hanno infatti redatto ed approvato un “documento” governativo che contempla 6 punti fondamentali per la prevenzione/organizzazione contro i terremoti: informativa di prevenzione su larga scala (volantini,manuali, documentazione), strutture preorganizzate e visibili di cartellonistica di percorsi di emergenza, pianificazione dettagliatissima delle evacuazioni post sisma, strutture globali (abitazioni, impianti idrici, di alimentazione del gas e degli impianti elettrici) antisismici obbligatori, kit di sopravvivenza in uffici e case e quant’altro. Ma anche le Scuole, palazzi, centri turistici per stranieri, di fatto tutti gli enti governativi giapponesi hanno la prevenzione dei terremoti come fondamenta della vita sociale giapponese. Manuale e documentazione viene aggiunta e spiegata ovunque perfino nei ryokan tradizionali.
Questo manuale eccelle nella semplicità e completezza ed è stato copiato in Canada, Usa, e paesi scandinavi come esempio di eccellenza organizzativa. Cosa facciamo in Italia per la prevenzione dei terremoti? Se escludiamo la vergognosa telefonata tra Francesco Piscicelli e suo cognato Pierfrancesco Gagliardi avvenuta il 6 aprile 2009, poche ore dopo che il terremoto ha distrutto l’Aquila, direi che come tutte le cose italiane , si spende moltissimo ma in realtà si fa pochissimo. E’ evidente che Messina, S.Angelo dei Lombardi , l’Aquila, Norcia, Terni, Perugia ed oggi Amatrice non hanno insegnato assolutamente nulla a nessuno, si ridurranno ad interviste ai super –esperti del momento, animeranno vergognosi talk-show lacrimosi che su tufferanno sul dolore della gente come le iene si lanciano sulle carogne di animali morti. Anche se questo è il momento del dolore, del rispetto e quindi del silenzio, vogliamo rispettosamente provare a fare un pò di conti. Quanto ci sono costati fino ad oggi i terremoti accaduti negli ultimi 40 anni? 157 miliardi , questa è la cifra che si è speso per la ricostruzione dei paesi colpiti, non entro nella polemica di come siano stati affidati gli appalti e a chi, e della qualità degli interventi, ma se pensiamo che per la prevenzione ne sarebbero bastati 25 di miliardi fa ancora più rabbia pensare alle centinaia di uomini, donne e bambini che hanno perso la vita per l’incuria e l’incapacità della politica.
Anche se il dato, perfettibile, ma drammaticamente alto, dei soldi spesi per ricostruire le zone terremotate sono stati ben 157 miliardi di euro sborsati in quarant’anni. Perché 157 miliardi di danni? La stima arriva da un dossier sul rischio sismico redatto dal Dipartimento della Protezione Civile nel settembre 2010. Nel documento si specifica come «i terremoti che hanno colpito la Penisola hanno causato danni economici valutati per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro (la stima è stata confutata con i prezzi del 2005), che sono stati impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze non traducibili in valore economico del patrimonio storico, artistico, monumentale». Attualizzando tale valore, si ottiene un totale complessivo pari a circa 157 miliardi e un valore medio annuo pari a 3.672 milioni di euro. «Una vera e propria montagna di soldi .Soprattutto se è vero, come ha stimato l’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, «che per mettere in sicurezza tutto il nostro Paese occorrerebbero tra i 20 e i 25 miliardi di euro». Perché, che l’Italia sia ad elevato rischio sismico non è più una novità per nessuno.
Le conferme arrivano dalla cronaca storica. Sempre secondo la Protezione civile, «in 2.500 anni, in Italia, si sono verificati oltre 30mila terremoti, di cui 560 di intensità e magnitudo oltre l’ottavo grado della scala Mercalli. Se è vero quindi che non è possibile prevedere con esattezza i terremoti, è tuttavia possibile prevedere gli effetti sul territorio; questo significa che tali effetti possono essere modificati o addirittura neutralizzati attraverso una serie di misure di prevenzione ( basterebbe prendere esempio dai giapponesi). I principali interventi sarebbe di non consentire la costruzione di edifici nelle zone a rischio, costruire secondo le norme antisismiche, anche se è vero che rimarrebbe il problema delle vecchie costruzioni che nel nostro rappresentano la maggioranza del patrimonio edilizio e comunque non concepito in maniera antisismica. Quale dovrebbe essere il ruolo della politica in questo disarmante scenario? Intanto andrebbe intrapresa una seria politica di prevenzione un documento che imporrebbe una serie di iniziative politico-amministrative e tecniche : una seria mappatura della sismicità di tutto il territorio nazionale sia dal punto di vista storico (terremoti storici) sia dal punto di vista sismo-geologico per poter individuare le zone in cui si possono verificare i terremoti, con quale forza, frequenza e pericolosità.
Censire l’intero patrimonio edilizio e valutare il suo stato di conservazione, con particolare attenzione alle zone classificate sismiche ed avviare le necessarie opere di risanamento e di adeguamento antisismico, dando la priorità agli edifici pubblici (ospedali, scuole, luoghi di aggregazione).Una adeguata informazione di massa costituisce di sicuro un momento importante, questo può addirittura essere integrato nei programmi scolastici. Senza dubbio indispensabile investire risorse nella ricerca (materiali da costruzione – tecnologie più avanzate volte ad aumentare gli standard di sicurezza) Tuttavia tutto questo non è possibile, addirittura non è pensabile, l’atavico deficit dello Stato (su questo potremmo promuovere una conferenza dedicata alle cause del debito) I Tagli “criminali “ alla Sanità la dicono lunga su quanto il Governo tenga alla salute dei cittadini, se a questo ci aggiungiamo lo sperpero di miliardi per il salvataggio di sedicenti “profughi” veramente mi viene l’orticaria. Per mesi il Governo ha messo a tacere i reali costi messi a bilancio per andare a recuperare i barconi, accogliere gli immigrati e trovargli una sistemazione.
Per ottenere la flessibilità da Bruxelles, il ministro dell’Economia Padoan alla fine ha messo nero su bianco che nel 2015 i costi stimati per fronteggiare l’emergenza migranti sono di “3,3 miliardi di euro, di cui 3 miliardi di spesa corrente”. Questo la dice lunga sul buonismo sbandierato dal capo dello Stato, che ancora pochi giorni fa chiedeva più sostegno per l’accoglienza , una accoglienza che come già spiegato ha un costo che ricade come sempre sulle tasche dei cittadini sia in esborso maggiore di danaro (tasse, gabelle etc.) che in tagli ai servizi. . Un costo veramente molto caro. “Le spese per l’emergenza migranti – si legge nella legge di Stabilità – nel 2014 sono raddoppiate rispetto al periodo 2011-2013 e nel 2015 sono triplicate”. La proiezione più drammatica del dicastero dell’Economia è che le risorse disponibili per i prossimi anni possono sostenere uno scenario simile a quello di quest’anno. Tanto che, in vista del peggioramento della crisi, si rendono necessari maggiori fondi sono necessari.
E immaginando un aumento del numero degli immigrati nei prossimi due anni identico a quello registrato tra il 2014 e il 2015, si legge ancora nella manovra licenziata dal governo, “il costo sarà vicino ai 4 miliardi nel 2016” Il 50% delle spese riguarda il capitolo “ricezione”, mentre tra il 20% il 30% il salvataggio in mare. Le previsioni sugli arrivi hanno di gran lunga superato quelle preventivate dallo studio del Governo, quindi se due più due fa quattro, i conti son presto fatti. Intanto la gente muore.