Il mondo Lgbt trema: 12 esposti sui patrocini ai Gay Pride
Nella giornata di ieri, martedì 10 luglio, l’Associazione Difesa dei Valori, guidata dal presidente Filippo Fiani, ha tenuto una conferenza stampa presso la Camera dei deputati per illustrare ben 11 esposti presentati alla Procura della Corte dei conti per chiedere una verifica rispetto ai patrocini dati da diverse amministrazioni locali ai Gay Pride, e dunque al mondo associativo Lgbt.
Un primo esposto pilota era stato presentato già un mese fa in Toscana – la regione in assoluto con più enti patrocinatori del Gay Pride – e aveva portato come risultato concreto, seppur la causalità non sia verificabile, il mancato finanziamento del comune al Toscana Pride.
Presenti all’evento di ieri alla Camera anche l’onorevole Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia e il senatore Simone Pillon, della Lega.
ProVita ha contattato Filippo Fiani per un breve scambio di battute.
Presidente, potrebbe innanzitutto spiegarci la genesi e lo sviluppo della vostra iniziativa?
La questione è semplice: abbiamo cercato tutti i Pride realizzati e in programma in Italia, quindi l’elenco delle amministrazioni che hanno dato il patrocinio.
Una volta radunati i dati, abbiamo deciso di presentare a diverse sezioni della Procura della Corte dei conti un esposto. Questo non ha carattere penale perché non era nostra facoltà denunciare un danno erariale, tuttavia pone la Procura nell’obbligo di indagare i conti e di verificare se vi sono stati degli illeciti: se così fosse, ma si rimanesse su un piano civile, sarebbe la Procura stessa a infliggere una sanzione; se invece le irregolarità risultassero avere un carattere penale, verrebbe coinvolta la Procura della Repubblica.
Facendo questo ci siamo garantiti di non puntare il dito in maniera preventiva contro chi ha dato il patrocinio, perché potrebbero esserci dei casi in cui questo è stato dato per una questione “morale”, seppur non condivisibile, ma non ha dato luogo ad alcun danno erariale.
La vostra ricerca a quali scoperte vi ha portati?
Quello che è successo è che questa nostra azione ci ha permesso di scoperchiare un pentolone ed è stata propedeutica per scoprire il legame indiretto che intercorre tra le amministrazioni e i Pride, che si concretizza tramite la Rete Ready. Le amministrazioni che ne fanno parte devono infatti dare conto del loro agire alle varie associazioni Lgbt e, anche solo questo, comporta dei costi che ricadono su tutti i contribuenti.
A questa intuizione siamo arrivati grazie e a una affermazione del governatore della Toscana Rossi, il quale ha dichiarato di non aver dato un euro al Pride, ma di aver finanziato la Rete Ready… e la cosa ci è risuonata molto rispetto al caso Unar-Anddos.
In fondo, pensiamoci: perché ogni amministrazione che passa alla destra si stacca immediatamente dalla Rete Ready? Semplicemente perché si tratta di un modo legale di ricevere denaro per poi distribuirlo a pioggia ai vari enti Lgbt che non ne avrebbero mai avuto diritto.
Secondo le vostre stime, qual è il danno economico, oltre a quello di ordine morale, arrecato dai Gay Pride?
Avendo volutamente deciso di non utilizzare uno strumento di richiesta di danno, chiamando appunto in causa la Procura della Corte dei conti, non abbiamo una stima.
Ad ogni modo è importante sottolineare che il nostro intento non era richiedere un risarcimento a nostro favore, quanto tentare di ri-sensibilizzare rispetto al valore del patrocinio, che non può andare a coprire iniziative che si presentato sotto certi aspetti anche contrarie alla legge italiana.
Presso quali Procure è stato presentato l’esposto?
Le Procure coinvolte sono quelle di Campania, Lombardia, Piemonte, Umbria, Lazio, Toscana, Sicilia, Veneto, Sardegna, Liguria, Trento e Bolzano. [Anche in Emilia Romagna ci sarebbe da indagare… leggete qua, ndR]
Quale esito vi prospettate?
Non ci aspettiamo un grande exploit. Però, su dodici Procure, riuscire anche solo a fare un piccolo buco in una diga che sta in piedi da tempo è già un passo.
Più che risultati giuridici vogliamo indagare e stuzzicare un sistema che si è autoprotetto e che si è sempre considerato intoccabile e che ora si trova un po’ il fianco scoperto agli attacchi che i cittadini possono compiere secondo le leggi dello Stato.
Avete già avuto contestazioni da parte di associazioni vicine al mondo Lgbt?
La conferenza di ieri ha generato articoli nelle regioni che sono state indicate come destinatarie dell’esposto. E già i siti Lgbt iniziano ad attaccarci, dicendo che i patrocini sono leciti e soprattutto gratuiti… ma non è mai così: c’è sempre un costo dietro, anche se magari non si danno direttamente soldi all’associazionismo, perché si spendono soldi per partecipare a un evento che non meritava una rappresentanza amministrativa.
Localmente, poi, l’associazione che rappresento è stata attaccata duramente in un consiglio comunale: «Nemo propheta in patria», insomma…
Teresa Moro
(Fonte ProVita)