Gli studi del docente reggino Partinico sui Bronzi di Riace “Sono Pericle e Temistocle”
Napoli, 31 agosto 2022
Il professore Riccardo Partinico ha evidenziato l’identità dei Bronzi di Riace attraverso i suoi studi di anatomia archeostatuaria
di Antonio Russo
I Bronzi di Riace ritornarono alla luce del sole cinquant’anni fa, il 16 agosto 1972, a Porto Fonticchio, grazie all’intervento del subacqueo romano Stefano Mariottini. Vide la presenza di un busto che spuntava dal fondale marino, a una distanza di circa duecento metri dalla costa calabrese e una profondità di otto. Così nacque il mito dei Bronzi di Riace, come la nascita di Venere dalla spuma marina. Il mare è il simbolo della nascita. Nel corso degli anni le vere identità delle statue greche sono rimaste avvolte nel mistero. Guerrieri, eroi, re, strateghi, fondatori di mitiche città o atleti delle antiche Olimpiadi. Le statue simbolo del Museo Nazionale Archeologico di Reggio Calabria hanno ammaliato esperti di ogni angolo del mondo, ostinati a dare un nome e una storia alla statua A, il Giovane, con la folta chioma, barba riccia e la bocca che lascia intravedere i denti d’argento, e la statua B, il Vecchio, con la testa e le braccia, forse, orfane di copricapo e armi. Negli ultimi tempi un’ipotesi alternativa si sta progressivamente diffondendo sulla identità delle due due statue greche. Questa tesi si avvale dell’anatomia archeostatuaria che studia la gestualità, lo scheletro, i muscoli, la postura, la fisionomia e la somatometria dei corpi rappresentato dalle statue di interesse archeologico. Secondo questa tesi, i Bronzi di Riace non possono raffigurare personaggi mitologici come Etéocle e Polinice, Anfiarào e Tideo, Castore e Polluce, Erettéo ed Eumòlpo. Ma si tratterebbero di personaggi veramente vissuti come Pericle e Temistocle. Secondo l’ipotesi, la forma della testa della statua B con le fonti storiche, tramandate dai commediografi Cratino, Erodoto ed Eupoli, scritte da Plutarco in “Vite Parallele”. Si tratti di Pericle per il cranio dolicocefalo (allungato in senso antero/posteriore n.d.r) tanto da essere soprannominato “Testa di “cipolla marina”; altri indizi che conducono a Pericle sarebbero le somiglianze fisionomiche della statua B con il volto del busto di Pericle conservato presso i Musei Vaticani, mentre il volto della statua A avrebbe somiglianze fisionomiche con il volto di Temistocle, rappresentato su una moneta del V secolo a.C. e con il volto di un busto conservato presso i Musei Vaticani, copia di un originale greco del V secolo a.C.. Inoltre, la statua A presenta il “piede greco”, cioè il secondo dito più lungo dell’alluce, una pianta del piede ed arco plantare anatomicamente perfetti. La statua B, invece, presenta il “piede greco”, la pianta del piede allargata e la riduzione dell’arco plantare. Tali alterazioni determinano una deambulazione particolare. Forse come quella indicata negli scritti di Tucidide nei riguardi di Pericle. La paternità di questa tesi è di Riccardo Partinico, reggino, docente di scienze motorie, Direttore del Laboratorio di Anatomia Archeostatuaria di Reggio Calabria. Studioso appassionato dei Bronzi di Riace sin dall’anno 2004 ha esaminato dal punto di vista anatomico i corpi virili delle due statue, individuando particolari anatomici, caratteristiche muscolari e alterazioni scheletriche. “Ho iniziato le mie ricerche il 30 agosto 2003, mi recavo spesso al Museo di Reggio Calabria ad ammirare i Bronzi di Riace. Mi sono accorto, da docente di scienze motorie, che c’era qualcosa di particolare sia nella colonna vertebrale sia nei piedi nella statua B. Ho subito notato che presentava il varismo del quinto dito del piede, cioè una variazione del dito verso l’interno. Tutti dicevano che i Bronzi di Riace hanno corpi possenti, perfetti. Ho cercato, invece, di guardarli meglio, osservando la parte posteriore delle statue. Ho notato alcune alterazioni: la statua B presentava una scoliosi dorso – lombare, invece, la statua A presentava una iperlordosi lombare”, racconta il docente Riccardo Partinico. E spiega: “ Mi hanno fatto capire questi particolari che gli artisti che hanno realizzato le statue, nel V secolo a.C., non conoscevano il dito varo o la scoliosi, quindi hanno rappresentato ciò che hanno visto, cioè persone veramente esistite. Ho avuto una contestazione nel 2021, quando ho ipotizzato che la statua B fosse Pericle. A questo punto ho scritto una lettera al Ministro dei Beni Culturali il quale ha dato il compito di verificare la mia ipotesi a un archeologo. Mi disse che la porzione della testa è stata aggiunta, annichilendo la mia tesi. Ho nuovamente verificato la mia tesi, vedendo l’alterazione specifica del cranio che parte dal 1/3 dell’osso frontale, quindi non può essere una porzione aggiunta: la testa avrebbe una forma normale e avrebbe avuto una porzione aggiunta per indossare l’elmo. Le ipotesi sono tantissime, tutte orientate su personaggi mitologici frutto della fantasia. Ho recentemente avuto una piccola soddisfazione. Alberto Angela, nella sua ultima pubblicazione “I Bronzi di Riace – l’ avventura di due eroi restituiti dal mare”, sostiene che la statua B sia il generale ateniese Milziade, distaccando le statue e la loro identità dal mito. Ma gli studiosi si
ostinano a presentare i Bronzi di Riace come personaggi mitologici: in modo particolare Polinicie e Etéocle, figli di Giocasta, fratricidi. Questa ipotesi ( teoria del docente reggino Daniele Castrizio, n.d.r.) è smentita dall’età delle due statue: la statua A risalente al 460 a.C.; l’altra, invece, la statua B risalente al 430 a.C., quindi sono due statue realizzate a trenta anni di distanza. Devo dire che gli occhi della statua A sono in calcite, internamente sono di forma sferica e sono stati incastonati con diverse graffette. L’unico occhio, invece, rimasto della statua B è incastonato senza graffette e la parte interna è di forma conica. Le statue sono state realizzate con materiali diversi: peli di animali, scaglie di legno ed altro. Le statue sono state realizzate da equipe di artisti differenti, quindi sicuramente non possono far parte della stessa rappresentazione artistica. Le statue potrebbero, però, far parte dello stesso scenario. Questo è possibile, perché i tenoni ( perni metallici che fissano la statua al piedistallo, n.d.r.) di piombo, che le statue avevano ai piedi, appartengono alle miniere di Laurion, a 50 chilometri a sud di Atene”.