Salvatore Nicolella, un giovane attore del Rione Sanità sul set del film “Rinascere”a invitato speciale al festival di Cannes: “Sogno di vivere d’arte e recitazione

Napoli, 20 settembre 2022

Salvatore Nicolella, un giovane attore del Rione Sanità, esordisce nel ruolo di Alfonso Catalano, coprotagonista nel film “Rinascere” in onda sulla Rai in prima serata a invitato speciale come rappresentante del Rione Sanità sul red carpet di Cannes

di Antonio Russo

Oggi incontriamo a piazza Bellini, a Napoli, Salvatore Nicolella, 28enne, giovane attore, del Rione Sanità. Un attore napoletano in gamba. Ha esordito nel ruolo di coprotagonista, Alfonso Catalano, nel film “Rinascere”, diretto da Umberto Marino e prodotto da RaiFiction e Moviheart, narra la storia di Manuel Bortuzzo ed è basato sul medesimo romanzo dell’atleta paralimpico. Un film visto da 3.509.000 spettatori con il 18.5% di share. Salvatore Nicolella è stato seguito da Monica Manfredi, dell’agenzia “Mó Better Agency”.Ci accomodiamo vicino al tavolino, fuori a un bar del posto. Ci troviamo in una piazza, dove si vedono alcuni resti delle mura della Neapolis greca, a poca distanza dal Conservatorio di San Pietro a Majella e dal Complesso di Sant’Antonio delle Monache a Port’Alba. Una cornice suggestiva che stringe l’incontro con questo giovane del Rione Sanità. Un giovane napoletano, seduto a tavolino a bere un aperol spritz, con un cappello nero della Nike e occhiali da sole che coprono gli occhi azzurri come il mare, si racconta ai noi di NNMagazine. Una storia, la sua, piena di flashback, di flashforward, di duro lavoro in Accademia di recitazione, di riscatto sociale di un intero quartiere e di talento innato per la recitazione. Forse, è la personificazione del riscatto sociale del Rione Sanità. Ha collaborato con i giovani della Cooperativa “La Paranza”, sotto la supervisione di padre Antonio Loffredo, per recuperare le Catacombe e le bellezze del suo quartiere, che aveva una pessima reputazione. Oggi è membro del collettivo del Nuovo teatro Sanità (ntS’), diretto da Mario Gelardi. Uno degli invitati speciali, come rappresentante del Rione Sanità, dal regista Mario Martone al festival del cinema internazionale di Cannes. Un apprendistato svolto all’Accademia del teatro Bellini, diretto da Gabriele Russo, e un lungo curriculum per la sua giovane età. Ha avuto una figurazione speciale, O’Pezzato, nel cast di “Gomorra – La Serie”.È nelle tenebre del Rione Sanità che si rivela la luce e la voglia di riscatto di Salvatore Nicolella.

Antonio Russo:Quando ha iniziato a recitare ?

Salvatore Nicolella:“Credo che avessi circa dieci anni. Frequentando l’Accademia e facendo molti stage, mi sono accorto che, quando giochiamo, cioè i bambini quando sono sul palcoscenico non notano la differenza tra teatro e il gioco. In inglese, infatti,“to play” significa “giocare”, ma anche “recitare”. Giocavo con mio fratello Toni che interpretava il cameriere di un ristorante e interpretavo, invece, dieci clienti differenti tra loro (ride). Se le dovessi dire un’età precisa di quando ho iniziato, mi risulterebbe molto difficile. Poi, ho scoperto, in Accademia, che “questi giochi” d’imitazione erano le prove, cioè lo studio di recitazione. Facevo prima questi giochi che i compiti scolastici (ride)”.

A.R.: Il suo mito della comicità?

S.N.: “È Massimo Troisi. In generale, il mio attore preferito è Troisi. Amo il suo film “ Il Postino”.

A.R.: Quali sono i suoi maestri del passato che preferisce ?

S.N.: “Sono Totò, Eduardo De Filippo e Charlie Chaplin”.

A.R.: Da chi trae ispirazione per i suoi personaggi?

S.N.: “Posso dire che le fonti d’ispirazione sono infinite: possono essere anche quelle due persone sedute al tavolino. Replico gesti e modi di persone che vedo per strada e mi divertono. La mia ispirazione è l’osservazione della vita stessa che mi circonda”.

A.R.: Qual è il suo pubblico che lo fa sentire a casa?

S.N.: “Le mamme dei miei amici (ride). Quando ero bambino, aprirono uno spazio, la chiesa dell’Immacolata e San Vincenzo, alla Sanità, dove iniziavo a muovere i primi passi. Oggi è il Nuovo teatro Sanità, dove lavoro e ho la maggior parte dei miei progetti. È il luogo che chiamo casa. Il parroco, Antonio Loffredo, ci affidò questo spazio quando eravamo ancora bambini. Facevamo delle visite teatralizzate nella Catacomba di San Gaudioso. Spesso il mio pubblico erano le mamme dei miei amici che si complimentavano con me”.

A.R.: Ha lavorato alla ripresa delle Catacombe del Rione Sanità ?

S.N.: “Sì, ho partecipato alla ripresa delle Catacombe del mio quartiere. Sono le mie sorelle e fratelli maggiori come Susy, Gianni, Enzo, Nando e Lello ( alcuni giovani della Cooperativa “La Paranza”, n.d.r.).Sono ragazzi che sono partiti in pochi in questa rinascita del nostro quartiere, ma hanno creato tantissimi posti di lavoro, riaprendo le Catacombe di San Gaudioso e di San Gennaro. Abbiamo nuovi progetti in corso in un altro spazio nel nostro quartiere. Grazie a un’iniziativa giovanile il Rione Sanità è cambiato in positivo”.

A.R.: Come si vive nel quartiere Sanità, adesso?

S.N.: “ Le Catacombe sono aperte da circa sedici anni. Da allora il quartiere è cambiato tantissimo. Quando mi allontanavo dal mio quartiere, evitavo di dire alla gente che ero della Sanità (sospira). Spesso dicevo che ero di Santa

Teresa o di Capodimonte. Adesso, le cose sono cambiate: vedo fiumi di turisti accompagnati da Miriam e Flora, ragazze che conosco da bambino. Le considero entrambe le mie sorelle maggiori (ride). Raccontano le bellezze che si trovano nel Rione Sanità. Tutto ciò è motivo di orgoglio, per me. Ho dato un mio piccolo contributo alla rinascita del mio quartiere. Ho lavorato qualche anno insieme a loro. Sono fiero, adesso, di dire che sono del Rione Sanità, grazie al lavoro svolto dai ragazzi e da padre Antonio Loffredo. Padre Antonio Loffredo, inoltre, è stato la nostra guida in tutto ciò. È un piccolo miracolo”.

A.R.: Nascere a Napoli aiuta a fare teatro?

S.N.: “Sì, assolutamente. Nascere a Napoli, al Sud Italia aiuta molto. Il napoletano ha una marcia in più. Basta dare un’occhiata al cinema e al teatro: Paolo Sorrentino agli Oscar e Toni Servillo con due European Film Awards. Non voglio dare lo stereotipo del napoletano. Ho conosciuto tanta gente di diverse città e di altri paesi, ma non hanno quello che abbiamo noi. Mi sento, infatti, fortunato di essere napoletano”.

A.R.: Proviene dall’Accademia del teatro Bellini diretto da Gabriele Russo. Com’è lavorare con lui?

S.N.: “Non si fanno spettacoli con Gabriele, ma bellissime avventure . Mi sono trovato bene a lavorare con lui. È molto competente, soprattutto in fase di prova, a far emergere alcuni miei lati sconosciuti. Ho un feeling artistico speciale con il direttore del teatro Bellini di Napoli”.

A.R.:Porta l’orecchino al lobo dell’orecchio sinistro come Maradona. Cosa rappresenta la figura del Pibe de Oro per lei?

S.N.: “Rappresenta il tempo che trascorro con mio padre. È l’argomento con cui mi riappacifico con mio padre dopo una discussione pesante. Maradona, inoltre, rappresenta gli ultimi, il Sud del mondo. Un uomo che non aveva nulla e arrivò al successo con le sue capacità”.

A.R.: Come ha avuto la parte del personaggio “O Pezzato” in “Gomorra – La Serie”?

S.N.: “Feci il provino, a Napoli, con il casting di Max Pacifico e Adele Gallo, in seguito fui ricontattato per andare a Roma per il secondo provino. Fummo presi io e il mio collega Mariano Coletti. Dovevo interpretare “O’ Pezzato” e Mariano, invece, doveva incarnare il personaggio del “Cantonese”. Due ragazzi appartenenti al gruppo dei Talebani. Mi ricordo che arrivò la chiamata per dirmi che facevo parte del cast, quando stavo facendo le prove di uno spettacolo. Risposi al telefono, ero sul palcoscenico. Tutti mi guardavano… Ero appena uscito dalle quinte per dire la mia battuta, ma risposi a telefono (ride). Comunque, dissi ai presenti che ero nel cast di “Gomorra – La Serie”. È stato un momento di gioia per tutti i presenti, non solo mio”.

A.R.: Cosa ha appreso sul set di “Gomorra- La serie” ?

S.N.: “È stata una figurazione speciale quella del personaggio “O’Pezzato”. Ho recitato il ruolo del “O’ Pezzato” che scendeva dallo scooter e faceva la faccia cattiva. Ho preso tutta l’esperienza che c’era sul set, imparavo molto solo a guardare gli altri ”.

A.R.: “Gomorra – La Serie”, secondo lei, rappresenta Napoli in tutte le sue sfaccettature e i giovani napoletani?

S.N.: “No, non rappresenta Napoli e tutti i napoletani. Gomorra rispecchia una piccola percentuale di Napoli. Ricordo che una frase di Roberto Saviano, che presentò il suo libro “La paranza dei bambini” al Nuovo teatro Sanità, mi colpì molto. È questa: Gomorra è un grandissimo atto d’amore per Napoli. È come parlare di un difetto che ha la tua ragazza, ma la ami lo stesso anche per i suoi difetti”.

A.R.: Com’è stato rappresentare il personaggio di Alfonso Catalano nel film “ Rinascere”?

S.N.: “Sì, all’inizio avevo l’impedimento di non poter usare le gambe. Ho dovuto fare l’abitudine di usare la sedia a rotelle; così, mi sono esercitato con la sedia a rotelle per Napoli. Sembrava che Alfonso fosse un ragazzo della Sanità, aveva delle qualità dei ragazzi del mio quartiere: la leggerezza, la simpatia e la grande voglia di riscatto. Il personaggio di Alfonso mi assomigliava molto, quindi ho messo un po’ della mia personalità in Alfonso. Ho successivamente conosciuto il vero Alfonso, siamo andati, a Mergellina, a prenderci un caffè. È stata un’emozione fortissima conoscere chi mi somigliava in certi aspetti”.

A.R.: Che esperienza le ha lasciato interpretare Alfonso?

S.R.: “ Ho realizzato un mio sogno con l’interpretazione di Alfonso. Ero il coprotagonista di un film Rai. Mi ha cambiato un po’ quest’esperienza: mi ha dato la fiducia nelle mie capacità che prima vacillavano”.

A.R.: Cosa le ha detto Manuel Bortuzzo della sua interpretazione?

S.N.: “ Manuel si è divertito molto della mia interpretazione, gli ricordavo il vero Alfonso per la mia napoletanità. Siamo andati insieme a mangiarci una pizza. Mi ha colpito molto Manuel: ha solo 23 anni, ma è molto maturo per la sua età. Mi ha dato l’esempio di resilienza e la forza di non arrendermi mai nella vita”.

A.R.: Qual è il messaggio principale del film “Rinascere”?

S.N.: “ Il messaggio principale del film è quello di non arrendersi mai, continuare a vivere e avere la forza necessaria di trasformare qualcosa di difficile in un qualcosa di facile. È un messaggio di speranza”.

A.R.: Ha rappresentato i giovani del Rione Sanità al 75esimo festival di Cannes con l’unico film italiano “Nostalgia” di Mario Martone. Qual è l’emozione che ha provato a essere uno dei rappresentanti della Sanità a Cannes?

S.N.: “Ti rispondo con un’ esclamazione: Wow! (ride) È stata un’emozione fortissima: stare sul red carpet con Pierfrancesco Favino, con Francesco Di Leva, e con Mario Martone. È stato, soprattutto, un momento di riscatto del mio quartiere. Ed ero uno dei rappresentanti del riscatto del Rione Sanità a Cannes.Ero orgoglioso e soddisfatto di questo. Mancava solo che partecipavo al film. Erano fieri anche Vincenzo Antonucci, Mariano Coletti, Ciro Burzo e Giuseppe D’Ambrosio ( gli altri ragazzi invitati speciali al festival di Cannes, n.d.r.).Padre Antonio Loffredo disse: abbiamo fatto tanti chilometri per vedere la nostra casa”.

A.R.: È capitato di sostenere ruoli di personaggi lontani dalla sua personalità ?

S.N.: “ Sì, mi è capitato a teatro. Mi fecero fare il provino per la compagnia Biancofango a Roma, che organizzò, a Napoli, un’opera intitolata “La perdita dei padri”, un Romeo e Giulietta rivisitato. Questa esibizione era completamente concentrata su una partita di calcio. Recitavo la parte di Tebaldo. Un personaggio molto bravo nel gioco del calcio, era il capitano della squadra dei Capuleti. Mercurio, interpretato da Vincenzo Salzano, era il capitano della squadra dei Montecchi. Vincenzo Salzano, l’attore, era un bravo giocatore di calcio, mentre ero “ il Gattuso” della partita: entravo in scivolata per fermarlo (ride). Comunque, il personaggio di Tebaldo è totalmente diverso da me: impulsivo e rabbioso”.

A.R.: Quale tipo di ruolo le piacerebbe esplorare?

S.N.: “ Eh, forse, non ho un ruolo che mi piacerebbe esplorare. Apprezzerei molto esplorare nuove drammaturgie, e non testi classici. Mi diverte di più; mi fa sentire meno la responsabilità di fare un Amleto, ma in passato ho recitato la parte di Amleto”.

A.R.: Quali saranno i suoi progetti futuri ?

S.N.: “Debutterò, ad aprile, con una regia per un spettacolo nella stagione “Nuove Costellazioni” al Nuovo teatro Sanità diretto da Mario Gelardi. Ci sarà una conferenza stampa il cinque ottobre, alle ore 11, presso il Nuovo teatro Sanità. In quest’occasione, riveleremo il tema dello spettacolo ai giornalisti e ai presenti. Non posso dire altro”.

A.R.:Un’ultima domanda prima di salutarci: qual è il suo nel cassetto ?

S.N.: “Il mio sogno nel cassetto è quello di vivere di recitazione e d’arte. Potermi pagare l’affitto e le bollette, facendo solo quello che amo. Attualmente, faccio laboratorio ai bambini”.

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore