Napoli, la statua della Madonna di Maria del Parto ritorna al suo antico splendore: restauro compiuto
Napoli, 14 ottobre 2023
Napoli, la statua della Madonna di Maria del Parto ritorna al suo antico
splendore: restauro compiuto
Scultura in legno policromo della Madonna nella chiesa rinascimentale di Santa Maria del Parto portava i
segni del tempo, oggi è tornata al suo antico splendore dopo l’intervento di restauro
Antonio Russo
Napoli. Ci sono voluti circa sei mesi per il restauro della statua della Madonna realizzata dallo scultore
Francesco Saverio Citarelli nel 1865. Nel XV secolo ovunque si diffuse la devozione alla Madonna del Parto,
legata soprattutto ai pericoli della gravidanza e del parto. A Mergellina nacque grazie all’opera letteraria di
Jacopo Sannazaro dal titolo ‘De partu Virginis’. Ecco perché la statua presa in oggetto è venerata dai
napoletani. L’intervento del restauro voluto dal parroco e mariologo di fama internazionale Salvatore
Maria Perrella è iniziata il 19 aprile 2023 con la messa in sicurezza e il trasporto della Madonna dalla
chiesa al laboratorio di restauro. La statua è stata restituita lo scorso 13 ottobre 2023 alla chiesa di santa
Maria del Parto. È stato un restauro molto delicato: poiché l’opera era stata attaccata dai tarli. Si è
occupato dell’intervento del restauro il restauratore Gianpiero Fortunato titolare della ditta Arte&Restauro.
“ La statua era soggetta ad un attacco xilofago ancora in corso, visibile da fori di sfarfallamento presenti su
tutta la superficie e dal rosume in prossimità delle gallerie. Alcune parti strutturali del supporto
denunciavano fessurazioni e sconnessioni che si rimarcavano sulle superfici policrome; tra queste, una
lunga fessurazione percorreva la parte anteriore del braccio sinistro della Madonna e la parte inferiore sulla
parte sinistra. In prossimità di alcune sconnessioni strutturali la preparazione era sollevata sui bordi e in
parte caduta. Accanto a queste lacune sono erano evidenti altre mancanze, sia della preparazione a stucco,
che lasciano il supporto scoperto, sia della policromia; una parte significativa di queste ultime era
localizzata nella zona inferiore della veste, causate probabilmente dalle movimentazioni richieste alla sua
funzione devozionale del manufatto. A questa stessa causa erano probabilmente ricondotte anche le
numerose abrasioni della policromia, in alcune zone del tutta consumata e, in parte gli stessi dissesti delle
parti strutturali. Le policromie della veste e del manto sembravano frutto di un rimaneggiamento alquanto
devozionale al pari delle decorazioni dipinte e di quelle tridimensionali su di esse apposte. Lo strato di
ridipintura (vernice/smalto) era steso in maniera non del tutto omogenea, deducibile da colature presenti
sulla superficie. Inoltre il pulviscolo atmosferico aveva dato luogo a depositi superficiali su cui avevano
attecchito agenti patogeni, batteri e funghi principalmente, che avevano decomposto e alterato il film
pittorico”, racconta Gianpiero Fortunato.
E spiega: “ A seguito della movimentazione dell’opera e del suo trasporto in laboratorio le prime operazioni
sono state la verifica della tenuta della policromia e della preparazione, per evitare cadute, perdite e lacune
successive. Una parte di queste operazioni è stata svolta in loco, prima della movimentazione dell’opera
dalla chiesa; i sollevamenti sono stati in questo caso preventivamente fermati da apposite velinature con
carta giapponese e un collante.
Una volta assicurata la tenuta della policromia, e della preparazione sottostante, si è proceduto alla
disinfestazione del legno mediante antitarlo a base di permetrina, applicato ad iniezione, e dal basso a
pennello. Le fermature del colore e delle preparazioni, nelle parti staccate o decoese sono state risolte con
iniezioni di un adesivo acrilico, scelto in funzione di diversi parametri di tipo tecnico deontologico testato
preventivamente su zone nascoste dell’opera e successivamente applicato ove necessario. L’approccio alla
pulitura delle policromie ha previsto diversi steps ed è iniziato dapprima con osservazioni in luce UV per la
pulitura delle superfici dai depositi e il loro risanamento dalle aggressioni biologiche presenti, la rimozione
delle vernici, la rimozione eventuale delle ridipinture. Successivamente si sono effettuati seguiti dei saggi di
pulitura utilizzando preferibilmente in via preventiva il ‘kit acquoso’, per ridurre l’impatto delle sostanze
sugli strati di colore. La fase di pulitura mediante soluzioni acquose presentava problematiche derivanti dal
fatto che il colore originale della statua era facilmente intaccabile e di conseguenza non gestibile. Essendo
questa la fase più complessa del restauro, si è optato per una pulitura meccanica ovvero un descialbo
graduale mediante l’ausilio di bisturi di tutta la superficie policroma della veste, è del manto. Terminata la
pulitura (fase più complessa e lunga, n.d.r. ) si è proceduto con l’integrazione materica delle mancanze e il
risarcimento delle lacune, finendo poi con l’integrazione pittorica. A seguito della verniciatura interinale
l’operazione conclusiva del restauro sarà la verniciatura finale. Tutte le operazioni di restauro sono state
concordate con il funzionario della soprintendenza addetto alla tutela dell’opera”.