” …far rispettare il nome napoletano negli Stati stranieri…”
Napoli, 30 Ottobre 2024
Esmeralda Mameli
Nel Regno delle Due Sicilie era molto stretto il controllo dei cittadini a causa dell’instabilità politica e sociale.
Il Passaporto venne rilasciato nel 1818 sotto Ferdinando I di Borbone, re delle Due Sicilie, figlio terzogenito di Carlo III re di Spagna e di Maria Amalia di Sassonia, ed era un documento necessario per i viaggiatori che si spostavano all’interno e all’esterno del regno. Il sistema di passaporto rispondeva all’esigenza di controllare i movimenti di persone e merci, riflettendo le preoccupazioni delle autorità riguardo a possibili disordini o attività politiche sovversive. Le autorità utilizzavano i passaporti anche come strumento di identificazione e autorizzazione, soprattutto per i funzionari pubblici o le persone in cerca di occupazione in altre regioni. I passaporti emessi avevano caratteristiche specifiche, come informazioni personali del richiedente, foto e timbri ufficiali. Inoltre, potevano includere dei limiti geografici o temporali riguardanti i viaggi, e spesso era necessario registrare il proprio passaporto presso le autorità locali al momento della partenza e del ritorno, ma il passaporto era soprattutto una forma di riconoscimento e rispetto da parte delle autorità nazionali e internazionali verso i cittadini del Regno. Ciò ben si evince nella formula riportata sul documento stesso: “…far rispettare il nome napoletano negli Stati stranieri…”.
Il Regno dunque, prometteva protezione e dignità ai propri abitanti.
Con l’unificazione italiana nel 1861, il sistema di passaporto subì cambiamenti significativi, portando a una standardizzazione dei documenti e all’adozione di pratiche più moderne in materia di viaggi e identificazione.
Nel secolo successivo, lo scrittore Aldo Palazzeschi lamentò la standardizzazione culturale dell’Italia unita. La sua critica era particolarmente rivolta quelle diversità regionali che l’unificazione sembrava minacciare di appiattire. Le Regioni sarebbero state private della loro individualità nel tentativo di creare una Nazione unita.
Il Palazzeschi evidenziò le tensioni di un’Italia che nel suo processo di unificazione, di cambiamento e frammentazione cercava di definire cosa significasse ancora essere “italiani” in virtù di una così marcata eterogeneità culturale e di appartenenza.