attualitàCronaca esteraEconomia

Le Fiamme di Los Angeles e il Fuoco delle Disuguaglianze Sociali – Il Dramma sociale dietro gli Incendi, Standard Mediatico sotto accusa

Napoli,15.01.2025
Esmeralda Mameli

Los Angeles brucia da oltre una settimana, ma l’attenzione dei media si è inizialmente concentrata sulle ville multimilionarie delle star di Hollywood, trascurando il dramma vissuto dalle comunità meno abbienti. Soltanto dopo la crescente pressione del web, i grandi media hanno iniziato a parlare delle centinaia di migliaia di cittadini ordinari che hanno perso tutto senza poter contare su risorse adeguate o assicurazioni che li tutelassero. In località come Altadena, gravemente colpita dall’Eaton Fire, i soccorsi sono arrivati in ritardo rispetto ai quartieri più ricchi, suscitando indignazione e alimentando un dibattito sul presunto doppio standard nella gestione delle emergenze. Questo fenomeno riflette una crisi sociale più ampia, che trova radici anche nell’aumento dei costi delle polizze assicurative. Dal 2020 a oggi, nella sola Contea di Los Angeles, oltre mezzo milione di abitazioni è rimasto senza copertura, a causa della scelta delle compagnie di non rinnovare le polizze nelle aree a rischio. Il risultato è che molte delle case distrutte dagli incendi non sono protette da clausole anti-incendio, aggravando ulteriormente le difficoltà delle famiglie colpite.

Il risentimento verso le élite sta crescendo. Celebrità e imprenditori sono accusati di sottrarre risorse fondamentali, come l’acqua e i servizi di emergenza, alla popolazione comune. Un esempio emblematico è rappresentato dalla famiglia Resnick, criticata per il consumo eccessivo di acqua per le loro coltivazioni, mentre molte comunità faticano a fronteggiare la crisi idrica. La rabbia si estende anche a chi può permettersi squadre di pompieri privati, come dimostra il caso dell’imprenditore Keith Wasserman, che ha suscitato indignazione dopo aver dichiarato pubblicamente di essere disposto a pagare qualsiasi cifra per proteggere il proprio quartiere dalle fiamme. Questa disparità ha generato un sentimento di rivolta sui social, dove iniziano a comparire meme e battute ironiche sul fatto che stiano bruciando ville con piscina, anziché le case della gente comune.

Le cause di questi incendi, però, non sono solo sociali ma anche climatiche. La California sta affrontando una delle peggiori crisi ambientali della sua storia, con temperature in costante aumento e periodi di siccità sempre più lunghi. Gli esperti avvertono che gli incendi diventeranno sempre più frequenti e devastanti se non verranno adottate politiche adeguate di prevenzione e gestione del territorio. Il dibattito si fa ancora più acceso quando si analizza il ruolo della politica. Molti cittadini accusano i rappresentanti locali di aver tagliato fondi vitali ai vigili del fuoco e di non aver mai varato un piano efficace di prevenzione degli incendi. Alcuni, come nel caso dei Resnick, puntano il dito contro il legame tra grandi aziende agricole e partiti politici, colpevoli di aver favorito interessi privati a scapito della comunità.

CMI (Confederazione Meridionalisti Identitari) da sempre sensibile ai temi legati alla giustizia sociale e ambientale, evidenzia come questa tragedia sia l’ennesima dimostrazione di quanto sia urgente una gestione equa e solidale delle risorse. La visione politica di CMI parte dal principio che le emergenze, sia climatiche che economiche, non possono essere affrontate lasciando indietro le fasce più deboli della popolazione. Proprio come accade in California, anche in Italia le disparità nella gestione delle risorse e delle emergenze si manifestano in maniera drammatica, specialmente al Sud. Il movimento ribadisce che fenomeni come il cambiamento climatico richiedono un approccio globale, ma che le soluzioni devono necessariamente essere locali e calibrate sulle specificità dei territori. Analogamente, il CMI ha più volte denunciato il modo in cui le risorse del Sud Italia vengano sfruttate a vantaggio di altre aree del Paese, lasciando le comunità meridionali prive di investimenti adeguati in servizi essenziali e infrastrutture.

Dal punto di vista ambientale, il movimento sottolinea l’importanza di una politica di prevenzione che privilegi la tutela del territorio e delle sue risorse, a partire dall’acqua. Il caso californiano mostra chiaramente cosa accade quando l’acqua, bene comune essenziale, diventa oggetto di privatizzazione e consumo intensivo da parte di pochi soggetti privilegiati. Una dinamica simile è osservabile in Italia, dove il controllo delle risorse idriche e naturali è spesso appannaggio di grandi gruppi privati, a scapito delle comunità locali. CMI propone un modello di gestione pubblico e partecipato, che garantisca un accesso equo e sostenibile alle risorse, promuovendo politiche di prevenzione che coinvolgano attivamente le comunità interessate.

Sul web il dibattito si è spinto oltre, arrivando a paragonare la copertura mediatica degli incendi di Los Angeles a quella dei conflitti in Palestina. In molti sottolineano come la distruzione vissuta da Gaza in quindici mesi riceva ben meno attenzione rispetto a una sola settimana di devastazione in California, segno di un’ipocrisia mediatica che privilegia solo ciò che riguarda i potenti. Questo confronto, seppur estremo, evidenzia il malcontento generale verso una narrazione che sembra premiare il lusso e ignorare la sofferenza delle persone comuni.

Gli incendi di Los Angeles, al di là delle fiamme, hanno acceso un faro sulle profonde disuguaglianze sociali che attraversano la società americana. La crisi assicurativa, il cambiamento climatico e la cattiva gestione politica hanno creato una tempesta perfetta in cui i più vulnerabili pagano il prezzo più alto. Se da una parte si salvano le ville delle star grazie a squadre di pompieri privati, dall’altra migliaia di famiglie perdono tutto ciò che hanno, senza alcuna possibilità di riprendersi. Questa disparità non è solo un problema locale, ma un riflesso di come le emergenze globali vengano spesso affrontate in modo diseguale.
CMI ritiene che questa sia una lezione che anche l’Italia deve imparare: senza un cambiamento radicale nella gestione delle risorse, saranno sempre i più deboli a pagare il prezzo delle crisi, mentre pochi privilegiati continueranno a beneficiare di un sistema che protegge solo chi ha già tutto.