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Un successo italiano

Bari, 20 Gennaio 2025

Canio Trione

Abbiamo gioito assieme a tanti altri della liberazione della giornalista italiana indebitamente detenuta in Iran. In cuor nostro abbiamo tributato i più vivi complimenti a coloro, servitori dello stato, (di qualunque livello e grado siano) che sono riusciti nell’intento. Anche se i malevoli attribuiscono il maggior merito a Trump o altri, rimane un successo italiano aver smosso pure l’America.

Ma oltre la soddisfazione v’è dell’altro.

Essere servitore dello stato significa essere servitore del popolo italiano. Se un servitore dello stato svolge il suo compito in maniera egregia non dovremmo molto meravigliarci. Certamente gioiamo ma non così tanto come fanno certuni facendo credere che riuscire a svolgere il proprio compito sia una eccezionalità.

Il popolo verso il quale quel servitore offre il proprio servigio è quel popolo che con rinunzie ed umiliazioni gli dà i mezzi che servono per vivere; mezzi che diversamente non avrebbe. Quel popolo lo nutre, lo veste, gli paga un tetto, gli consegna un ufficio, gli prevede una pensione, gli assicura la sanità, gli assegna una serie infinita (non li conosciamo tutti) di “diritti”, gli dà gli strumenti necessari allo svolgimento della sua funzione, gli conferisce anche prestigio e rispetto… sarebbe ben strano che non riuscisse nel suo intento. Invece sembra che riuscire a riportare una nostra concittadina in Italia sia una impresa straordinaria.

Forse da decenni -o forse molto di più- ci siamo abituati a vedere impiegati pubblici, che percepiscono il controvalore delle tasse versate dai pagatori di tasse, ma non producono pari valore; sembra che anche i nostri politici se ne siano convinti. Ma non deve essere così: se la Pubblica Amministrazione è inefficiente deve essere forzata ad esserlo e la politica che occupa le Istituzioni deve rendere la Pubblica Amministrazione “normalmente” efficiente, ma non nel perseguire i cittadini pagatori di tasse ma nel garantire loro i servizi necessari al compimento del loro ruolo.

Le nostre Università e gli uffici studi economici sommano il reddito degli artigiani allo stipendio del dipendente pubblico laddove lo stipendio di un vigile urbano o di un carabiniere è un costo per la collettività che produce beni e servizi; costo che si deve pagare per neutralizzare gli effetti negativi di comportamenti distorti e antisociali e non certo una ricchezza prodotta se non indirettamente; pur essendo quello del dipendente pubblico un prezioso servizio per la collettività, per l’economia, per le imprese e per la sopravvivenza della nostra cultura. Quindi il salvataggio della giornalista che tutti noi abbiamo atteso trepidanti non è una cosa eccezionale ma un atto dovuto e anche minore se non minimo -pur nelle indubitabili difficoltà che sono state superate- se si considera il costo complessivo che la nostra difesa e il nostro servizio di intelligence comportano.

Il nostro Governo non può non condividere tale approccio che qui rappresentiamo e quindi ci auguriamo che tale umiltà divenga una regola nella gestione dell’apparato pubblico.

 

Nessuno si compiace del sacrificio di un artigiano che lavora fino a tardi per una vita intera; sacrificio che si sostiene per fornire a tutti noi beni e servizi preziosi e altresì per pagare ai servitori dello stato il loro stipendio e i loro diritti; è lui il vero perno della nazione; è da lui che dipende il funzionamento di tutto il sistema Italia; è lui che ogni giorno va additato alla pubblica approvazione; è a lui che vanno tributati i complimenti e le gratificazioni; è lui che va tutelato e difeso; quindi può sentirsi come fatto offensivo vedere che per avere fatto il proprio dovere un pubblico dipendente debba essere santificato quasi si trattasse di una eccezionalità imprevista ed imprevedibile.