Economia

L’Europa ripercuote gli effetti della crisi industriale sull’Italia

Napoli, 29 Gennaio 2025

Esmeralda Mameli

Da mesi si discute della crisi dell’industria italiana come se fosse un fenomeno isolato, un problema da attribuire esclusivamente a scelte politiche nazionali inadeguate o a una presunta mancanza di strategia. In realtà, il calo della produzione industriale che colpisce l’Italia è solo una conseguenza di un problema ben più ampio che interessa l’intero continente. L’Europa, schiacciata tra la concorrenza internazionale e la sua stessa rigidità normativa, non ha saputo elaborare una politica industriale in grado di rispondere alle sfide globali.

 

La produzione industriale europea è in declino da tempo. Il rallentamento della domanda interna, l’aumento dei costi energetici e le politiche ambientali mal calibrate hanno reso il contesto ancora più difficile per le imprese. L’Unione Europea, pur promuovendo la transizione ecologica con il Green Deal, non ha previsto strumenti adeguati per accompagnare le aziende in questa trasformazione. Il risultato è stato un aumento dei costi di produzione, una perdita di competitività e una progressiva dipendenza dalle importazioni. A differenza di Stati Uniti e Cina, che investono massicciamente nell’industria e nella tecnologia, l’Europa appare bloccata in una visione burocratica che penalizza il suo stesso tessuto produttivo.

 

L’Italia subisce in modo ancora più evidente questa crisi. Il suo settore manifatturiero, da sempre il motore economico del Paese, ha visto un calo della produzione che dura da quasi due anni. Le aziende, già provate da decenni di politiche economiche incerte, devono ora fare i conti con l’aumento dei tassi d’interesse, il rallentamento della domanda estera e una transizione industriale gestita con scarsa lungimiranza. Il governo ha tentato di rispondere con misure di sostegno e incentivi all’innovazione, ma la mancanza di una strategia strutturale a lungo termine limita l’efficacia di questi interventi. A ciò si aggiunge il peso della burocrazia, che rallenta gli investimenti e impedisce alle imprese di reagire rapidamente ai cambiamenti del mercato.

 

In assenza di una politica industriale europea chiara e incisiva, il rischio è quello di un progressivo svuotamento del settore produttivo, con conseguenze drammatiche in termini di occupazione e crescita economica. L’Italia, pur tra mille difficoltà, deve accelerare gli investimenti in innovazione, digitalizzazione e formazione per evitare un destino segnato dal declino. Ma senza un quadro strategico comune a livello europeo, ogni sforzo nazionale rischia di essere insufficiente. Serve una politica industriale che non sia solo una serie di norme e vincoli, ma un vero piano di rilancio che consenta all’industria italiana ed europea di tornare competitiva a livello globale.