Jung, la Politica e l’Illusione della Realtà – La Perdita della Creatività nel Potere
Napoli, 2 Febbraio 2025
Esmeralda Mameli
Carl Gustav Jung sosteneva che la realtà non è mai del tutto oggettiva, ma intrecciata con la nostra psiche. L’idea di sincronicità, cioè la connessione tra eventi apparentemente casuali che assumono un significato soggettivo, è una delle sue intuizioni più affascinanti.
Jung scriveva:” Non è che la nostra coscienza crei la realtà, ma la nostra percezione della realtà è filtrata dai simboli e dagli archetipi che abitano il nostro inconscio.”
Se trasliamo questa riflessione sul piano politico, possiamo notare come la società odierna sia prigioniera di una costruzione artificiale della realtà. Le narrazioni mediatiche, la saturazione dell’informazione e l’assenza di prospettive di lungo termine hanno trasformato il dibattito politico in una rappresentazione sterile, dove non c’è più spazio per il pensiero simbolico, per la capacità di immaginare alternative. La politica, un tempo espressione di visioni e ideali, oggi è ridotta a una mera amministrazione del presente. Marshall McLuhan, nel suo celebre saggio Gli strumenti del comunicare, affermava: “Le società hanno sempre cercato di modellare il futuro in base a ciò che già conoscevano, invece di tracciarne nuove mappe.” Oggi assistiamo a un fenomeno simile: i politici si limitano a gestire l’esistente, senza la capacità di immaginare un futuro diverso. La politica è diventata una macchina autoreferenziale, dove il linguaggio serve solo a giustificare decisioni già prese altrove, spesso da poteri economici e sovranazionali. Un esempio emblematico è l’incapacità della politica di affrontare le sfide ambientali, sociali ed economiche con soluzioni realmente innovative. Mentre il mondo cambia rapidamente, i governi si rifugiano in strategie di conservazione del potere, utilizzando la paura e la polarizzazione come strumenti di controllo.
L’effetto della comunicazione digitale sulla nostra capacità di analisi e giudizio è stato oggetto di studio da parte di numerosi ricercatori. Neil Postman, nel suo libro Divertirsi da morire, denunciava come l’informazione moderna non sia più finalizzata alla comprensione, ma all’intrattenimento: “Oggi non si tratta più di sapere cosa è vero, ma di cosa è più spettacolare.” Questo fenomeno si traduce in un’informazione che non stimola il pensiero critico, ma lo anestetizza. Le notizie non vengono più analizzate in termini di cause ed effetti, ma sono ridotte a eventi isolati, privi di connessione con il contesto più ampio. La conseguenza è una società passiva, che accetta la narrazione dominante senza metterla in discussione.
La politica ha perso la sua capacità creativa perché è ormai subordinata a logiche economiche e finanziarie. Zygmunt Bauman, parlando della società liquida, affermava che il potere oggi è sfuggente:
“I governi sembrano forti, ma in realtà sono deboli, perché il vero potere si trova altrove.” Questa constatazione spiega perché i leader politici, privati della possibilità di incidere sulle dinamiche economiche globali, spesso si rifugiano in retoriche aggressive o in politiche di guerra. Incapaci di proporre soluzioni reali, cercano di riaffermare il loro ruolo attraverso la creazione di emergenze artificiali, che distraggono l’opinione pubblica dai problemi strutturali. Se vogliamo recuperare un senso di progettualità nella politica e nella società, dobbiamo riscoprire il valore della creatività, dell’intuizione e del pensiero simbolico. Jung ci insegna che l’inconscio collettivo è una riserva inesauribile di significati, ma solo se siamo disposti ad ascoltarlo.
McLuhan ci ricorda che i media non devono solo amplificare il presente, ma aprire nuovi orizzonti.
Postman ci avverte che un’informazione priva di profondità genera cittadini passivi.
Bauman ci mette in guardia dall’illusione del potere politico, sempre più svuotato di sostanza.
Per cambiare davvero, dobbiamo smettere di considerare la realtà come un dato immutabile e iniziare a immaginarla come una costruzione che può essere modificata. Solo così la politica potrà tornare ad essere uno spazio di possibilità, anziché un meccanismo di controllo.