Economia

Il Capitalismo Finanziario: La Malattia del Secolo

Napoli, 4 Febbraio 2025

Esmeralda Mameli

Il capitalismo finanziario non è malato: è la malattia stessa. Oggi non siamo più solo forza lavoro, siamo merce da cui estrarre valore. Le banche sono troppo grandi per fallire, mentre cittadini e imprese possono affondare.” Viviamo in un sistema in cui il capitalismo finanziario ha smesso di essere un mezzo per la crescita, trasformandosi in un meccanismo di sfruttamento sistemico. La crisi del 2008 lo ha dimostrato chiaramente: mentre Lehman Brothers falliva, i governi accorrevano a salvare le banche con miliardi di denaro pubblico, lasciando cittadini e imprese a pagare il prezzo della speculazione. Lo stesso è avvenuto con la crisi del debito sovrano in Europa, dove paesi come Grecia, Italia e Spagna hanno subito l’imposizione di politiche di austerità che hanno peggiorato le condizioni sociali. Con la pandemia di COVID-19, il fenomeno si è amplificato: mentre milioni di persone perdevano il lavoro, le grandi multinazionali e le istituzioni finanziarie accumulavano profitti record.

Joseph Stiglitz ha denunciato questo squilibrio affermando: “Abbiamo socializzato le perdite e privatizzato i profitti.” Ma il capitalismo di oggi non si limita a sfruttare il lavoro, va oltre: ha trasformato l’essere umano in merce. Non vendiamo più solo la nostra forza lavoro, ma anche i nostri dati, le nostre abitudini, la nostra identità digitale. Shoshana Zuboff lo definisce “capitalismo della sorveglianza“, un sistema in cui le nostre vite vengono analizzate e vendute come prodotto. “Non siamo più i clienti, siamo il prodotto.” Un modello in cui il controllo economico si è spostato sempre più nelle mani di élite finanziarie che dettano legge attraverso strumenti come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, spesso accusati di imporre condizioni devastanti ai paesi in difficoltà. Le banche centrali, con politiche monetarie come il quantitative easing, hanno favorito la concentrazione della ricchezza, ampliando la distanza tra i pochi che possiedono tutto e la massa costretta a subire.

Karl Marx aveva già previsto che il capitalismo tende a mercificare tutto, ma la precarizzazione del lavoro ha portato il fenomeno all’estremo. Con la gig economy e contratti a tempo determinato, milioni di persone vivono nell’incertezza economica. L’aumento delle disuguaglianze è evidente: secondo un rapporto Oxfam, oggi l’1% più ricco possiede più ricchezza del resto del mondo. La conseguenza è un’esplosione di stress e ansia finanziaria che colpisce sempre più individui, trasformando l’insicurezza economica in una vera e propria emergenza sociale. Zygmunt Bauman lo ha descritto perfettamente: “Il capitalismo liquido ha trasformato la sicurezza in un lusso per pochi.” Noam Chomsky aggiunge: “Il capitalismo di oggi è una dittatura della finanza sulle persone.

Se il capitalismo finanziario è la malattia, quali sono le cure? Alcune risposte emergono da movimenti e teorie economiche alternative. L’economia circolare e locale può ridurre la dipendenza dai mercati globali e dare più potere alle comunità. Le criptovalute e la finanza decentralizzata rappresentano un tentativo di sottrarre potere alle banche tradizionali. Il reddito di base universale è un’altra proposta che potrebbe contrastare la precarietà, garantendo una sicurezza minima a tutti. Keynes sosteneva che “il mercato da solo non porta all’efficienza e alla giustizia sociale. Senza regole, il capitalismo diventa il peggior nemico della democrazia.” Ma la realtà odierna è dominata da un principio ben diverso, quello espresso da Milton Friedman: “L’unica responsabilità di un’azienda è fare profitto.”

Il capitalismo finanziario non è solo un problema economico, ma una questione politica e sociale. Senza un cambio di paradigma, continueremo a vivere in un mondo dove pochi controllano le risorse e molti subiscono le conseguenze di un sistema costruito per alimentare disuguaglianze sempre più profonde. La domanda non è se il capitalismo finanziario fallirà, ma quando e a quale prezzo per le persone comuni.