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Tachipirina e vigile attesa: la verità sui protocolli “negati” da Speranza

Napoli, 7 Febbraio 2025

Esmeralda Mameli

Il cosiddetto protocollo “Tachipirina e vigile attesa“, che Roberto Speranza ha recentemente definito «un’invenzione dei no vax», è stato in realtà una linea guida ufficiale per la gestione domiciliare dei pazienti Covid-19 durante il periodo in cui era ministro della Salute.

Nel corso di una presentazione del suo libro “Perché guariremo” a Villafranca, in provincia di Verona, Speranza ha dichiarato che tale protocollo non sarebbe mai esistito, ma la documentazione ministeriale dimostra il contrario.

I protocolli pubblicati dal Ministero della Salute nel 2020 e aggiornati successivamente contenevano esplicitamente indicazioni che prevedevano la «vigile attesa» e l’uso di paracetamolo per la gestione dei pazienti paucisintomatici o asintomatici. Questa strategia terapeutica, sostenuta dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), veniva indicata come la prima risposta da adottare per chi contraeva il virus in forma lieve.

Nel dicembre 2020, la circolare del Ministero della Salute Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, riportava testualmente che la vigile attesa, il monitoraggio della saturazione dell’ossigeno e il trattamento con paracetamolo o FANS rappresentavano il primo approccio terapeutico per i malati non ospedalizzati.

Nel 2021, il protocollo fu aggiornato con una specificazione sulla vigile attesa, intesa come «costante monitoraggio dei parametri vitali», mentre nel febbraio 2022 venne ampliato con ulteriori dettagli sulla gestione clinica e l’integrazione di farmaci antinfiammatori.

Nonostante la loro natura di «raccomandazioni», tali protocolli hanno avuto un impatto significativo sulla gestione della pandemia in Italia, generando critiche e controversie.

Nel gennaio 2022, il TAR del Lazio annullò la circolare del 2021, ritenendo che alcune sue indicazioni si ponessero «in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico», evidenziando il rischio che limitassero l’autonomia decisionale dei professionisti sanitari. Tuttavia, pochi giorni dopo, il Consiglio di Stato sospese la sentenza, affermando che il protocollo conteneva solo «raccomandazioni» e non prescrizioni vincolanti.

La questione è riemersa di recente grazie alla risposta di Speranza a Villafranca, registrata dai presenti e diffusa sui social, provocando reazioni da parte di giornalisti e fact-checker. Testate come Open e Quotidiano Sanità hanno cercato di contestualizzare le parole dell’ex ministro, sostenendo che il protocollo non era limitato a Tachipirina e vigile attesa, ma comprendeva altre indicazioni terapeutiche. L’analisi dei documenti ufficiali dimostra che tali elementi erano comunque tra le principali indicazioni fornite, rendendo la loro “negazione” da parte di Speranza quantomeno discutibile. L’argomentazione che il protocollo non fosse un documento monolitico ma una raccolta di indicazioni più ampie non cambia il fatto che la locuzione «Tachipirina e vigile attesa» riassuma fedelmente la strategia adottata nelle fasi iniziali della pandemia. La reazione dell’opinione pubblica evidenzia come la gestione della comunicazione durante l’emergenza sanitaria abbia lasciato spazio a interpretazioni divergenti e, talvolta, a vere e proprie riscritture narrative degli eventi.