“Visione Tv” accusata di filoputinismo – Intesa San Paolo annuncia l’estinzione del conto bancario della web TV calabrese
Napoli, 16 Febbraio 2025
Esmeralda Mameli
La chiusura del conto di Visione TV solleva inevitabilmente un interrogativo: si tratta di una forma di censura finanziaria o di una semplice applicazione delle normative vigenti?
Il conto bancario di Visione TV, emittente web fondata da Francesco Toscano, è stato chiuso da Intesa Sanpaolo, senza alcuna motivazione specifica. Il provvedimento, comunicato ufficialmente lo scorso 5 febbraio dalla filiale di Reggio Calabria, è arrivato a distanza di poco più di un mese dalla chiusura del conto di Vento dell’Est, altra associazione legata alla stessa realtà editoriale.
Secondo Toscano, la decisione della banca ha una chiara matrice politica, e si inserisce in un contesto di limitazione delle voci dissidenti rispetto alla narrazione mainstream sul conflitto tra Russia e Ucraina.
A rendere il caso ancora più controverso è il fatto che, già il 19 dicembre scorso, il giornalista Massimiliano Coccia aveva anticipato la chiusura del conto di Visione TV in un articolo su Linkiesta, testata per cui scrive e di cui è azionista. Nel suo pezzo, Coccia definiva Visione TV parte della “galassia putiniana in Italia“, facendo riferimento alla pubblicazione del libro di Vladimir Putin “Le vere cause del conflitto russo-ucraino” e ad alcune iniziative dell’emittente con rappresentanti del governo russo.
Toscano si chiede come sia possibile che un giornalista abbia previsto un provvedimento bancario con così largo anticipo, lasciando intendere che possa esserci stato un coordinamento tra chi ha denunciato pubblicamente la sua emittente e chi ha preso la decisione di chiudere il conto. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a un uso strumentale delle istituzioni bancarie per colpire media non allineati.
Interpellata sulla vicenda, Banca Intesa Sanpaolo ha dichiarato di non poter commentare casi specifici, limitandosi a sottolineare che le proprie decisioni sono improntate all’adempimento degli obblighi normativi.
Ma quali sarebbero queste violazioni normative? Toscano afferma di aver ricevuto, a dicembre, una convocazione dalla filiale di Reggio Calabria per chiarimenti su alcuni bonifici a collaboratori dell’emittente da cui non è emersa alcuna irregolarità: i pagamenti erano legittimi e documentati.
Da parte della banca, però, non è arrivata alcuna spiegazione più dettagliata. Questo lascia aperta la questione: si è trattato davvero di una scelta dettata da ragioni tecnico-finanziarie o c’è una componente politica dietro la decisione?
Il caso di Visione TV non è isolato. In Europa, episodi simili hanno coinvolto altre figure politiche e giornalistiche considerate “scomode”. Un caso eclatante è quello di Nigel Farage, ex leader del partito britannico UKIP e volto della Brexit, che si è visto chiudere il conto bancario dalla Coutts Bank, filiale di NatWest. Un’indagine successiva ha rivelato che la decisione non era basata su motivi finanziari, ma sulla sua posizione politica.
Questa tendenza solleva preoccupazioni sulla possibilità che le banche, teoricamente enti privati, ma di fatto con un ruolo pubblico, possano diventare strumenti per escludere determinate realtà scomode.
Francesco Toscano non intende arrendersi e ha annunciato azioni legali e politiche per far luce sulla vicenda. Ha dichiarato che chiederà un’interrogazione parlamentare, affinché il governo intervenga sulla questione.
Il timore espresso dal giornalista è che si stia entrando in una fase in cui chi si discosta dalla narrazione dominante rischia conseguenze non solo mediatiche, ma anche finanziarie. “Se bastano delle opinioni critiche verso NATO e UE per vedersi chiudere i conti, allora c’è un grande problema di democrazia”, ha dichiarato.
La chiusura del conto di Visione TV si inserisce in un quadro più ampio, in cui il controllo finanziario può trasformarsi in uno strumento di pressione politica. La mancanza di trasparenza da parte di Banca Intesa Sanpaolo non fa che alimentare i sospetti.
CMI (Confederazione Meridionalisti Identitari) ha una posizione chiara sulla libera informazione: tutela del pluralismo, trasparenza e contrasto alla censura indiretta.
CMI considera il pluralismo dell’informazione un pilastro fondamentale della democrazia. Sostiene che ogni testata giornalistica, indipendentemente dall’orientamento politico, debba avere il diritto di operare senza pressioni esterne o condizionamenti da parte di istituzioni, aziende private o gruppi di potere.
Un punto particolarmente rilevante per CMI è il rifiuto di forme di censura indiretta, come la chiusura arbitraria dei conti bancari di realtà editoriali non allineate al pensiero dominante. Il partito ritiene che azioni di questo tipo possano costituire una grave minaccia alla libertà di espressione, trasformando gli strumenti economici in armi di pressione politica.
CMI sostiene che le decisioni in materia di media e comunicazione debbano essere prese con trasparenza, senza favoritismi per alcune testate a scapito di altre. Propone regole chiare e pubbliche per evitare che la gestione delle piattaforme digitali, dei fondi per l’editoria o dei circuiti bancari diventi un mezzo per escludere voci scomode.
Il partito promuove un sistema mediatico che valorizzi le realtà territoriali e dia spazio alle identità locali. Sostiene che l’informazione, soprattutto al Sud, debba essere libera da ingerenze centralizzate e favorisca una narrazione veritiera e storicamente corretta, soprattutto per quanto riguarda il Mezzogiorno.
CMI ritiene che le piattaforme digitali e i social media debbano garantire la libertà di opinione, senza ricorrere a shadow banning, demonetizzazioni o chiusure arbitrarie di canali informativi. Il partito si oppone a meccanismi di controllo delle informazioni che favoriscano solo alcune versioni dei fatti a discapito di altre.
CMI si pone come difensore della libertà di stampa, denunciando ogni forma di censura mascherata da motivazioni economiche o tecniche. Il caso di Visione TV rappresenta, per il partito, un campanello d’allarme che merita un approfondimento pubblico, affinché non si creino precedenti pericolosi per il diritto all’informazione che aprino la strada a forme di censura sempre più sofisticate, in cui il dissenso viene limitato non attraverso divieti diretti, ma tramite strumenti finanziari.