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Campi Flegrei – Le Piogge Influiscono sull’Attività Sismica? Un’Ipotesi Cambia il Paradigma del Rischio Vulcanico

Napoli,19 Febbraio 2025

Esmeralda Mameli

Negli ultimi anni, il crescente numero di eventi sismici ai Campi Flegrei ha sollevato interrogativi sulla loro possibile correlazione con i cambiamenti climatici. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters, suggerisce la possibilità che l’aumento delle precipitazioni possa giocare un ruolo significativo nell’attivazione sismica dell’area flegrea.

La ricerca, condotta dall’Università di Bologna e dall’Università di Salerno in collaborazione con l’Osservatorio Vesuviano, ha analizzato i dati relativi al periodo 2017-2018, evidenziando come le piogge intense abbiano contribuito a un’alterazione del sistema geotermale, riducendo la fuoriuscita di gas dalla Solfatara e incrementando la pressione sotterranea, con effetti osservabili sugli sciami sismici successivi.

Il sistema geotermale dei Campi Flegrei è caratterizzato da una natura iperpressurizzata, con fluidi profondi che risalgono attraverso fratture rocciose. Secondo gli studiosi, l’aumento delle precipitazioni ha reso meno permeabili le formazioni argillose superficiali, ostacolando la fuoriuscita dei gas e generando un accumulo di pressione nel sottosuolo, successivamente rilasciato attraverso eventi sismici.

Il rapporto precipitazioni – terremoti si è manifestato anche negli ultimi mesi: tra gennaio e febbraio 2025, in corrispondenza di giorni di pioggia intensa, si sono verificati diversi sciami sismici, incluso l’evento di magnitudo 3.3 del 18 gennaio e le recenti scosse di febbraio, ben avvertite dalla popolazione. Lo stesso schema si era già osservato nel maggio 2024, con un numero record di 1.525 eventi sismici e un terremoto di magnitudo 4.4. Il più forte registrato negli ultimi quarant’anni.

Se la correlazione tra precipitazioni e sismicità nei Campi Flegrei sta emergendo come un elemento di studio rilevante, altri fenomeni naturali, come le maree e le variazioni di pressione atmosferica, potrebbero anch’essi giocare un ruolo chiave nell’evoluzione del bradisismo e degli sciami sismici.

In diversi contesti vulcanici del mondo, studi hanno dimostrato che le maree terrestri e oceaniche possono avere un impatto sulla dinamica del magma e dei fluidi idrotermali.

L’attrazione gravitazionale esercitata dalla Luna e dal Sole provoca deformazioni nella crosta terrestre, generando variazioni nella pressione sotterranea. Questi effetti, sebbene di entità ridotta, possono favorire il rilascio di gas e fluidi o persino innescare microsismi in aree già soggette a stress tettonico, come i Campi Flegrei. Un esempio significativo proviene dallo Yellowstone Caldera, negli Stati Uniti, dove variazioni cicliche della pressione causate dalle maree hanno mostrato un’influenza sulle emissioni di gas e sull’attività geotermale.

Analogamente, le variazioni di pressione atmosferica potrebbero influire sulla sismicità dei Campi Flegrei. Studi condotti su altri sistemi vulcanici, come il Kīlauea alle Hawaii e l’Etna in Sicilia, hanno evidenziato che cali improvvisi della pressione atmosferica possono favorire il degassamento del magma e l’attivazione di sciami sismici. Un meccanismo simile potrebbe verificarsi nei Campi Flegrei, dove la presenza di un vasto sistema idrotermale rende il sottosuolo particolarmente sensibile ai cambiamenti di pressione. Se il carico atmosferico diminuisce, si potrebbe verificare una minore resistenza alla risalita dei fluidi, con effetti potenzialmente destabilizzanti sulle faglie e sulle strutture geologiche dell’area.

Per comprendere meglio questi meccanismi, sarebbe fondamentale una collaborazione più stretta tra geologi, climatologi e protezione civile, al fine di integrare le conoscenze geofisiche con i dati meteorologici e astronomici. Un monitoraggio congiunto che tenga conto di precipitazioni, maree, pressioni atmosferiche e altri parametri ambientali potrebbe permettere di affinare i modelli previsionali, migliorando la capacità di anticipare gli sciami sismici e fornendo informazioni cruciali per la gestione del rischio. L’uso di nuove tecnologie, come il machine learning applicato ai big data geofisici e climatici, potrebbe rappresentare un passo avanti nella comprensione di queste dinamiche complesse.

Se confermata, questa prospettiva potrebbe rivoluzionare le strategie di prevenzione, rendendo la gestione del rischio vulcanico più efficace e proattiva.

L’ipotesi di un nesso tra clima e sismicità è già stata esplorata in altri contesti vulcanici, dove fenomeni come le maree e le variazioni di pressione atmosferica hanno mostrato un impatto sulla dinamica geotermale. Comprendere questi meccanismi potrebbe risultare cruciale per la sicurezza delle comunità che vivono nell’area flegrea, dove il fenomeno del bradisismo è una costante storica e l’attività sismica è in continua evoluzione. L’integrazione tra geologia e climatologia potrebbe, dunque offrire una nuova chiave di lettura per il monitoraggio e la gestione del rischio, consentendo di adottare strategie di mitigazione più precise in un’area tra le più complesse al mondo dal punto di vista vulcanologico.

La Confederazione Meridionalisti Identitari (CMI) ha una posizione chiara e determinata sulla tutela e la prevenzione sismica nell’area Flegrea, ritenendola una priorità assoluta. Il partito riconosce la complessità del sistema geotermale della zona e i potenziali rischi per la popolazione, pertanto sottolinea l’importanza di un approccio strategico e mirato alla sicurezza del territorio.

Uno dei punti chiave del programma di CMI è il monitoraggio e la prevenzione del rischio vulcanico, con particolare attenzione ai Campi Flegrei. Alla luce delle nuove ricerche che evidenziano una possibile correlazione tra precipitazioni intense e attività sismica, il partito ritiene fondamentale potenziare gli strumenti di analisi e aggiornare i modelli di previsione, integrando i dati climatici con quelli geofisici per una valutazione più accurata del rischio.

CMI propone incentivi per l’adeguamento sismico degli edifici, con particolare attenzione alle zone più vulnerabili. La pianificazione urbanistica deve essere improntata alla sicurezza e alla sostenibilità, evitando interventi di cementificazione selvaggia che potrebbero aggravare gli effetti di eventi sismici.

CMI ritiene che il controllo del rischio sismico e vulcanico non possa essere lasciato a decisioni centralizzate che non tengano conto delle specificità del territorio. Per questo, la creazione di una Macroregione Autonoma Meridionale consentirebbe una gestione più efficace delle risorse destinate alla prevenzione, con investimenti mirati nella ricerca, nelle infrastrutture e nella formazione della popolazione su come affrontare situazioni di emergenza.

CMI propone anche un rafforzamento della collaborazione tra università, centri di ricerca e Protezione Civile, per sviluppare strategie di prevenzione basate sulle più avanzate conoscenze scientifiche. Solo attraverso un piano di intervento coordinato e strutturato sarà possibile garantire maggiore sicurezza ai cittadini dell’area Flegrea e mitigare i rischi legati alla crescente instabilità geotermale.