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Argentina in rivolta: tifosi in piazza per difendere i pensionati dalla polizia

Napoli, 13 Marzo 2025

Esmeralda Mameli

Buenos Aires si è trasformata in un’enorme distesa di colori e voci ribelli quando migliaia di tifosi argentini sono scesi in strada per difendere i pensionati dalle cariche della polizia.

Gli hinchas, appartenenti a decine di club diversi, hanno messo da parte ogni rivalità calcistica per unirsi agli jubilados, gli anziani che da mesi protestano contro le politiche economiche del presidente Javier Milei, accusato di smantellare il welfare del Paese. La loro mobilitazione ha assunto un significato ancora più potente dopo il violento attacco subito da Carlos Dawlowfki, un pensionato di 75 anni aggredito pochi giorni fa dalla polizia mentre indossava la maglia del Chacarita Juniors, squadra della seconda divisione argentina. Da quel momento, il grido di solidarietà è rimbalzato tra le curve degli stadi fino a riversarsi nelle strade della capitale, dove migliaia di tifosi si sono schierati al fianco dei manifestanti per opporsi ai tagli alle pensioni e alla crescente repressione. La risposta delle forze dell’ordine è stata brutale: oltre cento arresti, venti feriti tra i manifestanti e un fotografo, Pablo Grillo, in gravi condizioni dopo essere stato colpito da una granata a gas.

Sotto la Casa Rosada, simbolo del potere esecutivo, è apparso uno striscione che riassume il sentimento popolare: «A muerte con los jubilados» (morire al fianco dei pensionati), un richiamo diretto alle parole di Diego Armando Maradona che nel 1992 denunciò l’ingiustizia delle politiche contro gli anziani.

Il calcio, in Argentina, resta un fenomeno popolare, un codice identitario che va oltre il gioco e diventa resistenza. Così i tifosi, con le loro camisetas, si sono uniti alla protesta, riconoscendo nei pensionati i propri genitori e nonni, un affetto familiare trasformato in lotta politica.

Alla manifestazione ha aderito anche il sindacato ATE-CABA, aumentando la portata della rivolta. Il corteo, diretto al Parlamento, ha trovato davanti a sé un massiccio schieramento di polizia, dando il via a una battaglia urbana con lanci di pietre, cassonetti incendiati e barricate improvvisate, mentre le forze dell’ordine rispondevano con cariche, proiettili di gomma e gas lacrimogeni.

La tensione sociale in Argentina ha ormai raggiunto livelli esplosivi, alimentata da una politica economica che colpisce le fasce più deboli con tagli drastici alla spesa pubblica. La riduzione del 19% delle pensioni e l’eliminazione del programma che garantiva farmaci gratuiti hanno aggravato la condizione di milioni di anziani, costretti a sopravvivere con l’equivalente di 310 euro al mese, meno della metà della cifra necessaria per vivere dignitosamente a Buenos Aires. L’amministrazione Milei continua a difendere le sue misure come parte di uno “shock economico” necessario, ma la realtà è un Paese sempre più vicino al collasso sociale, dove la rabbia si riversa nelle piazze e dove il calcio, ancora una volta, diventa simbolo di resistenza e identità popolare.

L’Argentina vive una crisi senza precedenti, con un’inflazione che ha superato il 250% annuo e un aumento vertiginoso del costo della vita. Il taglio della spesa pubblica ha colpito non solo i pensionati, ma anche i lavoratori statali, i servizi sanitari e il sistema educativo, con scuole e ospedali al collasso. Il governo ha annunciato la privatizzazione di numerose aziende pubbliche, tra cui Aerolíneas Argentinas e la compagnia petrolifera YPF, suscitando proteste da parte di sindacati e movimenti sociali che temono una svendita delle risorse nazionali a investitori stranieri.

Nel frattempo, la protesta dei tifosi si inserisce in un contesto più ampio di malcontento popolare che coinvolge anche studenti e lavoratori. Le università hanno visto tagli ai finanziamenti che rischiano di compromettere l’accesso all’istruzione per le fasce più povere della popolazione. Il sistema sanitario, già provato dalla crisi economica, ha subito ulteriori riduzioni di fondi, mettendo a rischio cure essenziali per migliaia di persone.

Il ruolo della polizia, sempre più protagonista della repressione, preoccupa le organizzazioni per i diritti umani, che denunciano l’uso eccessivo della forza contro manifestanti pacifici. Le immagini di anziani manganellati e giovani arrestati senza motivo hanno fatto il giro del mondo, sollevando interrogativi sulla deriva autoritaria del governo Milei.

Mentre le proteste continuano a infiammare le strade di Buenos Aires, il governo si trova di fronte a un bivio: proseguire sulla strada delle riforme neoliberiste, rischiando un’esplosione sociale ancora più ampia, o cercare un dialogo con le categorie più colpite.

La piazza ha già dato la sua risposta: la resistenza non si fermerà facilmente.