Cronaca estera

Groenlandia tra indipendenza e mire imperialiste – il Popolo dice “NO” agli Stati Uniti

Napoli, 17 Marzo 2025

Esmeralda Mameli

Napoli, 17 Marzo 2025
Esmeralda Mameli

Migliaia di cittadini groenlandesi sono scesi in piazza nelle principali città dell’isola per opporsi fermamente all’idea, rilanciata da Donald Trump, di un’annessione della Groenlandia agli Stati Uniti. “Non siamo in vendita” e “Yankee go home” sono stati gli slogan più diffusi durante le manifestazioni, che hanno visto la partecipazione di leader politici e cittadini determinati a difendere la sovranità del proprio Paese.

La protesta principale si è svolta a Nuuk, la capitale, dove Jens-Frederik Nielsen, leader del partito di centro-destra Demokraatit, ha guidato il corteo insieme al primo ministro uscente Mute Egede. I manifestanti si sono diretti verso il consolato statunitense, situato alla periferia della città, per ribadire il loro rifiuto a qualsiasi ingerenza americana.

Anche nella città di Sisimiut, situata nella Groenlandia settentrionale, si è tenuta una manifestazione simile, segno di un malcontento diffuso in tutto il Paese. Sui molti cartelli esibiti dai manifestanti si leggevano frasi come: “Stop alle minacce e alle aggressioni! Non prendete il controllo del nostro Paese. Non siete i benvenuti”.

L’ondata di indignazione è stata scatenata da recenti dichiarazioni dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, il quale ha messo in dubbio la sovranità della Danimarca sulla Groenlandia.

Durante un’intervista, ha affermato:

La Danimarca è molto lontana e non ha davvero nulla a che fare con il posto. Cosa è successo? Una barca è attraccata lì 200 anni fa o qualcosa del genere. Dicono di averne i diritti, e non so se è vero. In realtà non credo.”

Parole che hanno suscitato la dura reazione del primo ministro uscente Mute Egede, il quale ha definito l’approccio di Trump “completamente inaccettabile”.

I leader dei cinque principali partiti del parlamento groenlandese hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui si oppongono fermamente ai piani di annessione ipotizzati da Trump.

Noi, tutti i presidenti di partito, non possiamo accettare le ripetute dichiarazioni sull’annessione e il controllo della Groenlandia. Noi, come presidenti di partito, riteniamo questa condotta inaccettabile.

La Groenlandia possiede vaste riserve di terre rare, petrolio e gas naturale, risorse che suscitano l’interesse di potenze globali come Stati Uniti, Cina e Unione Europea. L’isola è una delle aree più ricche di minerali strategici, utilizzati in tecnologie avanzate, dalla produzione di batterie ai semiconduttori.

Il riscaldamento globale sta sciogliendo i ghiacci, rendendo più accessibili le risorse e aprendo nuove rotte commerciali nell’Artico, aumentando la competizione tra le grandi potenze. Gli Stati Uniti vogliono rafforzare la loro influenza per evitare che la Cina e la Russia si espandano ulteriormente nella regione.

La Cina ha investito in infrastrutture in Groenlandia ed è interessata alle sue risorse minerarie, cercando di inserirsi nello scenario artico con la sua strategia della “Via della Seta Polare”.

Gli Stati Uniti vedono con preoccupazione l’influenza cinese e stanno cercando di consolidare la loro presenza nella regione per contrastarla.

La Groenlandia gode di un’ampia autonomia ma, formalmente, fa parte del Regno di Danimarca. Il dibattito sull’indipendenza è aperto da tempo e molti groenlandesi vorrebbero un Paese completamente sovrano. Tuttavia, l’economia locale dipende ancora in larga parte dai sussidi danesi e la strada verso l’indipendenza presenta numerose sfide.

L’eventuale sfruttamento delle risorse naturali potrebbe fornire alla Groenlandia una base economica più solida per staccarsi definitivamente dalla Danimarca, ma il rischio di una colonizzazione economica da parte di grandi potenze come gli Stati Uniti e la Cina rende il percorso complesso.

La Danimarca ha sempre ribadito di non voler vendere la Groenlandia, ritenendola parte integrante del Regno. La Groenlandia è anche un territorio strategico per la NATO, che mantiene basi militari nell’isola, tra cui la celebre base aerea di Thule, cruciale per il sistema di difesa missilistico occidentale.

Il controllo della Groenlandia è quindi una questione non solo economica, ma anche militare, con implicazioni per la sicurezza dell’intero blocco occidentale.

Le ambizioni statunitensi sulla Groenlandia non sono una novità. Già nel 2019, durante la sua presidenza, Trump aveva espresso il desiderio di acquistare l’isola, scatenando un incidente diplomatico con la Danimarca.

All’epoca, la proposta fu respinta con fermezza, ma gli Stati Uniti hanno continuato a cercare modi per rafforzare la loro presenza nella regione, anche attraverso l’apertura di un consolato a Nuuk e l’erogazione di fondi per progetti locali.

Lo scioglimento dei ghiacci sta trasformando radicalmente l’ecosistema groenlandese, accelerando il processo di accesso alle risorse naturali ma ponendo gravi problemi ambientali. L’aumento delle temperature e la fusione dei ghiacci contribuiscono all’innalzamento del livello del mare, con conseguenze globali.

Il governo groenlandese deve quindi affrontare la sfida di bilanciare lo sviluppo economico con la tutela ambientale, evitando di compromettere irreversibilmente il fragile ecosistema artico.

Le recenti manifestazioni dimostrano come il popolo groenlandese sia determinato a difendere la propria autonomia e a respingere qualsiasi forma di ingerenza esterna.

L’interesse di Stati Uniti, Cina e Unione Europea per l’isola dimostra che la Groenlandia è diventata un punto cruciale nello scacchiere geopolitico globale. Il futuro dell’isola dipenderà dalla capacità del suo governo di navigare tra le pressioni internazionali e dalla volontà della popolazione di mantenere la propria identità e indipendenza.