Scuola, il Ministero vieta schwa e asterisco: scontro tra norma linguistica e inclusione
Napoli, 23 Marzo 2025
Esmeralda Mameli
Il Ministero dell’Istruzione ha ufficialmente vietato l’uso dello schwa (ə) e dell’asterisco (*) nelle comunicazioni scolastiche ufficiali.
Con una circolare inviata ai dirigenti scolastici, il Ministero ha raccomandato l’uso esclusivo della lingua italiana tradizionale, evitando soluzioni grafiche ritenute non conformi alle regole ortografiche ufficiali.
Alla base di questa scelta vi sono tre pareri dell’Accademia della Crusca, citati nella circolare ministeriale. Gli studiosi della prestigiosa istituzione linguistica hanno più volte ribadito che l’uso di segni grafici come lo schwa e l’asterisco, proposti per superare la distinzione di genere nella lingua italiana, non è grammaticalmente corretto e potrebbe compromettere la comprensibilità dei testi.
La Crusca ha sottolineato che la lingua giuridica e burocratica non è il contesto adatto per sperimentazioni linguistiche innovative, in quanto queste potrebbero generare disomogeneità nei documenti ufficiali.
La decisione del Ministero appare legata oltre agli aspetti linguistici anche a un dibattito più ampio di carattere politico e culturale.
Il divieto dell’uso di schwa e asterisco si inserisce in una più ampia opposizione alle istanze della cosiddetta “cultura woke” e ai tentativi di introdurre nuovi codici linguistici legati alle tematiche di genere.
Negli ultimi mesi, il governo ha più volte preso posizione contro l’introduzione di elementi considerati parte di un’ideologia gender nelle scuole. Questo provvedimento sembra dunque rappresentare un ulteriore segnale di indirizzo politico, volto a riaffermare una visione più tradizionale della lingua e dell’educazione.
L’attenzione del Ministero su questo tema si è rafforzata dopo alcuni episodi che hanno sollevato polemiche. L’ultimo caso noto riguarda l’istituto comprensivo Novaro Cavour di Napoli, dove in una circolare scolastica il termine bambini era stato scritto con un asterisco finale (bambin).
La segnalazione di un genitore ha portato l’Ufficio Scolastico Regionale della Campania a intervenire, definendo l’uso dell’asterisco un semplice refuso che è stato successivamente corretto dalla dirigente scolastica.
L’episodio ha tuttavia alimentato il dibattito, con reazioni sia di sostegno sia di critica al provvedimento ministeriale.
Il confronto con altre lingue europee
Mentre in Italia il Ministero impone restrizioni, in altri Paesi il dibattito sulla neutralità di genere nella lingua è aperto.
In Francia, si discute da anni sulla cosiddetta écriture inclusive, con proposte per rendere il linguaggio più neutro, sebbene l’Académie Française abbia espresso perplessità simili a quelle della Crusca.
In Spagna, l’uso di forme inclusive come todes (anziché todos/todas) è diffuso in ambienti progressisti, ma non riconosciuto ufficialmente.
In Germania, il dibattito è particolarmente acceso e alcune istituzioni hanno adottato il Gendersternchen (asterisco di genere), mentre altre si oppongono all’uso di simboli nella scrittura ufficiale.
Il confronto internazionale mostra come il tema sia controverso e gestito in modi differenti a seconda del contesto culturale e politico.
Uno dei punti più discussi è il bilanciamento tra rispetto delle regole linguistiche e necessità di una comunicazione inclusiva.
I sostenitori dell’uso di nuove forme linguistiche ritengono che la lingua debba evolversi per riflettere i cambiamenti sociali e favorire l’inclusione di persone non binarie o che non si identificano nei generi tradizionali.
Dall’altro lato, chi difende il divieto del Ministero sottolinea che l’italiano possiede già strumenti per l’inclusione, come l’uso di perifrasi (gli studenti e le studentesse), senza bisogno di modificare la grammatica.
Le reazioni al provvedimento sono state contrastanti:
Alcuni dirigenti scolastici e insegnanti ritengono che la chiarezza comunicativa sia essenziale e che l’uso di simboli non ufficiali possa creare confusione.
Associazioni Lgbt+ e movimenti progressisti denunciano invece un tentativo di soffocare l’evoluzione della lingua e negare le esigenze di chi non si riconosce nel binarismo di genere.
Esponenti politici di diverse aree hanno preso posizione sul tema, evidenziando come la scuola sia diventata terreno di scontro culturale.
Il dibattito è destinato a proseguire e potrebbe riaccendersi con nuovi episodi nelle scuole italiane. Resta da vedere se il provvedimento ministeriale riuscirà a stabilire una linea definitiva o se il linguaggio scolastico continuerà ad adattarsi ai cambiamenti della società.