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Cyberbullismo a 13 anni: “Bruciamola” – La Polizia Postale interviene

Napoli, 24 Marzo 2025

Esmeralda Mameli

A Modena un caso di cyberbullismo ha sconvolto una scuola media, dove una studentessa di 13 anni è stata bersagliata da insulti e messaggi d’odio nei gruppi chat delle compagne di classe. Tra i messaggi più gravi, uno su tutti ha fatto rabbrividire: “Bruciamola”, accostato al suo nome.

La madre della ragazza, scioccata e impotente di fronte a tanta violenza, ha raccontato: “Mia figlia ha gusti particolari, si veste in modo diverso, ascolta musica diversa. Questo probabilmente ha influito. Ma forse non è stata accettata anche per una questione di ‘genere’”.

A seguito della denuncia-segnalazione della famiglia, la Polizia Postale è intervenuta direttamente nella classe per affrontare la questione. Gli agenti hanno spiegato ai ragazzi la gravità del cyberbullismo, le sue conseguenze psicologiche e legali, sottolineando come, in alcuni casi, possa condurre a gesti estremi da parte delle vittime.

Il caso di Modena è solo uno dei tanti episodi di cyberbullismo che emergono quotidianamente in Italia. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, nel 2024 il 36% degli adolescenti ha subito almeno una forma di violenza digitale. Insulti, minacce, body shaming e persino incitamenti al suicidio vengono diffusi nelle chat scolastiche o sui social, spesso con un senso di impunità da parte dei bulli.

Il problema non riguarda solo le vittime, ma anche chi assiste passivamente o partecipa per timore di essere a sua volta preso di mira. Il silenzio può rendere complici.

La Polizia Postale, come in questo caso, ha scelto una strada educativa anziché repressiva, parlando direttamente ai ragazzi per far comprendere loro la gravità delle azioni compiute. La denuncia resta un’arma fondamentale per i genitori e le vittime di cyberbullismo.

Ecco alcuni passi per affrontare e prevenire il fenomeno:

Segnalare immediatamente i messaggi offensivi alle autorità competenti.

Non rispondere agli insulti e non alimentare le discussioni tossiche.

Parlare con un adulto di fiducia (genitori, insegnanti, psicologi scolastici).

Utilizzare gli strumenti di segnalazione delle piattaforme social per bloccare e denunciare contenuti dannosi.

Sensibilizzare gli studenti nelle scuole, affinché comprendano il peso delle loro parole e azioni online.

Nel caso della giovane vittima modenese, fortunatamente la situazione è migliorata, ma il trauma psicologico subito lascia un segno profondo. La speranza è che episodi come questo servano da monito, affinché la cultura del rispetto e della responsabilità digitale diventi una priorità per scuole, famiglie e istituzioni.