Il made in Italy
14 Aprile 2025
Canio Trione
Il dieci aprile, il governo ha licenziato un Ddl che modifica il codice penale inasprendo le pene già previste per le frodi alimentari che tanto danneggiano il made in Italy.
Finalmente! (viene da dire) ci si preoccupa anche di temi che da sempre colpiscono gli agricoltori e che tutti dicono di avere a cuore ma che stanno sempre lì.
Oltre a roboanti opere pubbliche o guerre vicine e lontane ci si ricorda di coloro che ci nutrono (letteralmente) senza ricevere … neanche i “diritti” riconosciuti ai loro dipendenti.
Sembra financo che si cominci ad attribuire all’agricoltura quella centralità che invece viene riconosciuta erroneamente agli aggeggi elettronici tanto cari a coloro che sono stati allevati a play station e war games.
Dopo un expo totalmente incentrato sul cibo (ma organizzato in una città industriale che per giunta ha in disprezzo i “terroni”) ci attendavamo il più totale sdoganamento del mestiere di agricoltore che invece viene sentito ancora come Cenerentola dell’economia.
Naturalmente il tema di meglio tutelare il made in Italy non è semplice. Per esempio la pizza come il caffè sono i settori merceologici che al mondo maggiormente danno occupazione e reddito ma all’Italia -e segnatamente a Napoli che gli ha dato i natali- non viene riconosciuto un centesimo della loro proprietà intellettuale. Anzi, ormai quelle cose come tutto il genio italico sono divenute patrimonio dell’umanità de facto e de jure cioè sono di tutto il mondo e non nostre. Peraltro come si può pensare di impedire o sanzionare un argentino o un tedesco o un russo che ha un caffè o produce un parmesan? O che fa una pizza?
Quindi per risolvere questa questione così ampia, grave e complessa serve un pensiero molto grande.
Però la destra ha una inclinazione irrefrenabile ad affidare tutto alla parola “punire” ; e quindi alla forza ed efficienza dello Stato. Dalla sicurezza sul lavoro, alla migrazione clandestina, alla etichetta che induce in errore si risponde semplicemente modificando il codice penale che c’è, aggiungendo nuovi euro di multa e nuovi mesi di carcere. Troppo elementare per essere efficace e comunque comporta che si riconosce alla legge che c’è, una validità ed una efficacia (tanto da confermarla e rafforzarla) che ha dimostrato di non avere.
La punizione molto tempo fa veniva irrogata ai ragazzi che non rispettavano gli ordini impartiti dai genitori. Ma anche i cavalli o i muli recalcitranti ad eseguire i voleri dei padroni venivano picchiati. I soldati poi non ne parliamo. Così quei ragazzi, divenuti adulti, venivano ugualmente puniti per furti e omicidi…la punizione anche corporale era parte della cultura dell’epoca.
Adesso questa cosa è passata di moda. Anche i cani non si picchiano e si scopre che anche le bestie feroci se allevate a coccole e abbracci non sono più feroci. Il mondo è profondamente cambiato e la destra è chiamata ad accorgersene specie se vuole cambiare una situazione come quella del made in Italy che non ha trovato risposte con i vecchi metodi.
Anche la punizione istituzionale non è più consentita se non con l’esplicito scopo della educazione riabilitativa. Cioè la pena intesa come “vendetta legittima” -un po’ come l’occhio per occhio di millenni fa- non esiste più né nella nostra civiltà giuridica né, tanto meno, nella nostra cultura.
Inoltre punire più pesantemente un imbottigliatore italiano che usa una etichetta ingannevole non è un modo per premiare il suo concorrente estero che invece ha tutto il diritto di farlo essendogli riconosciuto dal suo stato di scrivere in etichetta quello che vuole? E nell’ economia del mondo globalizzato conta o no di più l’estero che non il piccolo mercato interno con le sue piccole regole?
D’altro canto chi glielo dice al venditore e produttore italiano di prosciutto di Parma che deve specificare che la carne di quel prosciutto è tedesca sapendo che qualora lo facesse nessuno lo comprerà più??? quindi dire che vogliamo difendere il made in Italy per avere successo deve riuscire a farlo qui e nel resto del mondo sapendo che la nostra legge non basta perché ha valore solo qui.
Anche sotto il profilo della tutela della salute pubblica le cose sono molto complesse: come può immaginarsi un alimento sano se è concessa l’importazione di materie prime potenzialmente contaminate? Tipico il caso del grano. Cioè se vogliamo veramente tutelare la nostra salute di consumatori si deve profittare immediatamente della moda dei dazi per risolvere questa questione.
Serve un pensiero politico che credendo nella nostra identità sappia difenderla. E può essere costruito solo fuori dalle burocrazie romane e fuori dalle direzioni delle grandi imprese e libero da condizionamenti ideologici.
Quindi la questione -pur urgente da decenni- attende un pensiero nuovo e alto su di una cosa che spesso si invoca ma che pochi sanno cosa sia; cioè serve dirsi in cosa consiste la nostra identità che molti in tutto il mondo vorrebbero assaporare nei nostri cibi? In cosa differisce dalle altre? Perché siamo orgogliosi di essa pur non sapendola definire? Perché e come mai siamo i migliori? Come primissimo passo al posto di “made in Italy” suggeriamo di dire in italiano “prodotto italiano”.