Cronaca estera

Il Nuovo Assalto di Trump alle Elite e al Mondo -Harvard, Onu, Nato e  Cultura Liberal nel Mirino della Casa Bianca

Tagli alle università, dazi protezionisti, disimpegno globale: l’America trumpiana torna alla Casa Bianca con una visione identitaria, ostile al pluralismo e alla cooperazione internazionale. E ora l’Europa osserva con inquietudine.

15 Aprile 2025

Esmeralda Mameli

Donald Trump è tornato alla Casa Bianca inaugurando una stagione politica ancora più radicale della precedente. Una serie di mosse recenti confermano l’approccio aggressivo verso istituzioni culturali, partner internazionali e principi democratici: da Harvard all’ONU, dalla NATO ai settori produttivi globalizzati, fino alla stessa libertà accademica.

Il blocco dei 2,2 miliardi di dollari all’Università di Harvard è stato annunciato come risposta al rifiuto dell’ateneo di modificare le proprie politiche di diversità, inclusione e libertà di espressione. Il messaggio è chiaro: chi non si allinea alla nuova ortodossia trumpiana perderà l’accesso ai fondi pubblici. Sotto accusa, oltre ai programmi DEI (Diversity, Equity and Inclusion), anche la libertà di manifestare con la mascherina nei campus e il potere decisionale degli accademici “troppo attivisti”.

Quella che si sta profilando è una nuova forma di “cancel culture al contrario”, dove non sono le università o i movimenti civili a esercitare pressione, ma lo stesso governo federale, deciso a epurare ogni spazio dissidente. La libertà accademica, uno dei pilastri della democrazia americana, rischia così di essere subordinata all’ideologia di governo. Non si tratta solo di una questione di fondi: è in gioco la sopravvivenza del pensiero critico e pluralista.

Parallelamente, Trump ha ordinato al suo Office of Management and Budget di tagliare quasi del 50% il bilancio del Dipartimento di Stato, ridurre drasticamente le missioni diplomatiche e eliminare i fondi per la NATO, l’ONU e molte altre organizzazioni internazionali. Una decisione che segna un’accelerazione nella strategia di disimpegno globale, già avviata nel suo primo mandato. Si prospetta un’America sempre più isolazionista, orientata a perseguire una visione egemonica unilaterale, lontana dalla logica multilaterale che ha governato il mondo dopo la Seconda guerra mondiale.

Diversi osservatori americani iniziano a parlare apertamente del rischio di una “teocrazia bianca”, un’alleanza tra nazionalismo, conservatorismo religioso e autoritarismo, che mira a ridefinire l’identità americana in senso etnico e confessionale. Il bersaglio non è soltanto l’élite progressista, ma tutto ciò che è ritenuto “non americano”: immigrati, minoranze, accademici critici, giornalisti, artisti. In questo scenario, la guerra a Harvard non è un’eccezione, ma un simbolo. Trump mira a trasformare il sistema educativo in un’estensione del suo potere culturale e ideologico.

Il ritorno del protezionismo, con dazi del 20,9% sui pomodori messicani e nuove tariffe annunciate per il settore auto, rischia di avere ripercussioni anche per l’Europa, in particolare per l’Italia, già penalizzata in passato dai dazi sul Parmigiano e sull’olio. L’eventuale ridimensionamento della NATO e il disinvestimento dagli organismi multilaterali potrebbero indebolire le capacità difensive europee, proprio mentre il continente affronta crisi come quella ucraina e le tensioni nel Mediterraneo.

Per l’Italia, che vanta un sistema universitario già sottofinanziato e una crescente pressione ideologica su scuole e ricerca, il “modello Trump” rappresenta un campanello d’allarme. L’idea che la cultura e l’istruzione debbano essere piegate a logiche di potere rischia di contagiare anche il dibattito interno.

Molti di questi provvedimenti non sono estemporanei, ma si inseriscono nel quadro organico del “Project 2025”, promosso dalla Heritage Foundation e da altri think tank conservatori. Si tratta di un piano dettagliato per riformare lo Stato federale americano, smantellando agenzie indipendenti e rimuovendo funzionari pubblici non allineati, con lo scopo di trasformare l’amministrazione in un apparato pienamente subordinato alla visione del presidente. Harvard, l’ONU e la NATO sono solo le prime pedine di un disegno più ampio.

La nuova era Trump non è semplicemente una restaurazione, ma un esperimento di trasformazione autoritaria del potere democratico. Se l’università diventa un campo di battaglia, se la cooperazione internazionale viene accantonata, e se il dissenso è punito economicamente, allora non siamo più davanti alla solita polarizzazione americana. Stiamo assistendo alla costruzione di un nuovo paradigma politico. E riguarda tutti noi.


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