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Il MANN e la Procura di Napoli insieme contro il traffico illecito di opere d’arte: una mostra per raccontare la verità nascosta dietro i reperti rubati

Al Museo Archeologico Nazionale di Napoli un’esposizione senza precedenti: oltre 600 manufatti recuperati raccontano la piaga del saccheggio e del traffico illegale del patrimonio culturale.

Antonio Russo

Napoli, 20 aprile 2025 – Una ferita aperta nella storia e nell’identità di un popolo. È da questa consapevolezza che nasce la nuova mostra del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, frutto di un’intensa collaborazione con la Procura della Repubblica di Napoli. L’esposizione rappresenta l’atto finale di un lungo e complesso percorso d’indagine, sviluppato nell’ambito di un protocollo d’intesa che ha unito il mondo della giustizia e quello della cultura con un obiettivo comune: raccontare e contrastare il fenomeno del traffico illecito di opere d’arte.

La mostra, aperta lo scorso 11 aprile 2025, si concluderà il prossimo 30 settembre, non si limita a restituire al pubblico preziosi oggetti sottratti illegalmente, ma intende soprattutto lanciare un messaggio forte e chiaro: il furto di beni culturali non è solo un crimine contro il patrimonio, ma una violazione profonda della nostra memoria collettiva.

Cinque sezioni per comprendere la portata del fenomeno

Il percorso espositivo si snoda in cinque sezioni tematiche, ciascuna pensata per illuminare un diverso aspetto del mercato nero dell’arte. Si parte dalle origini del collezionismo, pratica affascinante ma spesso ambigua, che nel tempo ha favorito scavi clandestini e traffici internazionali.

La mostra prosegue con un’analisi delle rotte globali del contrabbando di opere, delle modalità di esportazione illegale e delle azioni messe in campo per contrastarlo. Non mancano casi giudiziari esemplari, indagini complesse che hanno permesso il recupero di pezzi di straordinario valore storico e artistico. Uno spazio è poi dedicato al tema delle falsificazioni, che inquina il mercato e compromette la ricerca scientifica. Infine, si riflette sulla perdita definitiva di opere trafugate e mai più ritrovate, simboli di un patrimonio che rischia di scomparire per sempre.

Oltre 600 reperti restituiti alla collettività

La mostra espone, per la prima volta, circa 600 oggetti tra i più significativi tra quelli sequestrati nel corso degli anni. Un corpus eterogeneo che spazia dalla Campania al resto del Mezzogiorno e oltre, restituendo uno spaccato ampio e articolato delle produzioni artigianali e artistiche dal periodo arcaico fino al Medioevo.

Tra i materiali più preziosi figurano ceramiche di impasto, vasellame attico a figure nere e rosse, oggetti di uso quotidiano come le ceramiche a vernice nera, ma anche armi e ornamenti in bronzo, terrecotte figurate, elementi architettonici in marmo e un’impressionante collezione numismatica greca, romana e medievale. Il perfetto stato di conservazione di molti reperti lascia intuire la loro origine funeraria: tombe violate e svuotate da scavatori di frodo, privando così quei manufatti della loro storia e del loro contesto.

Oggi, grazie a un lungo lavoro di recupero, studio e catalogazione, questi oggetti tornano visibili al pubblico, testimoni silenziosi di un passato rubato ma non dimenticato.

Un invito alla consapevolezza e all’impegno civile

Oltre al valore scientifico e culturale, la mostra assume una forte valenza civile. È un invito alla riflessione sul ruolo di ciascuno nella tutela del patrimonio comune e una testimonianza concreta dell’efficacia della collaborazione tra istituzioni.

Perché difendere l’arte non significa solo proteggere la bellezza: significa custodire la nostra storia, la nostra identità e il diritto delle future generazioni di conoscerla.

 

 

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore