A Scuola di Islam (e di Sottomissione). CMI – “È il Tramonto dell’Identità Culturale Italiana”
Dall’Italia alla Francia, sempre più istituti scolastici rinunciano a tradizioni, simboli e valori per “non offendere”. La denuncia della Confederazione Meridionalisti Identitari: “Questa non è inclusione, ma cancellazione dell’identità nazionale”.
21 Aprile 2025
Esmeralda Mameli
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Al Don Milani di Calenzano, vicino a Firenze, i genitori hanno ottenuto dalla preside l’esonero dalla mensa durante il Ramadan. Digiuno da acqua e cibo a dieci anni (tranquilli, l’imam di Firenze ha detto che “sono i bambini spesso a voler digiunare”). Anche questo sarà “dialogo fra le religioni”. E finalmente, visto che la scuola non è più cattolica. Nelle scuole di Biella, oltre alla Bibbia, si legge il Corano.
La preside di una scuola di San Felice sul Panaro (Modena) ha organizzato corsi di arabo e cultura islamica. “Cattedra di arabo” anche al Galilei di Milano. Nelle scuole di Lodi, anziché introdurre l’halal a mensa, via direttamente tutta la carne di maiale. Così nelle scuole della Martesana milanese. In una scuola di Reggello una studentessa si è messa le cuffie per non sentire la lezione di musica. Così a Forlì una scuola la lezione di musica l’ha annullata. Haram, Boko Haram. Stessa polemica in una scuola di Torino. E come la mettiamo con i disegni di cani “impuri”? A Monfalcone, sempre lei, in una prima elementare un’insegnante voleva far disegnare l’immagine di un cane. Un bambino musulmano si è opposto e la classe ha cambiato esercizio. Inclusione.
Nelle scuole di Carpi esonero dalle lezioni di nuoto. Ancora non hanno scoperto la magia del burkini. A Pordenone, oltre al niqab indossato a scuola dalle bambine di quinta elementare, non vanno bene le lezioni di educazione fisica, come in alcune scuole di Treviso. Almeno si facciano velate. E nelle scuole di Varese non va bene neanche il minuto di silenzio per le vittime del terrorismo.
Il preside di un liceo di Savona ha chiesto agli studenti di evitare “abiti troppo disinvolti”. “Invito le studentesse a sorvegliare il loro abbigliamento, riflettendo sul fatto che, in un contesto multiculturale come quello in cui siamo, abbigliamenti troppo disinvolti rischiano di offendere sensibilità di altre culture che hanno ormai pieno diritto ad essere rispettate”, ha scritto il preside. La prima a dare il là fu la scuola di Pocking, Baviera. A Bolzano ci sono i consigli alle scuole di evitare gite durante il Ramadan e di tenere lezioni di nuoto separate. A Isernia, niente recita scolastica.
“Gonne troppo corte, camicie o camicette sottili”: indesiderabili in un asilo a Penzing, a Vienna. Lo rivela il Krone, il giornale più venduto del paese. La direttrice dell’asilo vuole che le dipendenti indossino abiti pudichi. Uno studente di liceo viennese voleva leggere un brano della Bibbia nell’ambito di una lezione, ma l’insegnante ha rifiutato, avrebbe “offeso i musulmani”. La madre di una bambina di prima elementare racconta: “A Pasqua non è stato proiettato nessun film sulla festa cristiana. Per il Ramadan era in programma un documentario sull’Eid”.
La grande scuola multiculti in Europa procede secondo programma. La Neue Zürcher Zeitung ha un reportage da brivido dalla Svizzera: “Il trucco è haram! Gli studenti circondano un insegnante a Berna, recitano preghiere e gridano ‘Allahu Akbar’. A due bambine di nove anni che si sono truccate per carnevale è detto che truccarsi è ‘haram’. Un insegnante viene interrotto dalle grida di ‘haram’ durante un canto di Natale. I ragazzi si rifiutano di recitare a teatro con le ragazze”.
“Lezioni obbligatorie di arabo per gli studenti”. Tutti gli studenti dovranno imparare la lingua araba a Lovanio, in Belgio. Secondo il preside, serve a dimostrare che la scuola è “aperta a tutti”. “Presto un Califfato belga”, commenta Fadila Maaroufi. Islamofoba malpensante, anche se araba. La scuola è cattolica e fu fondata dai monaci nel 1843. E poi l’ex ministro ecologista belga Alain Maron non ha detto che “l’islam è per l’uguaglianza tra uomini e donne”? >> Articolo de Il Foglio del 22 febbraio 2025.
La voce dl CMI: “Non è inclusione, è subordinazione”
Di fronte a questa escalation, la Confederazione Meridionalisti Identitari (CMI) prende una posizione netta e senza ambiguità. Per Sergio Angrisano Coordinatore Nazionale CMI quanto sta accadendo non rappresenta un dialogo tra culture, ma una pericolosa e sistematica rinuncia all’identità italiana.
La scuola dovrebbe essere il luogo principe della trasmissione della cultura e della civiltà italiana, invece, stiamo assistendo a un cedimento continuo, in nome di un’inclusione che in realtà è solo subordinazione.
Digiuni imposti ai bambini, corsi di arabo istituzionalizzati, lezioni annullate perché ritenute ‘offensive’, simboli cristiani rimossi, carne di maiale vietata per evitare problemi. Tutto questo non è integrazione, è un arretramento della nostra sovranità culturale.
Difendere l’identità non è un atto di chiusura, ma un dovere verso la nostra storia.
Un popolo che rinuncia alla propria identità culturale in nome di un malinteso senso di inclusione, sta scavando la fossa alla propria libertà. Solo chi ha coscienza delle proprie radici può davvero dialogare con l’altro senza annullarsi. L’identità è ciò che tiene unito un popolo, che dà senso alla sua scuola, ai suoi valori, alla sua storia. È frutto di secoli di civiltà, conquiste spirituali e sociali che non possono essere smantellate per compiacere l’ideologia del relativismo culturale. Noi di CMI ribadiamo che la cultura italiana, con le sue tradizioni cristiane e umanistiche, deve continuare ad essere la guida nei percorsi formativi delle nuove generazioni. Non ci sarà mai vera coesione, se si educa alla cancellazione di ciò che siamo,
dichiara Angrisano.
La Francia: l’altro laboratorio europeo della sottomissione culturale
Episodi simili si stanno moltiplicando in Francia, dove lo scontro tra multiculturalismo e identità nazionale è diventato un tema caldo. Recentemente, il governo francese ha vietato l’uso dell’abaya nelle scuole pubbliche, considerandola un simbolo religioso incompatibile con la laicità dello Stato. La decisione ha scatenato forti proteste da parte delle comunità islamiche, ma ha anche sollevato il velo su una realtà diffusa: nelle scuole delle periferie urbane, molti insegnanti lamentano una pressione crescente per evitare contenuti ritenuti “blasfemi” o “islamofobi”.
Secondo Le Figaro, ci sono studenti che interrompono le lezioni per pregare, che rifiutano di partecipare a corsi di scienze, arte o educazione fisica, e che impongono il loro punto di vista religioso sulle attività scolastiche. Il ministro dell’Istruzione Gabriel Attal ha definito la situazione “un attacco all’unità della Repubblica”, ma il fenomeno è ormai radicato.
Angrisano: “Difendiamo la nostra civiltà”
Il modello francese dimostra che cedere oggi su un simbolo significa perdere domani tutto l’impianto educativo e culturale.
Ecco perché CMI chiede con forza che la cultura italiana, nella sua interezza, dalle tradizioni popolari al pensiero umanistico e cattolico, torni ad avere un ruolo centrale nell’istruzione. Non si tratta di discriminare nessuno, ma di stabilire chi siamo,
aggiunge Angrisano.
Le scuole italiane ed europee sono oggi il nuovo terreno di scontro tra identità e relativismo. Mentre alcuni plaudono alla “società multiculturale”, c’è chi come CMI denuncia un processo di cancellazione culturale sistematica. La domanda non è se sia giusto rispettare le diversità, ma fino a che punto si è disposti a rinunciare a se stessi in nome del rispetto. In gioco non c’è solo la scuola, ma l’idea stessa di civiltà.