Luigi Garzi, il Principe della Pittura che portò la luce di Roma fino a Napoli
Dall’Accademia di San Luca alla chiesa di Santa Caterina a Formiello: la straordinaria parabola artistica del pittore pistoiese che affrescò la Campania tra fine Seicento e inizio Settecento
Antonio Russo
Luigi Garzi, nato a Pistoia nel 1638, è stato uno dei protagonisti più talentuosi del panorama pittorico barocco italiano. Allievo prediletto di Andrea Sacchi e fervente classicista, Garzi seppe distinguersi ben presto nel vivace contesto artistico romano, conquistando nel 1682 il titolo di Principe dell’Accademia di San Luca, la più prestigiosa istituzione artistica dell’Urbe.
Ma la sua carriera non si fermò entro le mura romane. Anzi, uno dei capitoli più affascinanti della sua vita si svolse a sud, a Napoli, dove fu chiamato dai frati domenicani per decorare la chiesa di Santa Caterina a Formiello. Un incarico che lo trattenne per ben quattro anni, e che trasformò il volto pittorico del luogo sacro, consegnandoci un patrimonio di bellezza ancora oggi stupefacente.
Un talento precoce alla scuola del classicismo
A soli 15 anni Garzi lasciò la natia Pistoia per trasferirsi a Roma, dove intraprese il suo apprendistato sotto la guida di Andrea Sacchi. Lo stile severo e ordinato del maestro influenzò profondamente il giovane pittore, che si distinse fin da subito per “un disegno corretto, un vago comporre, un colorito tutto grazia”, come scrisse lo storico dell’arte Pellegrino Antonio Orlandi.
La sua passione per l’arte si nutriva degli esempi dei grandi: Lanfranco, il Domenichino, Nicolas Poussin, Guido Reni. E i risultati non tardarono: a partire dal 1671 firmò importanti commissioni, come le Storie di San Filippo Benizi nel convento di San Marcellino, la pala d’altare degli Ognissanti e affreschi dedicati a Santa Caterina nella chiesa di Santa Caterina a Magnapoli.
L’ascesa nell’Accademia di San Luca
L’Accademia di San Luca era il sogno di ogni artista romano. Fondata nel 1577 con l’appoggio di Gregorio XIII e Sisto V, rappresentava un faro per la formazione artistica e la promozione degli artisti. Garzi tentò l’ammissione nel 1664, senza successo. Ma la sua tenacia fu premiata: nel 1670 divenne accademico e, dodici anni dopo, ne fu eletto Principe, raggiungendo l’apice del riconoscimento ufficiale per un pittore del suo tempo. Divenne inoltre reggente della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon.
Un capolavoro napoletano: Santa Caterina a Formiello
Nel 1696, i domenicani del monastero napoletano di Santa Caterina a Formiello chiamarono Garzi per un ambizioso progetto di rinnovamento artistico. L’artista lasciò Roma e si stabilì a Napoli, ospite dei frati e a loro spese, impegnandosi in una vera impresa monumentale.
Tra il 1696 e il 1698 realizzò tre affreschi dedicati a Santa Caterina d’Alessandria: Il martirio di Santa Caterina sulla controfacciata, L’estasi di Santa Caterina sulla volta della navata centrale – più vivace e intensa della versione romana – e le Virtù cardinali nei quattro pennacchi della cupola. In quest’opera titanica fu affiancato da Francesco Franchini, esperto di decorazioni ornamentali. I compensi? Pagati tramite gli otto banchi pubblici napoletani, ma curiosamente in scudi romani.
Procida e l’ultima testimonianza campana
Nel 1699 Garzi fu chiamato anche sull’isola di Procida per realizzare un grande dipinto su San Michele Arcangelo per l’Abbazia locale. L’opera, documentata dallo studioso Pavone, raffigura il santo nell’atto di sconfiggere il male, carica di forza, luce e movimento.
Si tratta dell’ultima testimonianza nota del lavoro di Garzi in Campania. Due cicli decorativi che rappresentano un’eredità d’arte e spiritualità ancora poco conosciuta, ma capace di emozionare profondamente chi si ferma ad ammirarla.
Un’eredità che resiste al tempo
Luigi Garzi non fu solo un grande pittore del suo tempo, ma un testimone della bellezza e dell’armonia barocca che seppe portare la luce della pittura romana fin nel cuore del Meridione. Le sue opere, oggi più che mai, meritano di essere riscoperto. Perché il talento, quando è vero, non conosce confini né epoche.