Dietro le quinte della Guerra Commerciale – Strumenti, Strategie e Tensioni
Mentre i dazi ridisegnano gli equilibri globali, si riaccendono vecchie tensioni tra politica ed economia, tra protezionismo e indipendenza monetaria.
23 Aprile 2025
Esmeralda Mameli
La Casa Bianca accelera sui dazi. Secondo quanto dichiarato dalla portavoce Karoline Leavitt, l’amministrazione statunitense ha ricevuto 18 proposte formali per la definizione di accordi commerciali con diversi paesi. “Il team economico del presidente sta lavorando alla massima velocità per concludere gli accordi”, ha spiegato, lasciando intendere che intese bilaterali con India e Giappone sarebbero prossime, anche se i dettagli richiederanno ancora mesi di negoziati.
Donald Trump ha confermato che intende ridurre i dazi imposti alla Cina, ma non fino ad azzerarli. “Ci sarà un periodo di transizione. Gli effetti negativi delle tariffe si faranno sentire ancora per un po‘”, ha ammesso e si è detto fiducioso sia sull’andamento dell’economia americana sia sull’impatto positivo a lungo termine della sua strategia.
A guardare i numeri diffusi dal Fondo Monetario Internazionale, la realtà appare meno rosea. L’economia mondiale sta rallentando e il FMI ha tagliato le previsioni di crescita per il 2025, portandole al 2,8%, un livello ancora lontano dalla recessione, ma indicativo di una fragilità sistemica. Gli Stati Uniti vedranno un rallentamento all’1,8% nel 2025 e all’1,7% nel 2026, con un rischio di recessione salito al 40%.
L’Europa non se la cava meglio. L’area euro vede calare la fiducia dei consumatori e si attesta su un modesto +0,8% di crescita nel 2025. Per la Germania, locomotiva industriale del continente, il Fondo ha previsto crescita zero. Anche Francia e Regno Unito registrano revisioni al ribasso. L’Italia, già zavorrata da un debito al 137,3% del PIL nel 2025, vedrà una crescita contenuta allo 0,4%, in calo rispetto allo 0,7% previsto solo pochi mesi fa.
Il ritorno dei dazi – Cosa sono, come funzionano e chi ci guadagna davvero
I dazi doganali sono imposte applicate sui beni importati, pensate per proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera. Strumento antico quanto il commercio stesso, sono tornati in auge con Donald Trump, che li ha usati come leva per rinegoziare accordi bilaterali e spingere i partner commerciali a concessioni strategiche. In teoria, i dazi dovrebbero favorire la produzione interna e rilanciare l’occupazione, in pratica, però, generano spesso un aumento dei costi per i consumatori, tensioni nei mercati e ritorsioni da parte dei paesi colpiti. I beneficiari sono alcuni settori specifici, come l’acciaio o l’automotive, mentre i grandi perdenti restano le economie più interconnesse e dipendenti dalle esportazioni. L’era dei dazi moderni mostra come l’economia globale sia diventata un campo di battaglia geopolitico, dove la protezione economica si intreccia sempre più alla competizione per l’egemonia.
La Fed sotto attacco – Indipendenza o scontro politico?
La Federal Reserve, banca centrale americana, ha come missione la stabilità dei prezzi e la piena occupazione. La sua indipendenza è un pilastro del sistema finanziario globale. Ma negli ultimi anni, e in particolare sotto la presidenza Trump, è diventata bersaglio di forti pressioni politiche. Trump ha più volte accusato il presidente della Fed, Jerome Powell, di non tagliare i tassi abbastanza rapidamente, innescando uno scontro inedito tra Casa Bianca e banca centrale. L’obiettivo non dichiarato, ma evidente era quello di sostenere artificialmente la crescita economica e i mercati finanziari in vista delle elezioni. Questo tipo di ingerenze solleva preoccupazioni globali: l’erosione dell’autonomia delle banche centrali potrebbe minare la fiducia degli investitori e provocare instabilità nei mercati. Il FMI e la BCE hanno difeso pubblicamente Powell, evidenziando come la credibilità della Fed sia cruciale per la tenuta del sistema monetario internazionale. In un mondo di incertezza, la politica monetaria resta uno degli ultimi baluardi contro il caos.
La Cina va avanti, nonostante tutto.
Nonostante i dazi, le tensioni e la crescita rallentata, il continente asiatico continua a puntare sul proprio ruolo guida nell’economia globale. A Shanghai si apre il più grande Salone dell’automobile del mondo, con oltre 1.000 espositori distribuiti su 12 padiglioni. Il Paese si presenta come protagonista indiscusso della rivoluzione elettrica e della nuova mobilità, in controtendenza rispetto alle difficoltà di Parigi e Detroit. Il messaggio è chiaro: la Cina intende affermarsi come fulcro dell’industria del futuro, anche sotto la pressione delle barriere commerciali internazionali.
Il FMI lo ha detto senza giri di parole: l’economia globale è entrata in una fase critica. L’ordine economico nato dopo la Seconda Guerra Mondiale è soggetto a un riassetto profondo. Per evitare l’escalation e una nuova recessione globale, è fondamentale ripristinare regole chiare nel commercio internazionale e ridare stabilità alle politiche economiche. I governi sono chiamati a scegliere su alimentare le tensioni o costruire un sistema più equo e prevedibile. Perché se la guerra commerciale ha un volto visibile, fatto di tariffe e dichiarazioni, le sue conseguenze, spesso invisibili, le pagano cittadini e imprese in tutto il mondo.