Lavorare sulla Ferita del Rifiuto: accogliere e trasformare
Lavorare sulla Ferita del Rifiuto: accogliere e trasformare
23 Aprile 2025
Sharon Persico
Un nuovo ciclo di consapevolezza: guarire le ferite interiori
Con questo articolo entriamo nel quarto ciclo di consapevolezza: Guarire le ferite interiori e liberarsi dal passato. Un percorso che ci accompagnerà fino a domenica, pensato per accompagnare tutti in un cammino di guarigione interiore, integrando strumenti spirituali e psicologici.
Il nostro obiettivo è creare consapevolezza su quei meccanismi che ci tengono prigionieri nel passato, spesso in modo invisibile, e offrire uno spazio sicuro in cui osservarli, accoglierli e trasformarli.
La ferita del rifiuto: il dolore della non-esistenza
Tra le cinque ferite trattate da Lise Bourbeau, quella del rifiuto è spesso la prima a emergere nella vita di una persona. Si sviluppa nei primissimi anni di vita, a volte già in fase prenatale, quando si percepisce (reale o meno) di non essere desiderati, accolti, visti.
Questa ferita profonda genera una sensazione di “non esistere”, di essere invisibili o non abbastanza. Chi porta dentro di sé questa ferita tende a sviluppare la maschera del fuggitivo: un comportamento che spinge a ritirarsi, a isolarsi, a evitare qualsiasi situazione che possa riattivare quel dolore originario.
Sintomi e reazioni tipiche
Chi ha la ferita del rifiuto spesso vive stati d’animo intensi di insicurezza, ansia, autosvalutazione. La reazione è solitamente la fuga: dalle relazioni, dalle sfide, dalle emozioni scomode. Può esserci una tendenza a vivere in un mondo interiore molto ricco ma scollegato dalla realtà, o una difficoltà a sostenere il contatto profondo con gli altri.
Tutto ciò si riflette in un dialogo interiore segnato da frasi come: “Non valgo abbastanza”, “Meglio che non mi faccio vedere troppo”, “Non appartengo a nessun luogo”.
Come scrive Lise Bourbeau:
“La ferita del rifiuto è così dolorosa che chi la porta dentro farebbe di tutto per non sentirla, anche a costo di rifiutare sé stesso.”
Il bisogno di accoglienza e visibilità
Guarire questa ferita richiede un processo graduale di riappropriazione della propria esistenza. Serve guardarsi con occhi nuovi, imparare ad accogliere le emozioni e accettare che il dolore può essere una guida, non un nemico.
Dal punto di vista neuroscientifico, studi sulla neuroplasticità (come quelli condotti dal Dr. Norman Doidge) dimostrano che il cervello può riorganizzarsi anche dopo esperienze traumatiche: cambiare pensieri, comportamenti ed emozioni è possibile, soprattutto quando si lavora con consapevolezza, costanza e presenza.
Un esercizio di journaling per la ferita del rifiuto
Prendi carta e penna, e scrivi con calma e sincerità:
- In quali situazioni della mia vita mi sono sentito non desiderato, invisibile o non accolto?
- Come reagisco quando mi sento rifiutato oggi?
- Quali pensieri ripetuti accompagnano questi momenti?
- Quale parte di me sto ancora cercando di nascondere o fuggire?
Scrivere è uno strumento potente per osservare, accogliere e liberare. L’importante è non giudicarsi: tutto ciò che emerge ha valore e merita ascolto.
Uno spazio sicuro per condividere
Nella rubrica “Alchimia del Benessere” c’è una sezione dedicata alle domande dei lettori. Se hai riconosciuto in te alcuni o tutti i comportamenti descritti in questo articolo o se desideri comprendere meglio la tua esperienza, puoi scrivermi liberamente per una consulenza gratuita tramite email. Sarò felice di ascoltarti, senza alcun giudizio.