La Ferita dell’Abbandono: imparare a sentirsi completi dentro di sé
La Ferita dell’Abbandono: imparare a sentirsi completi dentro di sé
24 Aprile 2025
Sharon Persico
Con questo articolo continuiamo il nostro quarto ciclo di consapevolezza, “Guarire le ferite interiori e liberarsi dal passato”, un percorso che ci accompagnerà fino a domenica e che ha come obiettivo quello di esplorare le dinamiche più profonde del nostro mondo interiore. Un invito a osservare con cura e compassione le radici delle nostre sofferenze, integrando strumenti spirituali e psicologici per dare spazio a nuove possibilità di guarigione.
La ferita dell’abbandono: quando ci sentiamo soli anche in mezzo agli altri
La ferita dell’abbandono si sviluppa solitamente nei primi anni di vita, quando la figura di riferimento viene percepita come assente — fisicamente, emotivamente o entrambe le cose. Secondo Lise Bourbeau, autrice del libro “Le 5 ferite e come guarirle”, questa è una delle ferite più dolorose e radicate, perché tocca il bisogno primario di connessione e presenza.
Chi porta questa ferita tende a vivere una costante paura di essere lasciati soli, incompresi o trascurati. Questo può riflettersi in relazioni di dipendenza affettiva, in comportamenti che cercano continuamente conferme esterne o in un bisogno eccessivo di attenzioni.
La maschera associata alla ferita dell’abbandono è quella del dipendente. Quando si attiva, si può diventare emotivamente fragili, cercare costantemente approvazione o compagnia, e vivere con la sensazione di non potercela fare da soli. La solitudine viene vissuta come un vuoto insopportabile, e spesso si teme il rifiuto anche quando non è presente.
“È quando non riceviamo abbastanza attenzione o sostegno che iniziamo a credere di non valere nulla. Ma il vero abbandono è quello che infliggiamo a noi stessə quando smettiamo di ascoltarci.” — Lise Bourbeau
Le radici nella psiche e nel corpo
Dal punto di vista psicologico, il senso di abbandono può generare ansia da separazione, insicurezza cronica, e difficoltà a stabilire confini sani. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Affective Disorders, l’ansia legata all’abbandono è associata a una maggiore attivazione dell’amigdala, l’area del cervello coinvolta nelle risposte emotive e nella percezione del pericolo.
Inoltre, chi ha questa ferita può essere incline a somatizzazioni, come senso di oppressione al petto, stanchezza emotiva cronica, o tensione nell’area del plesso solare. Il corpo parla, e spesso ci chiede di riconoscerlo e accoglierlo.
Un piccolo esercizio di journaling per accogliere
Per iniziare a sciogliere questa ferita, ti propongo un piccolo esercizio di journaling:
“In quali situazioni mi sento solə, anche se sono con altre persone? Cosa cerco davvero quando ho bisogno che qualcunə ci sia per me? Qual è il bisogno profondo che posso iniziare a nutrire io per primə?”
Scrivere senza giudizio, anche solo per 10 minuti, può aiutare a far emergere emozioni represse, intuizioni dimenticate, e il desiderio autentico di sentirsi completi dentro, senza aspettare che siano gli altri a colmare quel vuoto.
Dall’abbandono all’autosostegno
La guarigione non avviene in un giorno, ma inizia ogni volta che decidiamo di restare con noi stessi, anche nei momenti difficili. Quando impariamo a darci amore, presenza e contenimento, cominciamo a trasformare la ferita in forza. Ogni volta che scegliamo di non abbandonarci, stiamo già guarendo.
🌀 Nella sezione di presentazione della rubrica “Alchimia del Benessere” su NN Magazine, c’è uno spazio dedicato alle domande. Se ti ha risuonato la descrizione di questa ferita e vuoi approfondire senza impegno, puoi scrivermi per una consulenza gratuita via email.
✨ Resta con te. Ascolta. Accogli. Il viaggio verso casa è appena iniziato.