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La Parata del 9 maggio a Mosca – Memoria Storica e Propaganda

Dalla celebrazione della vittoria sul nazismo alla vetrina del potere militare: il 9 maggio in Russia tra verità storiche, retorica patriottica e ambizioni geopolitiche.

3 Maggio 2025

Esmeralda Mameli 

Ogni anno, il 9 maggio, la Piazza Rossa di Mosca si trasforma nel cuore pulsante della memoria patriottica russa. Milioni di persone assistono, in presenza o attraverso i media, alla maestosa Parata del Giorno della Vittoria: carri armati, missili intercontinentali, truppe in divisa d’epoca, aviazione militare in volo. Una celebrazione che commemora la resa incondizionata della Germania nazista all’Unione Sovietica, firmata nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1945.

Questa data, che in Occidente coincide con l’8 maggio, fu posticipata di un giorno in URSS per via del fuso orario. Da allora, il “Den’ Pobedy” è diventato una delle ricorrenze più solenni della Russia, simbolo del sacrificio di oltre 20 milioni di cittadini sovietici caduti durante la “Grande Guerra Patriottica”.

Ma cosa rappresenta oggi quella parata? È ancora un momento di raccoglimento e ricordo, o si è trasformata in uno strumento politico?

Dagli anni Duemila, sotto la guida di Vladimir Putin, il 9 maggio è diventato anche un potente strumento di narrazione identitaria e geopolitica. L’esibizione militare è studiata nei minimi dettagli per impressionare la comunità internazionale e rafforzare il consenso interno.

La celebrazione della vittoria sul nazismo viene accostata alla retorica del “nemico esterno”, soprattutto in contesti come quello dell’Ucraina o della NATO.

Molti intellettuali russi hanno denunciato questa deriva.

Svetlana Aleksievič, premio Nobel per la letteratura, ha scritto:

“Ogni anno si marciava per la pace con i missili dietro le spalle”.

Parole che fotografano l’ambivalenza del rito: una commemorazione della pace incastonata in una spettacolare esibizione di potenza militare.

 

Memoria e potere: voci sulla Parata del 9 maggio

Vasilij Grossman, scrittore e corrispondente di guerra sovietico

“La guerra è stata vinta non soltanto con il sangue, ma con l’anima di un popolo che ha camminato tra le fiamme credendo nella propria sopravvivenza.”

(Da Vita e destino, 1960 – romanzo simbolo della resistenza e delle contraddizioni del regime sovietico)

Svetlana Aleksievič, premio Nobel per la Letteratura 2015

“Nel giorno della Vittoria, in Unione Sovietica non si celebrava la pace, ma la capacità di morire per lo Stato.”

(Da La guerra non ha un volto di donna, 1983 – raccolta di testimonianze di donne sovietiche durante la Seconda guerra mondiale)

Andrej Platonov, scrittore e poeta russo

“Il popolo vittorioso, distrutto dalla fame e dal dolore, marciava compatto sotto la pioggia di maggio, come se il futuro potesse ancora essere salvato.”

(Da Testi e discorsi raccolti postumi – Platonov descrisse con realismo poetico l’ambiguità della narrazione eroica sovietica)

Aleksandr Zinov’ev, filosofo e dissidente

“Le parate sono la religione dell’ideologia: servono a mostrare la forza anche quando manca la verità.”

(Da Il comunismo come realtà, 1981 – riflessione sul potere simbolico dei rituali politici)

Il filosofo russo Michail Ryklin, riflettendo sul culto della vittoria, ha parlato di una “sacralizzazione della guerra” che impedisce al Paese di elaborare davvero il passato. Anche lo scrittore Boris Akunin ha denunciato la manipolazione della memoria collettiva:

“Il Giorno della Vittoria è stato sequestrato dalla propaganda, trasformato in uno show televisivo. Non c’è più spazio per il lutto.”

 

La Parata del 9 maggio, dunque, resta un evento cruciale per comprendere la Russia contemporanea: un punto di incontro tra passato e presente, tra tragedia storica e ambizione imperiale, tra pietà e propaganda. Celebrare la pace ricordando la guerra, ma con i cannoni in bella vista: un paradosso che dice molto sul volto attuale della potenza russa.

Nel 2025, a ottant’anni dalla fine della guerra, la celebrazione assume un rilievo ancora maggiore. In un contesto di forte tensione geopolitica, con la guerra in Ucraina e l’isolamento internazionale, il Cremlino utilizza il 9 maggio per mostrare coesione nazionale e potenza militare. La presenza o assenza di leader stranieri alla cerimonia è diventata un indicatore delle alleanze e delle fratture diplomatiche in atto. Le dichiarazioni di Volodymyr Zelensky, che ha parlato di possibili provocazioni o atti violenti e la dura replica di Dmitrij Medvedev, si inseriscono in questo quadro fortemente polarizzato.

La Giornata della Vittoria, dunque, non è solo un tributo al passato, ma uno specchio delle tensioni del presente e delle strategie comunicative del potere russo