Campi Flegrei, la Terra Continua a Tremare – Nuova Scossa e Scoperta INGV di uno Strato Fragile nella Crosta
Il 13 maggio un terremoto di magnitudo 4.4 ha colpito l’area flegrea, causando panico e evacuazioni. Intanto, un nuovo studio INGV rivela la presenza di uno strato debole tra i 3 e i 4 km di profondità: potrebbe essere la chiave per comprendere bradisismo e sismicità.
13 Maggio 2025
Esmeralda Mameli
La terra torna a tremare ai Campi Flegrei. Oggi 13 maggio 2025, alle 12:07, un terremoto di magnitudo 4.4 ha colpito l’area flegrea con epicentro nei pressi di Pozzuoli e ipocentro a 3 km di profondità. La scossa è stata avvertita nettamente a Napoli e dintorni, causando momenti di panico, evacuazioni di scuole, uffici e università e il crollo di uno stabile disabitato. A seguire, alle 12:22, si è registrata un’altra scossa di magnitudo 3.5.
La Protezione Civile è intervenuta prontamente e lo sciame sismico, attivo da settimane, continua a mantenere alta l’allerta. Si tratta del secondo forte evento in due mesi: il 13 marzo 2025 un’altra scossa di magnitudo 4.6, la più intensa mai registrata strumentalmente nell’area, aveva colpito la stessa zona nelle ore notturne.
Nel pieno di questo contesto di instabilità, un importante studio scientifico dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), pubblicato sulla rivista AGU Advances, offre una chiave di lettura innovativa sui fenomeni sismici e sul bradisismo che interessano la caldera flegrea. I ricercatori hanno individuato, tra i 3 e i 4 km di profondità, uno strato poroso e fragile della crosta terrestre che sembra giocare un ruolo cruciale nella dinamica vulcanica dell’area.
Questo strato risulta permeabile e capace di trattenere fluidi magmatici. L’accumulo di questi fluidi, in espansione e aumento di pressione, sarebbe la causa primaria delle deformazioni del suolo e dei terremoti. Lo studio si basa sull’analisi di campioni di roccia prelevati da un pozzo geotermico e su sofisticate tecniche di tomografia sismica tridimensionale.
Condotta nell’ambito del progetto LOVE CF, in collaborazione con le università di Grenoble Alpes e Bologna, la ricerca ha individuato uno strato intermedio, situato tra rocce carbonatiche profonde e tufi vulcanici superficiali, caratterizzato da alta porosità e bassa resistenza meccanica. Secondo la ricercatrice INGV Lucia Pappalardo, “questi fluidi, intrappolati nei vuoti dello strato poroso, aumentano progressivamente di volume e pressione, innescando deformazioni del suolo e attività sismica”.
Non solo: tra il 2000 e il 2025, i terremoti di magnitudo superiore a 3 si sono concentrati proprio sopra questo strato fragile. I geologi ipotizzano che questa zona possa agire come un “tappo” che ostacola la risalita del magma, accumulando però tensioni che potrebbero sfociare in eruzioni, come accaduto nel 1538 con la formazione del Monte Nuovo.
A rendere ancora più complessa la situazione è il confronto con un recente studio dell’Università di Stanford, secondo cui le scosse sarebbero collegate anche all’accumulo di acque meteoriche nel serbatoio geotermico a 2 km di profondità. Due visioni scientifiche complementari, che insieme arricchiscono la comprensione di uno dei sistemi vulcanici più monitorati d’Europa.
La Protezione Civile ribadisce l’importanza di seguire solo le fonti ufficiali per gli aggiornamenti e ricorda che l’area flegrea, pur sotto osservazione costante, al momento non presenta segnali di imminente eruzione. La crescente frequenza e intensità degli eventi sismici solleva interrogativi sulla sicurezza a lungo termine e sulla preparazione del territorio.
Per approfondimenti tecnici e aggiornamenti in tempo reale, è possibile consultare il sito dell’INGV: terremoti.ingv.it