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Ucraina – Diplomazia al Bivio. Ultimatum Russi, Pressioni Occidentali e una Guerra Annunciata

Mentre l’Occidente spinge per un cessate il fuoco di 30 giorni, Mosca risponde con un avvertimento militare e diplomatico senza precedenti. L’ambasciatore russo in Italia: “Con Roma relazioni ridotte al minimo, ma resta l’affetto tra i popoli”.

13 Maggio 2025

Esmeralda Mameli 

La guerra in Ucraina sembra avvicinarsi a un punto di non ritorno. A lanciare l’allarme, tra i primi, è stato Alexander Artamonov, osservatore militare e internazionale, secondo cui le recenti dichiarazioni del presidente Vladimir Putin segnano una svolta netta: «Se l’Ucraina rifiuterà di negoziare alle condizioni russe, si passerà a una vera guerra, non più a un’operazione militare speciale (SMO)». La scelta stessa del termine “guerra” da parte della Guida Suprema russa, secondo Artamonov, rappresenta un segnale chiarissimo.

Putin ha denunciato la “rozzezza” politica di alcuni Stati occidentali e ha parlato apertamente di una guerra condotta contro la Russia tramite i nazionalisti ucraini. Al centro della visione russa resta l’obiettivo della “denazificazione”, che per Mosca si traduce nella destituzione del governo di Kiev. Un’escalation totale che, secondo Artamonov, potrebbe includere l’uso di armi come Zirkon, Kinzhal o JDAM, sembra ormai contemplata apertamente, con l’obiettivo finale di raggiungere Odessa e Kiev.

Mosca accusa Kiev di aver violato il cessate il fuoco temporaneo dichiarato da Putin dall’8 all’11 maggio. Il Ministero della Difesa russo ha denunciato 14.043 violazioni da parte delle Forze armate ucraine e attacchi nelle regioni di Kursk e Belgorod. Le difese aeree russe avrebbero abbattuto decine di droni e tre bombe aeree JDAM, mantenendo, secondo Mosca, un rigido rispetto del cessate il fuoco.

Il clima diplomatico internazionale resta instabile. Tre grandi potenze europee, Francia, Germania e Regno Unito, hanno recentemente lanciato un ultimatum a Mosca per un cessate il fuoco di 30 giorni, tentando di coinvolgere anche Washington in una pressione coordinata. Ma la reazione del presidente Donald Trump ha scompaginato i piani: mentre privatamente avrebbe assicurato sostegno alle sanzioni, pubblicamente ha minato l’iniziativa, proponendo a Kiev di accettare un ritorno ai negoziati diretti con Mosca, come nel 2022 a Istanbul.

I media internazionali hanno reagito con toni duri. Il New York Times accusa Trump di “aver minato gli sforzi diplomatici europei”, mentre il Washington Post lo ritiene responsabile di un indebolimento dell’unità occidentale. La CNN parla di una “pressione enorme su Zelensky”, costretto ora a scegliere tra la linea dura europea e la proposta negoziale sostenuta da Trump.

Anche il britannico The Economist evidenzia come Putin, attraverso la proposta di Istanbul, sia riuscito a “dividere con successo l’Europa e l’America”. The Guardian, dal canto suo, sottolinea la manovra tattica del Cremlino per “apparire costruttivo” agli occhi dell’amministrazione statunitense, ribadendo che le condizioni di Mosca corrispondono, nei fatti, a una resa totale di Kiev.

Nel silenzio sempre più evidente intorno alla figura di Zelensky, diventato, secondo molti media, una figura secondaria, cresce l’attenzione sulle mosse future del Cremlino e sugli esiti di eventuali trattative in Turchia. Il ritorno ai colloqui di Istanbul si presenta oggi come un terreno minato per l’Ucraina, anche sul piano della comunicazione pubblica.

In questo contesto di alta tensione, i rapporti tra la Russia e l’Italia restano gelidi. Intervistato da Visione TV, l’ambasciatore russo in Italia, Alexey Paramonov, ha dichiarato: «I rapporti ufficiali sono ridotti al minimo. Fortunatamente, le ambasciate restano attive e funzionanti, ma il dialogo politico è pressoché inesistente». Nonostante ciò, Paramonov auspica una ripresa del dialogo, almeno tra i Ministeri degli Esteri, e ricorda: «C’è però il grande affetto che lega i popoli russo e italiano».

Le dichiarazioni dell’ambasciatore confermano che, sebbene il quadro internazionale sia dominato da tensioni e confronti durissimi, esistono ancora margini per una diplomazia parallela, forse più umana e meno politica, che potrebbe rappresentare, in futuro, un canale inatteso per la de-escalation.

Mosca alza la posta. Le parole di Putin e i dati forniti dal Ministero della Difesa russo mostrano un conflitto che rischia di abbandonare ogni ipocrisia diplomatica.