Oltre le mappe di Napoli: il mondo visto dagli occhi di Erica Muscati
Tra vicoli nascosti e racconti autentici, Erica Muscati accompagna i viaggiatori alla scoperta dell’anima più vera di Napoli.
Antonio Russo
Napoli, 15 maggio 2025 – Nel cuore della città di Partenope, tra le meraviglie artistiche e i sentieri meno battuti, c’è chi trasforma ogni viaggio in un racconto da vivere. Oggi NNMagazine incontra Erica Muscati, 30enne, accompagnatrice turistica con tre anni di esperienza e una passione contagiosa per la scoperta. Laureata all’Università Orientale di Napoli in lingue straniere, conosce l’inglese, lo spagnolo, il russo, il francese e il portoghese. Ha vissuto all’estero, precisamente in Spagna, e si è poi dedicata con passione al turismo.
La incontriamo a Santa Lucia, nel quartiere napoletano a pochi passi dal Monte Echia, luogo simbolo dove tutto ebbe inizio. Ci fa da sfondo quello spuntone roccioso di tufo giallo, recentemente recuperato per la fruizione di cittadini e turisti, luogo di ritrovo degli artisti della scuola di Posillipo nell’800.
Con Erica abbiamo parlato di cosa significhi davvero accompagnare i viaggiatori, non solo attraverso i luoghi, ma anche dentro le storie, le culture e le emozioni che ogni destinazione di Napoli custodisce. Ma abbiamo anche parlato delle zone più grigie della città, quelle che, pur con le sue difficoltà, continua a cantare la sua eterna bellezza senza arrendersi.
Vi domanderete qual è il suo sogno nel cassetto. Ebbene, fondare un’associazione con il fine ultimo di valorizzare il territorio napoletano e di creare un turismo attivo 365 giorni l’anno, al servizio sia del cittadino che del turista. La storia di Erica, nata tra i banchi di scuola, è l’emblema dei giovani figli di Partenope: non lasciano la loro città, anzi, vogliono che rinasca con tutte le sue potenzialità.
Cosa l’ ha spinta a scegliere il mestiere di accompagnatrice turistica in una città complessa e affascinante come Napoli?
“È una passione innata che ho scoperto ai tempi del liceo, quando il professore di Latino e Greco ci portò a fare un’esperienza con il FAI. Ci catapultò nell’organizzazione degli apprendisti Ciceroni. Tutto iniziò così: il primo anno con Villa Rosebery; il secondo anno, invece, con Napoli Sotterranea, nello specifico il Teatro di Nerone. Lì mi sentivo molto a mio agio nello spiegare alle persone la storia e l’architettura. Fin da subito ricevetti molti complimenti. Ho tenuto sepolta questa mia passione — o meglio, arte — per un po’. È riemersa nel 2022, appena laureata.
Finito il percorso di studi, volevo capire bene quale strada lavorativa intraprendere. Così arrivò un lavoro in un’agenzia turistica, dove vendevo pacchetti. In questo modo, la mia responsabile mi catapultò a gestire dei tour in autobus. Siccome ero scontenta del mio stipendio, mi proposero di prendere il patentino da accompagnatrice turistica.
Napoli è la mia città. Ho sempre percepito e compreso la sua importanza storica fin dalle letture su Partenope — quindi già dal liceo classico, o forse addirittura dalle elementari”.
Com’è cambiata la sua visione di Napoli da quando la racconta ogni giorno ai visitatori?
“La mia scoperta è cresciuta nei confronti della mia città. Ne conoscevo già il potenziale, ma la sto riscoprendo sempre di più. Sono un’attenta osservatrice, a volte severa e scrupolosa.
Per quanto riguarda l’organizzazione urbana, se noto qualcosa che non va, lo segnalo alle autorità.
Sono sensibile, un’acuta analizzatrice della mia città. La scopro anche attraverso gli occhi dei miei frequentatori, che spesso mi fanno notare dettagli a cui io stessa non faccio caso immediatamente. È qualcosa che mi arricchisce, e per questo li ringrazio”.
Qual è la domanda più strana o inaspettata che le ha fatto un turista?
“Sono al terzo anno di questo lavoro e so che ci saranno tante domande strane a cui rispondere negli anni a venire. Però, al momento, mi chiedono spesso dei panni stesi sui balconi (ride).
Mi fu fatta una domanda particolare a Sorrento, da un gruppo di olandesi più in là con gli anni. La domanda era questa: quanto costano gli ospizi? (ride). Poi, un’altra domanda: Napoli è davvero così speciale?
Questa domanda mi fu posta da un turista cinese, ma cittadino americano. Mi ricordo che aveva una guida in mano. Comunque, questo suo quesito mi commosse e mi commuove tuttora”.
Hai notato differenze tra i turisti italiani e quelli stranieri nel modo in cui si avvicinano alla città?
“Gli italiani già sanno qualcosa di Napoli e partono spesso molto prevenuti. Il mio obiettivo, quindi, è sradicare i loro pregiudizi. Una volta fatto ciò, se ne innamorano anche loro. Ritornano a casa arricchiti da questa esperienza.
Gli stranieri, invece, sanno poco o nulla. Conoscono Napoli grazie ai film. Un’anziana spagnola mi chiese se potevo portarla a vedere le strade dei film di Sophia Loren. Per gli stranieri, è una vera scoperta: rimangono affascinati dalla città. Anche loro fanno qualche critica sul caos che regna in città, come le auto parcheggiate senza regole. È solo un esempio dei tanti. In un primo momento, si sentono spaesati, ma poi sono molto divertiti dalla situazione”.
Come vivi la sfida di raccontare una città che è spesso divisa tra bellezza artistica e problemi sociali?
“Affronto la situazione. Mostro le bellezze, poi le bruttezze.
Se ne rendono conto da soli. Spiego che questi problemi, ahimè, sono legati all’Amministrazione e alla poca civiltà di certe persone. Ovviamente, mi dispiace molto per le cose negative della mia città, ma sono orgogliosa delle magnificenze artistiche del mio territorio. Certo, c’è un potenziale enorme, ma andrebbe sviluppato meglio”.
Secondo lei , Napoli sta diventando una meta più consapevole o rischia di essere travolta dal turismo di massa?
“Napoli è travolta dal turismo di massa al momento, ma stiamo cercando di migliorare le condizioni preesistenti, come l’anarchia dilagante. Dobbiamo imporre più regole, così da regolamentare l’overtourism, soprattutto per quanto riguarda la questione degli alloggi, ma anche con la finalità di creare un turismo più legato alla cultura: ai musei, che non sono secondi a nessuno. Non dobbiamo indirizzare il turismo solo verso il cibo, perché Napoli non è solo quello”.
C’è un episodio, magari piccolo, che le ha fatto capire il valore del suo lavoro?
“Sì, i sorrisi a fine tour, soprattutto i complimenti e i ‘grazie’ ricevuti. Insomma, le facce contente delle persone”.
Cosa manca, secondo lei, alla città per migliorare il turismo e la valorizzazione dei beni artistici e culturali napoletani ?
“Mancano tante cose (sospira). Innanzitutto, i fondi. Devono essere utilizzati in maniera più coscienziosa, le risorse. Dovrebbero essere dirottate meglio verso i musei. Un esempio è il Castel dell’Ovo, chiuso da tre anni, insieme al cimitero delle Fontanelle. Al di sopra di tutto, una maggiore affluenza dei cittadini, con agevolazioni gratuite: aumentare le domeniche gratuite, gli eventi FAI e incrementare il Maggio dei Monumenti. Infine, più educazione verso la cultura”.
Se potesse cambiare una cosa nel modo in cui la città si presenta ai visitatori, quale sarebbe?
“Vorrei più ordine in città: strisce pedonali visibili, non cancellate; marciapiedi in buone condizioni; e, in generale, rispetto delle regole. Anche più pattumiere, per ridurre la spazzatura in giro per strada. Velocizzare i cantieri interminabili. Tutti — ma proprio tutti — questi aspetti sono fattori antiestetici per la città”.
Un’ultima domanda prima di salutarci … qual è, secondo lei, il vero spirito di Napoli che ogni turista dovrebbe portarsi a casa ?
“L’accoglienza, la disponibilità! Me lo dicono proprio i turisti. Il calore, la simpatia: queste sono le cose che ci contraddistinguono. Se fermo una signora per chiedere come si prepara la pasta e patate, lo fa. Chiacchieriamo, discorriamo con i turisti molto volentieri: è il nostro tipico ‘calore umano’. Anche se ci sono episodi negativi — da parte di certe persone — che infangano la nostra bellissima città. Tutto ciò, Pino Daniele lo raccontava benissimo nelle sue canzoni”.