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Turchia – I negoziati Russia-Ucraina. Putin e Zelensky restano lontani

Mentre le truppe russe avanzano sul campo, a Istanbul si riapre la partita diplomatica. In prima linea non ci saranno né Putin né Zelensky, ma delegazioni ufficiali pronte a testare il terreno di un possibile cessate il fuoco. L’ombra di Trump e la mediazione del Vaticano sullo sfondo.

15 Maggio 2025

Esmeralda Mameli 

A Istanbul, il 16 maggio, si aprirà una  sessione di colloqui tra Russia e Ucraina.
Putin e Zelensky saranno assenti, ma saranno rappresentati dalle rispettive delegazioni.

Il Cremlino ha confermato che a guidare la delegazione russa sarà Vladimir Medinsky, consigliere presidenziale ed ex ministro della Cultura, già volto noto nei tentativi di negoziazione del 2022. Con lui ci saranno figure chiave dell’apparato militare e diplomatico: Mikhail Galuzin (vice Ministro degli Esteri), Igor Kostyukov (capo dell’intelligence militare), e Alexander Fomin (vice Ministro della Difesa).

A supportare la delegazione, un gruppo di esperti di alto profilo: dal vice capo dell’Informazione dello Stato Maggiore Zorin, al direttore del dipartimento CSI Polischuk, fino a rappresentanti dell’Amministrazione presidenziale e della cooperazione militare internazionale.

Sul fronte ucraino, si conferma la presenza di Andriy Yermak, capo dell’ufficio di Zelensky, del ministro della Difesa Rustem Umerov, del ministro degli Esteri Dmytro Sybiha e del consigliere Ihor Zhovkva. Si tratta di una squadra politica e militare di primissimo piano, ma che rimane vincolata alla volontà di Zelensky, il quale ha ribadito che Kiev deciderà i prossimi passi in base al tipo di interlocuzione offerta da Mosca.

La posizione delle parti:  propaganda e realismo

Se da un lato Zelensky apre a “qualsiasi formato di negoziato” e ringrazia Papa Leone XIV per l’offerta di mediazione, dall’altro, la retorica russa appare sempre più netta: “non ci sarà cessate il fuoco senza accordo” e le regioni annesse non saranno mai oggetto di trattativa.

Mosca sembra voler consolidare sul campo ciò che considera ormai acquisito, mentre Kiev ha sempre più bisogno di una sponda internazionale forte per bilanciare l’arretramento sul fronte e un crescente isolamento diplomatico.

Witkoff, Rubio e Trump nella partita

Steve Witkoff, inviato di Trump, e Marco Rubio, attuale segretario di Stato USA, saranno presenti a Istanbul il 16 maggio. Una scelta che sottolinea il rinnovato protagonismo statunitense, seppur con un approccio più ambiguo. Witkoff ha parlato da Doha, lasciando intendere che anche Trump potrebbe valutare un incontro diretto con Putin, ma non con Zelensky.

Una mossa che, se confermata, rafforzerebbe l’asse USA-Russia in funzione anti-UE, spiazzando Bruxelles e segnando un’ulteriore svolta nella guerra delle narrative.

Tra retroscena e realtà: negoziati già in corso?

C’è chi ipotizza che i colloqui siano già iniziati in modo informale e che la teatralità di Zelensky serva a preparare l’opinione pubblica all’inevitabile: la necessità di trattare. Il rischio, d’altronde, è che il prolungarsi del conflitto apra nuovi fronti, o addirittura – secondo alcuni analisti – un’escalation su scala mondiale.

La posta in gioco: de-escalation o guerra globale

Il clima resta incandescente. Sul campo, le truppe russe avanzano e si teme possano trovare un varco significativo; sul piano politico, le condizioni per un cessate il fuoco appaiono lontane. L’ipotesi di una terza guerra mondiale, sebbene drammatica, aleggia come spettro concreto se i negoziati fallissero.

L’Italia, come membro della NATO, osserva con crescente preoccupazione. Il rischio di un coinvolgimento diretto in caso di escalation non può più essere escluso.

In questo scenario opaco, l’unica certezza è che la Turchia – crocevia tra Est e Ovest – torna ad essere epicentro della diplomazia globale. Ma sarà sufficiente?