Romania – Democrazia a Geometria Variabile. Se il Voto Non Piace a Bruxelles, si Cambia il Risultato
La vittoria di Nicușor Dan e l’esclusione di Georgescu e Simion: il paradigma democratico si piega al volere euroatlantico. Fake news, censure e pressioni sulle piattaforme social delineano un nuovo ordine elettorale.
20 Maggio 2025
Esmeralda Mameli
“Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare.”
Un detto apocrifo spesso attribuito a Mark Twain, ma che oggi suona drammaticamente attuale alla luce delle recenti elezioni presidenziali in Romania. E forse va aggiornato:
“Anche se votare facesse qualche differenza, annullerebbero la votazione e ti farebbero votare fino a quando non uscirà il candidato già deciso”.
La Romania del 2025 è il nuovo laboratorio della cosiddetta “democrazia condizionata”, dove l’espressione della volontà popolare è subordinata all’approvazione delle élite euroatlantiche. Il caso di Calin Georgescu è emblematico: il candidato sovranista, inizialmente favorito, è stato escluso dalla corsa presidenziale con l’accusa di presunte “interferenze russe”, mai dimostrate. La Corte Costituzionale ha annullato il primo turno, delegittimando milioni di voti. Non contenti, i poteri sovranazionali hanno poi stretto il cerchio attorno a George Simion, leader di AUR, considerato un Trump rumeno: censura sui social, attacchi mediatici, pressioni internazionali.
Il secondo turno si è svolto in un clima che ha ben poco del libero confronto democratico. Il sindaco riformista e filoeuropeo Nicușor Dan, sonoramente battuto al primo turno, ha trionfato al ballottaggio con un ribaltamento sorprendente. Mentre il mondo celebrava una “vittoria per l’Europa”, in molti parlavano di golpe elettorale. Il Cremlino, per bocca di un portavoce, ha definito le elezioni “come minimo strane”.
A denunciare il meccanismo più inquietante è stato Pavel Durov, fondatore di Telegram. Ha rivelato pubblicamente che l’intelligence francese avrebbe cercato di convincerlo a bloccare gli account dei conservatori rumeni in vista del voto. Un tentativo di censura in stile cinese, che mostra come anche in Europa i processi elettorali siano ormai fortemente manipolati.
A nulla sono valse le proteste di Simion, che si era dichiarato vincitore prima dei risultati ufficiali. Di fronte alla macchina euroatlantica, ha dovuto cedere. La sua campagna – basata sulla sovranità nazionale, sul rifiuto dell’allineamento cieco alla NATO e su un ritorno ai valori conservatori – è stata descritta come “filorussa” dai media europei, riducendo ogni dissenso a propaganda nemica.
Il risultato è un Paese spaccato: le città, occidentalizzate e cosmopolite, hanno votato in massa per Dan. Le periferie e le aree rurali, conservatrici e anti-UE, hanno sostenuto Simion. La frattura sociale è profonda e destinata ad allargarsi. E mentre a Bruxelles si brinda alla “vittoria della democrazia”, quasi la metà dei rumeni ha votato contro il progetto euroglobalista.
Le elezioni rumene non rappresentano solo un caso nazionale, ma un monito per l’intera Europa. Se anche un Paese dell’UE può vedere annullate le elezioni e censurate le opposizioni in nome della “stabilità”, cosa resta della sovranità popolare?
L’Occidente sembra aver rinunciato alla legittimazione attraverso il consenso. Oggi governa tramite repressione, censura, manipolazione mediatica. È il trionfo del paradigma post-democratico: non serve più convincere, basta controllare.
Democrazia condizionata e diritto sovrano: l’architettura istituzionale sotto stress
L’annullamento del primo turno delle elezioni presidenziali in Romania da parte della Curtea Constituțională a României (CCR), pronunciato il 18 dicembre 2024, ha sollevato un acceso dibattito giuridico e istituzionale. La sentenza, pubblicata con riferimento Decizia nr. 881/2024, ha invocato “elementi di interferenza informatica e condizionamento psicologico operati da soggetti esterni alla sovranità nazionale”, senza tuttavia offrire documentazione tecnica consultabile pubblicamente. Questo punto è stato duramente criticato da parte dell’Asociația pentru Apărarea Drepturilor Omului – APADOR-CH, che ha denunciato “una pericolosa deriva verso la giustizia preventiva su base informativa non verificabile” (comunicato APADOR-CH del 20/12/2024).
1. Il principio della sovranità popolare (art. 2 Costituzione della Romania):
“Sovranitatea națională aparține poporului român, care o exercită prin organele sale reprezentative și prin referendum.”
Tale principio, cuore del diritto costituzionale romeno, risulta compromesso quando l’arbitro giurisdizionale, cioè la CCR, sostituisce l’esito elettorale con un atto d’autorità, citando minacce senza controparti in giudizio e senza che siano state attivate garanzie come la possibilità di appello o ricorso dinanzi a un tribunale superiore.
2. Violazione dei diritti politici sanciti da trattati internazionali:
La Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), art. 25, vincola la Romania a “garantire a ogni cittadino il diritto e la possibilità di essere eletto in condizioni di uguaglianza”. L’esclusione del candidato Calin Georgescu, motivata da “legami incompatibili con la sicurezza nazionale”, è avvenuta senza processo e senza possibilità di difesa, in contrasto con quanto richiesto anche dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, art. 39 e 40 (diritto di voto e di eleggibilità).
3. L’interferenza esterna e la neutralità delle piattaforme digitali:
Secondo una nota pubblicata su Telegram il 22 dicembre 2024 da Pavel Durov, fondatore dell’app, “funzionari francesi hanno esercitato pressioni dirette per la chiusura di canali politici rumeni legati a formazioni anti-NATO, citando ‘esigenze di sicurezza europea’”. Questo episodio conferma il ruolo crescente degli apparati di intelligence occidentali nella gestione algoritmica del dissenso politico, senza garanzie di trasparenza o supervisione parlamentare.
4. Giurisprudenza europea rilevante:
• Sentenza Ždanoka c. Lettonia (CEDU, 2006): la Corte ha stabilito che le restrizioni all’eleggibilità devono essere proporzionate, motivate da esigenze concrete e fondate su una valutazione individuale, non su pregiudizi politici.
• Sentenza ECJ C-62/14 (Gauweiler): l’equilibrio tra sovranità nazionale e ordine sovranazionale non può avvenire a detrimento della volontà popolare senza base giuridica chiara e motivata.
• Parere n. 190/2021 della Commissione di Venezia: “la trasparenza delle decisioni della Corte Costituzionale è imprescindibile nei casi che riguardano il funzionamento della democrazia rappresentativa”.
L’intervento della Corte Costituzionale romena ha alterato il normale equilibrio tra potere giudiziario, legislativo e sovranità popolare. In assenza di procedimenti contenziosi e con un uso discrezionale del concetto di “sicurezza nazionale”, si entra in una zona grigia del diritto costituzionale: quella in cui la democrazia può essere sospesa in nome della sua stessa tutela. L’Europa, se vuole restare uno spazio di diritto, non può ignorare simili precedenti.