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Intervista esclusiva ad Anna Bigai: tra luci e ombre del bando di guide turistiche e il ricorso al TAR 2025

27 Maggio 2025

Antonio Russo

Il Ministero del Turismo, con a capo la ministra Daniela Santanchè, ha lanciato un bando con l’idea di facilitare l’ingresso dei giovani nel mestiere di guida turistica. L’intento, almeno ufficialmente, sarebbe anche quello di dare una mano a combattere la disoccupazione tra i più giovani. I requisiti per partecipare sono stati abbassati parecchio: basta un diploma di scuola superiore e una conoscenza (livello B2) di una o più lingue straniere. Le materie su cui si verrà esaminati sono sei: Storia dell’Arte, Storia, Archeologia, Beni Culturali e Paesaggio, e Diritto del Turismo. Tra gli altri requisiti, ci sono la cittadinanza italiana e una fedina penale pulita.

Il bando è stato aperto dal 28 gennaio al 27 febbraio 2025 e ha avuto un successone: più di 29 mila domande da tutta Italia. Le regioni che hanno risposto di più? Lazio, Campania e Sicilia. Un segnale forte, soprattutto dal Sud, che ha tanto da offrire sia a livello culturale che umano.

Ma l’entusiasmo iniziale è durato poco. L’Associazione Nazionale Guide Turistiche (ANGT) ha fatto ricorso al TAR del Lazio, sostenendo che alcuni punti del bando non stanno in piedi e non garantiscono una selezione seria.

NNmagazine ha intervistato Anna Bigai, presidente dell’ANGT. Laureata in Lingue e Letterature Straniere a Ca’ Foscari (Venezia), Anna ha vissuto parecchio tempo all’estero: nove anni in Spagna e tre in California. È guida turistica a Venezia dal 1993 e, dal 2011, anche guida conferenziere a Parigi, dove passa diversi mesi l’anno. Nella capitale francese organizza percorsi alternativi alla scoperta di musei e angoli meno noti ma davvero affascinanti.

Con molta chiarezza e senza tanti giri di parole, Anna ci ha spiegato la posizione dell’Associazione e delle guide abilitate.

ANTONIO RUSSO: Presidente Bigai, la vostra iniziativa legale ha suscitato molte riflessioni. Come risponde a chi ritiene che possa rappresentare un freno all’ingresso nella professione, piuttosto che un contributo al suo miglioramento?
ANNA BIGAI: È un’accusa strumentale. Nessuno vuole negare l’accesso alla professione. Anzi, siamo i primi a desiderare nuovi colleghi, purché siano preparati. Il problema è che, secondo noi, il bando, così com’è, non garantisce nemmeno i criteri minimi di qualità. Tutto qui.
A.R.: Lei ha spesso sottolineato l’importanza della preparazione e della conoscenza del territorio. Qual è, secondo lei, il rischio maggiore che si corre abilitando nuove guide con criteri nazionali ma generici?
A.B.: Siamo sempre stati d’accordo sulla necessità di un esame con criteri omogenei validi su tutto il territorio nazionale. Quando sostenni l’esame, molti anni fa, il programma prevedeva già una parte generale con Storia dell’arte, Storia e Geografia. Senza una conoscenza generale, è difficile comprendere ciò che è particolare. Va bene l’esame nazionale, ma serve una specializzazione territoriale obbligatoria. Se voglio lavorare in Veneto, mi specializzo sul Veneto. Se mi trasferisco in Sicilia, sarà mia responsabilità acquisire la preparazione adeguata su quella regione.
A.R.: Avete sollevato dubbi anche sui requisiti linguistici. Perché ritenete che un livello B2 sia insufficiente?
A.B.: Io nasco linguista, e parlo con cognizione di causa: il livello B2 richiesto dal bando è del tutto insufficiente per una guida turistica. È un livello di base, che raggiungono i ragazzi in terza superiore; riguarda le basi grammaticali, non la sintassi o la padronanza reale della lingua. Dopo un B2 non si è in grado neppure di ordinare una pizza al ristorante, figuriamoci spiegare la storia dell’arte o interagire con turisti da tutto il mondo. Lo dico anche per rispetto verso il cliente: la guida deve capire e farsi capire, senza ambiguità. E non basta dire “poi si migliora lavorando”: certo che si migliora, ma bisogna partire da basi solide. Se uno vuole fare il chirurgo, non impara operando. Così vale anche per noi. Serve una vera conoscenza della lingua e anche della microlingua professionale. Ma se non si ha una buona base generale, come si può imparare il linguaggio tecnico? Le faccio un esempio personale: sto studiando turco, e prima di affrontare la microlingua, devo conoscere bene le basi. È semplice buon senso. Se vogliamo davvero difendere la dignità della nostra professione, bisogna partire da qui.
A.R.: Tanti giovani con diploma quinquennale, che sognavano questo lavoro, si sono sentiti penalizzati. È stata un’illusione data dal Ministero o un’opportunità?
A.B.: Il Ministero ha dato un’illusione. Questo bando avrebbe abilitato tanti giovani che poi sarebbero finiti a lavorare per piattaforme online o cooperative museali con stipendi molto bassi. Una nuova forma di schiavitù. Se prima era negli Stati del Sud, oggi rischia di diventare realtà nel turismo. Cosa pensano questi ragazzi? Di guadagnare milioni? No. Dovranno adattarsi a lavorare a otto o nove euro l’ora. Questo ricorso è stato fatto per proteggerli, per permettere loro di acquisire le competenze necessarie. Chi è competente ce la fa, gli altri sono costretti a subire. Molti si sono iscritti illudendosi. Si parla di abilitare 25 o 30 mila candidati: vorrei vedere quanti riusciranno ad aprire una partita IVA. Fare il libero professionista richiede costi, oneri fiscali, contributi. Non è facile.
A.R.: Si sostiene anche che l’ingresso di molte giovani guide farebbe calare il guadagno di quelle già abilitate…
A.B.: Le rispondo con una metafora: anche se avessimo un mercato florido come il nostro, non dovrebbero esserci problemi. E sinceramente, non sono affatto preoccupata (ride). Ma anche se fosse, mi scusi: perché non posso proteggere i miei interessi? Quando Landini manifesta per i lavoratori, nessuno si scandalizza. Perché io non posso tutelare i miei?
A.R.: Avete fatto ricorso al TAR in modo legittimo. Tuttavia, anche i candidati potrebbero ricorrere al Consiglio di Stato…
A.B.: E fanno bene. Noi non abbiamo fatto altro che esercitare un nostro diritto. Il TAR esiste per questo. In uno Stato democratico, è giusto che un cittadino presenti ricorso. Poi sarà la legge a decidere. E io mi rimetto a ciò che stabilirà.
A.R.: E se il TAR non vi desse ragione?
A.B.: Vorrà dire che avrò seguito fino in fondo il mio principio: quello della professionalità. Un tempo questa era una professione qualificata. Sarò comunque soddisfatta: sono stata coerente. E non c’è soddisfazione più grande della coerenza. Se andrà male, pazienza. Sono una persona seria.
A.R.: Qual è la sua visione per il futuro delle guide turistiche? Che tipo di riforma auspica?
A.B.: Su alcuni punti della legge sono d’accordo: va bene l’esame nazionale, va bene contrastare l’abusivismo. Ma i giovani devono essere preparati. Non possiamo pensare alla guida turistica come a Totò che vende la Fontana di Trevi. Bisogna conoscere, studiare. I clienti pagano, hanno diritto a un servizio decoroso. Non bastano due frasi in inglese imparate a scuola. Tanto il B2 lo superano già in terza superiore, magari pagando l’ente certificatore. E poi? Fanno la guida? Io sono guida abilitata anche a Parigi. Le mie colleghe conférencières, quando racconto cosa succede qui, restano sconvolte. Serve almeno una laurea triennale. Non importa in cosa: la laurea serve a imparare a studiare. I ragazzi escono dalle superiori con idee confuse, senza metodo. Come possono affrontare lo studio necessario a spiegare l’Italia? Parliamo della Magna Grecia, Roma, il Rinascimento! Non devono essere professori con mille lauree, ma professionisti con una buona cultura generale, capaci di collegare il generale al particolare.

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore