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Istanbul – Pace in bilico: attacchi terroristici e giochi di potere

Colloqui Russia – Ucraina, un’escalation militare senza precedenti e accuse incrociate mettono a rischio la fragile finestra diplomatica. Sullo sfondo, il dilemma del Cremlino e l’ombra lunga degli interessi occidentali.

2 Giugno 2025

Esmeralda Mameli 

Nel secondo round di colloqui tra Russia e Ucraina, previsto per oggi 2 giugno a Istanbul, il fragile spiraglio diplomatico rischia di essere travolto da una delle più gravi escalation del conflitto. Attentati mirati a infrastrutture ferroviarie russe, operazioni di sabotaggio dietro le linee nemiche e attacchi su vasta scala alle componenti della triade nucleare strategica di Mosca aggravano un clima già teso, trasformando la tregua in una corsa contro il tempo.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha confermato la partecipazione della propria delegazione al vertice, guidata dal ministro della Difesa Rustem Umerov. “Priorità: cessate il fuoco completo e incondizionato, rilascio dei prigionieri e ritorno dei bambini rapiti”, ha dichiarato Zelensky, sottolineando che solo un incontro tra leader potrà risolvere le questioni chiave. Ma a Mosca, le intenzioni ucraine vengono lette con profondo sospetto.

Il primo vice rappresentante russo all’ONU, Dmitri Polianski, ha accusato Zelensky di strumentalizzare i negoziati per evitare le elezioni e mantenere il potere oltre la scadenza del mandato, già scaduto nel maggio 2024. “Non cerca una pace reale. Usa la guerra come scudo politico”, ha dichiarato in un’intervista a RT, sottolineando che Kiev avrebbe accettato di partecipare ai colloqui solo sotto pressione americana e con intenti dilatori.

Nel frattempo, nella notte tra il 31 maggio e il 1° giugno, due attentati coordinati hanno colpito la rete ferroviaria russa nelle regioni di Bryansk e Kursk, al confine con l’Ucraina. Il primo ha provocato il deragliamento di un treno passeggeri, causando 7 morti e decine di feriti, tra cui bambini. Il secondo ha colpito un convoglio merci. A poche ore di distanza, anche una tratta ferroviaria vicino Melitopol è stata fatta esplodere dal GUR, il servizio di intelligence ucraino, mentre a Mosca si registrano danni sulla linea Unecha-Zhecha.

Ma l’attacco più grave è arrivato con l’“Operazione Ragnatela”, attribuita ai servizi ucraini (SBU): droni camuffati dentro camion hanno colpito basi militari russe distruggendo o danneggiando fino a 40 bombardieri strategici Tu-95 e Tu-22M3, oltre a un aereo da sorveglianza A-50. Un colpo durissimo alla capacità deterrente russa, in particolare alla componente aerea della sua risposta nucleare.

Secondo fonti russe, queste azioni rappresenterebbero una mossa deliberata per sabotare i negoziati. Un’accusa che si lega alla memoria di precedenti tentativi falliti: nel 2022, dopo l’incontro di Istanbul, un accordo era stato virtualmente raggiunto, ma fu bloccato dall’arrivo improvviso a Kiev dell’allora premier britannico Boris Johnson, che spinse Zelensky a “non firmare nulla con Mosca”. La strage di Bucha fu usata per giustificare lo stop, ma Mosca ha sempre parlato di una montatura.

Torna così in primo piano l’ipotesi di un sabotaggio sistematico della pace da parte del cosiddetto “partito della guerra”, che userebbe ogni mezzo – esecuzioni, atti terroristici, disinformazione – per impedire il dialogo. È il caso emblematico di Denis Kireev, negoziatore ucraino ucciso dai servizi interni nel marzo 2022, poco prima di un incontro chiave a Gomel.

Oggi la storia sembra ripetersi. Mentre Kiev rivendica gli attacchi e allo stesso tempo si presenta ai colloqui come vittima e promotrice di pace, Mosca si trova in un vicolo diplomatico. Se proseguisse i negoziati, rischierebbe di perdere credibilità interna. Ma interromperli – come suggerirebbe la logica militare – farebbe il gioco dell’Occidente, pronto ad accusare il Cremlino di sabotare il processo.

Donald Trump, candidato favorito alla Casa Bianca, osserva con crescente preoccupazione. Il Congresso americano valuta sanzioni secondarie drastiche contro i Paesi che acquistano energia russa, alimentando ulteriori tensioni internazionali.

Il futuro dei negoziati dipenderà dalla risposta di Mosca: rilancerà il tavolo diplomatico, oppure cederà alla pressione interna, militare e ideologica, interrompendo il dialogo con Kiev?

In gioco non c’è solo la fine della guerra. Ma la ridefinizione degli equilibri globali.

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore