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L’alleanza tra Stati e Finanza

I grandi fondi di investimento governano attraverso il debito pubblico: ecco perché controllano gli Stati e perché i cittadini pagano sempre il conto.

5 Giugno 2025

Canio Trione

Viviamo in un mondo in cui alcuni Fondi di investimento – forti di migliaia di miliardi di euro e dollari da rendere redditizi – sono “costretti” a prestarli agli Stati. Solo gli Stati, infatti, possono assorbire simili volumi di liquidità. Non è pensabile, per questi Fondi, attivare milioni di linee di credito per artigiani, fornai, contadini o piccoli commercianti, che – a loro dire – non offrono le stesse garanzie di affidabilità. Gli Stati, quindi, non solo rappresentano l’unico mercato possibile, ma anche il più sicuro, dal punto di vista della solvibilità apparente.

Ma questi debiti potranno mai essere realmente onorati? No. E tutti lo sanno. E, sorprendentemente, tutti lo vogliono: debitori e creditori. Perché? Perché il vero affare non è la restituzione del capitale, ma la rendita perpetua generata dagli interessi. Gli Stati, in cambio di liquidità, pagano interessi eterni; i Fondi, in cambio di rinunce apparenti, vivono di rendita per sempre.

Naturalmente, per garantirsi tale rendita, i Fondi devono esercitare un controllo sugli Stati. E per permettere agli Stati – già gravati da un debito strutturale – di continuare a pagare gli interessi, diventa fondamentale combattere l’evasione fiscale. Non perché si miri a ripagare il debito, ma perché bisogna assicurarsi che il flusso degli interessi continui in modo regolare e costante.

In questo scenario, il sistema bancario si ritrova cointeressato con lo Stato nel controllo capillare di cittadini e PMI, che sono i veri pagatori di tasse. Le banche, ormai, agiscono come delatori fiscali: non prestano più denaro a chi lavora in nero, come avveniva un tempo, ma diventano strumenti di emersione forzata. Fino al Novecento, la banca non si curava tanto del reddito dichiarato quanto delle garanzie offerte; oggi, quelle garanzie non bastano più. L’attenzione del fisco è divenuta quasi “sacrale”, ispirata da una nuova teologia, cieca al rischio di far chiudere imprese che, senza una zona d’ombra, non sopravvivono.

A prevalere è l’interesse delle casse pubbliche. E questo perché quelle casse rappresentano la fonte primaria di credibilità per il creditore internazionale, ovvero il Fondo. La credibilità del sistema passa anche attraverso la solidità del sistema bancario. Una banca piccola, se legata a una clientela fragile, può minare l’intero sistema, ed ecco allora la spinta alla concentrazione: meglio che le piccole si fondano con le grandi. Anche perché, in fondo, le piccole sono concorrenti delle grandi nella raccolta del risparmio. La filosofia del “meno siamo, più forti siamo” prende il sopravvento – una tendenza che si osserva in ogni settore.

In questo contesto, l’evasore diventa il “Male Assoluto”, il nemico da stanare a ogni costo. Si arriva così alla delegittimazione del contante, contro ogni regola e contro il Diritto Naturale. Eppure, paradossalmente, l’evasore reale è il dipendente pubblico che trasferisce il proprio debito fiscale sul contribuente produttivo, il vero creatore di ricchezza: le PMI.

La ricchezza reale, fisica, nasce infatti nelle PMI, non nelle grandi imprese. Queste ultime necessitano di vendere fuori dal loro circuito e di approvvigionarsi da fornitori esterni. Il valore aggiunto non nasce al loro interno, ma da ciò che riescono a captare dall’esterno. O, alternativamente, dal potere di indurre gli Stati a creare moneta a loro favore. Le grandi imprese dipendono, dunque, sia dallo Stato sia dalle PMI.

Tutto ciò, che abbiamo già sotto gli occhi, rivela la necessità per Fondi, grandi imprese, banche e finanza di controllare gli Stati. Ecco perché gli Stati recalcitranti – Russia, paesi arabi, o altri ancora – devono essere piegati senza esitazione. Perché questo è l’ordine globale che non tollera disobbedienza.

Ecco svelato chi controlla davvero gli Stati e perché le politiche nazionali sembrano muoversi in sincronia, come guidate da un’unica volontà. Questo controllo è molto più stretto e preciso di quanto si creda. La convergenza tra interessi statali e finanziari è oggi assoluta.

È giunto, dunque, il momento di formulare una nuova “idea politica”, una visione consapevole da parte di chi le tasse le paga davvero: i cittadini, i lavoratori autonomi, le imprese produttive. Solo da loro può venire una risposta.

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore