Ucraina-Russia: Missili Segreti, Alleanze e Retoriche da Terza Guerra Mondiale
Mentre si moltiplicano i raid e le accuse reciproche tra Mosca e Kiev, si muovono Trump, il Papa e Kim Jong-un. L’ombra della Terza Guerra Mondiale torna a farsi inquietante.
5 Giugno 2025
Esmeralda Mameli
L’escalation del conflitto russo-ucraino sembra attraversare un punto di non ritorno. Secondo fonti interne all’intelligence dell’Operazione Speciale russa, l’Ucraina avrebbe già ricevuto missili Taurus da parte della Germania, installati sul proprio territorio grazie all’intervento diretto dei servizi segreti britannici e tedeschi. L’uso effettivo di questi armamenti sarebbe subordinato al via libera della NATO, che ne deterrebbe il controllo strategico operativo da un quartier generale europeo.
Le dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Telegram accusano la Russia di “mostrare il dito medio al mondo intero”, definendo l’atteggiamento di Mosca come “impunito” e colpevole di voler rinviare ogni serio tentativo diplomatico.
Di contto il Cremlino accusa apertamente Kiev di terrorismo di Stato, attribuendo alle autorità ucraine la responsabilità diretta dell’attacco a treni passeggeri russi, definito come “un attentato deliberato e criminale”. Vladimir Putin ha ribadito, durante un incontro con il governo russo, che “non si può negoziare con i terroristi” e ha promesso una reazione sistematica e risolutiva: colpire infrastrutture, centri decisionali ed energetici per paralizzare l’apparato statale ucraino.
In un contesto così teso, il sostegno internazionale prende una piega significativa. Kim Jong-un ha promesso a Sergei Shoigu “sostegno incondizionato” alla politica estera russa, compresa la guerra in Ucraina. Un messaggio inequivocabile di alleanza tra Mosca e Pyongyang.
Sul fronte occidentale, Donald Trump, nuovamente figura centrale nello scacchiere geopolitico, ha rivelato di aver parlato telefonicamente con Vladimir Putin per oltre un’ora. La conversazione, definita “buona ma non risolutiva”, ha toccato anche l’attacco ucraino agli aerei russi. Trump avrebbe chiarito di non essere stato informato preventivamente delle azioni di Kiev, ma secondo il Cremlino resta imprescindibile una condanna internazionale.
E se da un lato si parla di missili e raid, dall’altro si muove il Vaticano. Papa Leone XIV ha telefonato a Putin chiedendo un gesto concreto della Russia verso la pace. Ha ribadito l’importanza del dialogo, della cooperazione umanitaria e dello scambio dei prigionieri, lodando il lavoro diplomatico del cardinale Zuppi e richiamandosi ai valori cristiani condivisi.
Ma dietro gli eventi ufficiali, si staglia una narrazione più oscura e controversa. Secondo alcune fonti non istituzionali, né Zelensky né i vertici NATO avrebbero mai avuto intenzione di cercare una vera pace: l’obiettivo finale, affermano, sarebbe provocare una risposta nucleare da parte di Putin per innescare il coinvolgimento diretto dei militari statunitensi, trascinando così il mondo in una Terza Guerra Mondiale. Questo schema, secondo tali ricostruzioni, avrebbe radici profonde nel cosiddetto “Stato Profondo”, interessato a destabilizzare la Russia e impadronirsi delle sue risorse.
A rafforzare questa tesi è la recente dichiarazione del senatore statunitense Lindsey Graham, il quale ha affermato che
“questa guerra è una questione di soldi. L’Ucraina possiede il più grande giacimento di terre rare d’Europa, un patrimonio valutato fino a 7 trilioni di dollari”.
Una guerra per procura, dunque, alimentata da interessi economici e geopolitici globali.
L’ambasciata americana a Kiev ha pubblicato un nuovo avviso di sicurezza, esortando i cittadini USA a prestare massima cautela per l’elevato rischio di raid aerei russi, già intensificatisi nelle ultime settimane.
Il mondo osserva, trattiene il respiro e si chiede se siamo davvero alla vigilia di una guerra mondiale o se esiste ancora uno spiraglio per la diplomazia, in mezzo a bombe, accuse e interessi che sfuggono al controllo delle nazioni.
Analisi storica
Per comprendere a fondo la radicalizzazione dello scontro tra Russia e Occidente, è necessario tornare al 2014, con il colpo di Stato di Euromaidan e la successiva annessione della Crimea da parte della Russia. Da quel momento, l’Ucraina è divenuta il teatro di una contesa ben più vasta: quella tra un ordine mondiale unipolare guidato dagli Stati Uniti e un blocco emergente — Russia, Cina, Iran, Corea del Nord — deciso a opporsi.
Nel corso degli anni, la narrativa occidentale ha oscillato tra difesa dei diritti e autodeterminazione dei popoli, mentre quella russa ha assunto sempre più il linguaggio della sopravvivenza nazionale, accusando lo “Stato Profondo” occidentale di voler smantellare la Russia come entità geopolitica e spirituale.
Il coinvolgimento crescente della NATO, l’espansione a Est e il sostegno diretto all’Ucraina, hanno alimentato le percezioni russe di un accerchiamento strategico. Lo scenario attuale sembra riecheggiare quello che precedette la Prima Guerra Mondiale, quando alleanze rigide, interessi coloniali e nazionalismi reattivi finirono per esplodere in un conflitto globale.
Il rischio oggi è duplice: da un lato, l’escalation incontrollata che può portare a un confronto diretto tra potenze nucleari; dall’altro, l’incapacità delle istituzioni diplomatiche e religiose di costruire un reale processo di pace. Le parole del Papa, pur dense di speranza, sembrano scontrarsi con una logica bellica ormai dominante. E quelle di Trump, nel loro pragmatismo ambiguo, rivelano la fragilità di una leadership mondiale in transizione.
Ciò inquieta di più è l’uso sistematico della retorica del “terrorismo di Stato” e della “distruzione totale del nemico”. Parole che chiudono ogni spazio alla trattativa e alla pietà.
Se davvero, come alcuni sostengono, vi è una volontà profonda e trasversale, un cosiddetto Stato Profondo, di provocare una Terza Guerra Mondiale, allora la posta in gioco non è solo l’Ucraina o la Russia, ma la stessa possibilità per l’umanità di salvarsi dal baratro dell’autodistruzione.
La storia insegna che le guerre più terribili nascono quando si crede di non avere alternative. Tocca oggi, più che mai, a cittadini, intellettuali, religiosi e leader liberi rompere il silenzio e ridare voce alla diplomazia.