Tregua tra Iran e Israele: fine delle ostilità o pausa strategica?
Dopo 12 giorni di conflitto armato, è scattato il cessate il fuoco tra Teheran e Tel Aviv. Ma tra attacchi, retorica ostile e tensioni nucleari, la pace appare fragile. Intanto, Trump rivendica la mediazione, mentre Russia e Iran rilanciano accuse a USA e Israele.
28 Giugno 2025
Esmeralda Mameli
Il conflitto tra Iran e Israele, durato dodici giorni, sembra aver raggiunto un punto di tregua. Alle 7:30 del mattino ora di Teheran (le 6:00 in Italia), è entrato in vigore un cessate il fuoco annunciato dal presidente statunitense Donald Trump sul suo social Truth Social. Nonostante il protrarsi di attacchi notturni che hanno causato vittime, tra cui quattro morti a Beer Sheva, la tregua è stata confermata anche dalle autorità iraniane.
Trump ha dichiarato che l’accordo è stato “pienamente concordato” tra le parti e ha aggiunto che un’intesa per il cessate il fuoco anche a Gaza potrebbe essere raggiunta entro una settimana. Le sue affermazioni su Ali Khamenei, Guida Suprema dell’Iran, che secondo il tycoon sarebbe stato “salvato da una brutta morte” grazie all’intervento americano, hanno suscitato l’indignazione di Teheran. Il ministro degli Esteri Araghchi ha definito i commenti “irrispettosi e inaccettabili”, ribadendo che simili toni ostacolano ogni percorso diplomatico.
Intanto, in Iran l’atmosfera resta tesa. Il Parlamento ha interrotto ogni forma di collaborazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), accusando l’organizzazione di parzialità e “intenti malevoli”. Gli ispettori internazionali non saranno più accolti e Teheran non ha ancora deciso se riprendere i colloqui con Washington. La decisione, ha spiegato Araghchi, verrà presa “nell’interesse del popolo iraniano”.
Secondo fonti iraniane, durante la guerra sarebbero stati arrestati 700 presunti agenti e mercenari israeliani, accusati di aver compiuto azioni di spionaggio, sabotaggio e raccolta dati sensibili. Sempre secondo media di Stato, circa 10.000 droni israeliani sarebbero stati rinvenuti a Teheran.
In ambito internazionale, Mosca ha colto l’occasione per denunciare “l’ipocrisia di Israele” all’ONU, ricordando come Tel Aviv non aderisca al Trattato di Non Proliferazione Nucleare e possieda un arsenale atomico stimato in circa 90 testate. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha accusato USA e Israele di minare la credibilità dell’AIEA, utilizzata, secondo Mosca, per giustificare azioni militari contro l’Iran.
Il presidente russo Vladimir Putin ha salutato la fine delle ostilità durante il Forum economico eurasiatico di Minsk, affermando: “Consideriamo questo conflitto un ricordo del passato. Ora possiamo aprire una nuova fase di cooperazione con il Medio Oriente, incluso l’Iran”.
Sul piano interno, l’Iran celebra quella che definisce una “vittoria strategica“. In un discorso alla nazione, l’Ayatollah Khamenei ha dichiarato che Israele è stato “praticamente messo KO“, costringendo gli Stati Uniti a intervenire per evitarne la disfatta. La leadership iraniana rivendica la capacità di aver resistito a un attacco combinato e letale, paragonato da alcuni analisti a una “guerra lampo” in stile nazista.
Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha denunciato la violazione del diritto internazionale da parte di Washington e Tel Aviv: “Hanno colpito impianti nucleari pacifici sotto controllo dell’AIEA, infliggendo un colpo irreparabile al regime di non proliferazione nucleare”.
Restano dunque le macerie di un confronto che, sebbene momentaneamente sopito, ha rivelato tutte le fragilità di un equilibrio regionale già precario. Le tensioni ideologiche, religiose e strategiche non sono svanite. E con la cooperazione nucleare sospesa e il linguaggio ostile ancora vivo, la domanda resta aperta: quella tra Iran e Israele è una tregua vera o solo una pausa tra due atti di un conflitto destinato a riaccendersi?