Medusa – Il Grido Silenzioso delle Donne Oppresse.
Medusa – Il Grido Silenzioso delle Donne Oppresse.
Napoli, 19 Novembre 2024
Esmeralda Mameli
Nella Galleria degli Uffizi a Firenze lo sguardo cade su un dipinto di Caravaggio che ritrae una creatura femminile con capelli di serpenti. Il soggetto è maestoso, terrificante, ha la bocca spalancata dal terrore, una chioma da cui guizzano serpenti, il capo ancora sanguinante. È Medusa immortalata nel momento in cui è stata decapitata
La leggenda di Medusa risale alla mitologia greca antica ed è diventata un archetipo che attraversa i secoli, assumendo significati diversi in base alle epoche e alle culture. Oggi, il mito è spesso letto in chiave femminista, come una critica alla colpevolizzazione delle vittime e alla violenza di genere, rendendo Medusa un simbolo potente e universale.
Medusa, secondo una delle versioni più diffuse, era una bellissima giovane sacerdotessa del tempio di Atena. Era colpevole solo della sua bellezza, che attirò l’attenzione del dio del mare, Poseidone, che decise di possederla contro la sua volontà, violandola proprio nel tempio sacro. Atena riversò la sua ira su Medusa, anziché punire Poseidone per il suo atto sacrilego, trasformandola in una creatura mostruosa con serpenti al posto dei capelli e un potere terrificante: il suo sguardo poteva pietrificare chiunque la guardasse. Da quel momento, Medusa venne esiliata, isolata e temuta. Non fu mai riconosciuta come vittima, ma divenne il simbolo della mostruosità e della paura.
Nel mito di Medusa sono ben descritte dinamiche che non appartengono solo al passato mitologico, ma trovano corrispondenze inquietanti anche nella realtà contemporanea.
Medusa non solo subisce una violenza devastante, ma viene punita per essa. Questo meccanismo di colpevolizzazione della vittima è tutt’oggi comune. Basta pensare alle domande insinuanti che vengono rivolte alle donne che subiscono violenze per far ricadere la responsabilità dell’accaduto sulla vittima sollevare il colpevole – Cosa indossava? Dove si trovava? Cosa ha fatto per provocare?
Screditare le vittime è una strategia per mantenere la convinzione che il mondo sia sicuro e prevedibile.
Colpevolizzare chi subisce violenza perpetua attua un ciclo di silenziamento e isolamento, facendo percepire alle vittime che chiedere aiuto significhi esporsi a ulteriore umiliazione.
Poseidone, in quanto dio, non subisce alcuna conseguenza per il suo gesto violento. Questa impunità riflette una dinamica di potere che protegge chi si trova in posizioni di privilegio, riducendo le loro azioni a comportamenti naturali o inevitabili.
Nella società odiena, questa stessa dinamica si manifesta quando gli aggressori di alto rango, vale a dire personaggi potenti, famosi o influenti, riescono a sfuggire alle conseguenze legali e sociali e quando si normalizzano atteggiamenti di abuso, giustificandoli con il potere, il carisma o il contesto culturale dell’aggressore.
Questa impunità perpetua l’idea che chi ha potere può fare ciò che vuole e scoraggia le vittime dal denunciare, temendo che la loro voce non sia ascoltata o che subiranno ulteriori danni. Giudicare la vittima permette alla società di evitare una riflessione profonda sulle sue stesse mancanze, come l’abuso di potere dei potenti o come il sistema legale e sociale non protegga i deboli.
L’aspetto più amaro del mito di Medusa è il ruolo di Atena, una donna e soprattutto una dea, che invece di aiutare Medusa, la punisce.
Atena agisce per proteggere il suo status e l’inviolabilità del suo tempio, scegliendo di punire la vittima anziché opporsi al vero colpevole.
Questo riflette un comportamento che si manifesta quando le donne, per sopravvivere o adattarsi a sistemi oppressivi, si allineano con chi detiene il potere.
La complicità femminile è un tema complesso, spesso radicato in una cultura che insegna alle donne a competere tra loro, a interiorizzare il patriarcato e a vedere altre donne come rivali o minacce.
Il mito di Medusa non è una tragedia personale, ma una critica implicita a un sistema di potere che continua ad esistere. Ci invita a interrogarci sulle nostre strutture sociali e culturali e sull’importanza di avere una giustizia autentica, di una società che protegga le vittime e ponga fine a un ciclo di violenza e silenzio.