Economia

QUANDO IL TAROCCO ARRIVA DAL NORD !!

E’ ancora il Sud a farne le spese – grandi marchi sfruttano l’area territoriale, la storia e i prodotti dichiaratamente Meridionali! “ La questione settentrionale” avrà mai un epilogo?

Napoli, 12 dicembre 2017

Di : Sergio Angrisano

Partendo da uno studio dei consumi alimentari, sia in ottica nutrizionale che in termini di abitudini alimentari e da un punto di vista di motivazionale delle scelte, è evidente che riveste grande importanza in virtù delle innumerevoli implicazioni salutistiche, economiche e sociali, l’area di provenienza dei prodotti o dei trasformati. D’altro canto, la domanda alimentare è la domanda primaria per eccellenza perché atta a soddisfare bisogni primari e profondamente radicata negli individui che spesso attribuiscono ai prodotti alimentari valori simbolici e significati particolari. L’acquisto e il consumo del cibo dipendono sempre più da un insieme di situazioni soggettive che derivano dall’azione di un insieme di fattori di natura demografica, economica, culturale (ad esempio la dimensione della famiglia, la disponibilità di tempo per la preparazione dei cibi, il valore attribuito al tempo libero,….).Una maggiore attenzione del consumatore agli equilibri socio-ambientali e culturali risponde all’esigenza di perseguire la tutela delle risorse materiali e immateriali. Il consumatore si mostra partecipe di ciò che accade ed è preoccupato dei riflessi che il suo comportamento può avere. Il fatturato del settore agro alimentare italiano è di circa 37 miliardi di euro l’anno. Recenti studi, prodotti da importanti analisti di settore hanno recentemente stimato in circa 50-60 miliardi di dollari il valore annuo dei prodotti alimentari distribuiti nel mondo che risultano palesemente e illegalmente spacciati per produzione italiana. È una cifra assordante e tragica per l’economia del nostro Paese. Le frodi sono differenti e numerose e riguardano centinaia di prodotti: basti pensare ai vini, ai trasformati del pomodoro, ai formaggi, all’olio, alla pasta. Le più macroscopiche sono legate all’uso fraudolento di etichette e nomi che richiamano in tutta evidenza un’origine e una qualità schiettamente italiana, mentre in realtà essi sono copie scadenti prodotte in altri luoghi: presi di mira sono i prodotti italiani più noti, famosi e riconosciuti, dal Parmigiano Reggiano alla Mortadella Bologna, dal Grana Padano alla Bresaola della Valtellina. Come ci si può tutelare? Dop e Igp contro il falso made in Italy all’estero. Ma il rischio è l’abuso è sempre in agguato, tant’è che il ministro delle Politiche Agricole Martina dichiara lotta all’agropirateria sul web: “Bloccate su Alibaba 5mila tonnellate di falso parmigiano”. Ma qui da noi spesso i disciplinari troppo rigidi mettono in crisi le aziende artigianali a vantaggio delle grandi industrie. In sostanza un doppio imbroglio e un doppio danno, una concorrenza sleale impedisce o riduce la possibilità di distribuzione e vendita dei nostri prodotti originali e, nello stesso tempo, la scadente qualità dei finti prodotti, volgarmente “taroccati” determina un evidente danno di immagine per gli originali. L’Italia, per tutelare le industrie produttrici, mette in campo una serie di iniziative; attraverso la realizzazione di campagne di informazione e di sensibilizzazione, anche con la collaborazione dei consumatori, lo scopo è scatenare una vera “guerra” diplomatica – commerciale, volta a ridurre al minimo questo fenomeno devastante per l’economia del settore.

Ma, cosa succede, quando a “taroccare” prodotti: DOP, di chiara produzione territoriale? L’Unione europea ha realizzato un sistema di marchi per promuovere e proteggere la denominazione dei prodotti agricoli e alimentari di qualità. Si tratta di tre marchi: la denominazione di origine protetta, l’indicazione geografica protetta e la specialità tradizionale garantita. Questo sistema di marchi permette, in tutti gli stati membri dell’Unione europea, di tutelare la diversificazione dei prodotti agricoli, di proteggere la diversa denominazione dei prodotti alimentari contro le imitazioni e i plagi e di aiutare il consumatore, informandolo sulle caratteristiche specifiche dei prodotti. In primo luogo occorre impedire in modo strategico e capillare, vietando e sanzionando severamente, l’uso di marchi, etichette, nomi che confondano palesemente il consumatore. Purtroppo non succede assolutamente nulla !! Mentre il ministro è disposto a dichiarare guerra al “mondo” pur di tutelare: parmigiano, grana, vini veneti…., per tutelare i prodotti tipici del Sud da “taroccatori”nazionali si fa poco o nulla, quindi: Galbani, sfrutta la pizza per commercializzare un formaggio che sostituirebbe la mozzarella “lo si vede dalla foto pubblicitaria, la Balocco fa un panettone con il logo del Napoli, la Locatelli fa una mozzarella (?) con tipico latte di bufala milanese, visto che la sede legale è a Milano , una S. p. A. fondata nel 1860 a Ballabio (LC), poi chiusa 2008, passa alla francese  Lactalis, il cui slogan è :«Locatelli fa le cose per bene»! Ma la Locatelli è in ottima compagnia, l’Invernizzi…anch’essa della francese Lactalis produce “mozzarì”, neppure lontani aprenti della mozzarella, che è uno dei prodotti tipici campani, se si pensa che l’introduzione delle bufale nell’Italia meridionale avvenne intorno all’anno 1000, quando i re normanni crearono degli allevamenti di bufale in Campania portando gli animali dalla Sicilia, dove erano stati introdotti dagli Arabi. Le prime tracce storiche di questo formaggio risalgono al XII secolo, quando veniva chiamato mozza o provatura. Secondo la normativa DOP, l’unica zona in cui può essere prodotto include principalmente la Campania, con le province di Caserta e Salerno, oltre ad alcuni comuni nelle province di Napoli e Benevento; il Lazio, con alcune parti delle province di Latina, Frosinone e Roma; la Puglia, con alcuni comuni della provincia di Foggia; il Molise, con il comune di Venafro. Anche il nome ha una sua storia etimologica; Il termine mozzarella deriva dal verbo “mozzare” (tagliare), che si riferisce al taglio manuale del formaggio a pasta filata, comprimendolo tra gli indici e i pollici. Conosciuto soprattutto nella sua forma tipica rotonda, fino a 800 g, viene prodotto anche in altre dimensioni come i bocconcini (50 g), le ciliegine, le ovoline, i nodini, le trecce (fino a 3 kg), così come nella versione affumicata. La confezione deve presentare i marchi della Mozzarella di Bufala Campana e DOP (Denominazione di Origine Protetta). Chissà come reagirebbero i normanni nel vedere i prodotti della Locatelli e della Invernizzi. Intanto la Melegatti per esempio, tarocca Babà e Pastiera napoletana. Non è la sola, Bergamo improvvisamente si scopre agrumeto della Lombardia, produce un limoncello dall’etichetta ammaliante, ma basta girare la bottiglia per capire la provenienza, e se avete mangiato pesante, cosa c’è di meglio di un “buon” amaro del Vulcano (il riferimento al Vesuvio e Etna è palese. Non manca all’appello la Distilleria Locatelli Fabrizio con sede in Via Scotti, 8/A/2 a Mapello (BG) produce con i rinomati limoni di Bergamo un limoncello con l’antico metodo (?) Mentre la Stock abbandona l’Italia, brandy e limoncello diventano made in repubblica Ceca ? Comprereste un limoncello prodotto nella repubblica Ceca? Il famoso infuso di scorze di limoni è parte integrante della tradizione liquoristica italiana e l’origine ha il suo peso, anche ai fini commerciali. Eppure è successo proprio questo con il Limoncè, il più famoso tarocco di limoncello è traslocato oltre confine per finire proprio nella ex Cecoslovacchia. Non credo che comprerei un limoncello made in Rep. Ceca, ma sicuramente neppure uno fatto in Lombardia, il Limoncello è tale per la lavorazione, ma soprattutto per la materia prima (limoni) provenienti dagli agrumeti della splendida Penisola Sorrentina o maturati al sole di Capri. Come difendersi da questa continua aggressione “commerciale” dei prodotti del nord a scapito delle imprese del Sud? Si potrebbe intanto pensare all’istituzione di un marchio regionale unico e magari, un domani, anche di un marchio Meridionale quale sigillo di garanzia e di provenienza dei prodotti e delle materie prime. Forse non sarebbe la soluzione definitiva, ma di certo potrebbe essere una decisione determinante per almeno arginare questa piaga che danneggia enormemente l’immagine del Sud, costringendo le imprese a doversi difendere dai continui patetici attacchi ed allo sfruttamento dell’immagine di prodotti, di chiara provenienza Meridionale. La pubblicità di una pizza surgelata della Galbani, dove campeggia la scritta “patrimonio dell’Unesco”è veramente immorale. Appropriarsi, e  sfruttare il prestigioso riconoscimento universale, recentemente attribuito alla Pizza Napoletana ed alla speciale lavorazione e manualità dei maestri pizzaioli. Una delle tantissime pubblicità ingannevoli cui le imprese del nord che da tempo utilizzano per accaparrarsi fette di mercato con prodotti sempre più spesso impresentabili. Il ministro Martina ? Assente !!

 

 

 

 

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore