Redazione

Chi sono i nemici del Sud?

L’Editoriale

Di Sergio Angrisano

Napoli, 08 gennaio 2018

E’ un quesito che mi pongo da tempo e al quale con immenso rammarico non ho potuto fare altro che arrendermi all’evidenza. I nemici del Sud sono gli stessi meridionali, perlomeno la stragrande maggioranza di essi. Eppure, nel tempo siamo riusciti a smascherare grandi menzogne, comode come pantofole, che, stante la presente crisi economica, dovrebbero, come naturale reazione, fomentare nuovi e quanto mai preoccupanti forme di rivolta violenta. Ma il tutto si traduce in sterile guerra tra poveri, aumentando di fatto il divario, Nord – Sud, due forme di povertà diverse oserei dire, una percezione ancestrale del povero, adducendo quasi a  questi ultimi causa-effetto del disastro sociale,  via discriminando… !Mancanza di obiettività? Superficiali e frettolose analisi? Dovremmo invece affrontare e discutere le drammatiche iniquità socio-economiche di cui il Sud Italia è vittima praticamente da quando il Mezzogiorno è diventato Sud. Uno scomodo risuonar di voci, talora dissonanti che nasce, come in un crocicchio di strade sterrate fiancheggiate da secolari muretti a secco, testimoni plurisecolari di storie antiche e moderne.

Se a tutto questo ci aggiungiamo il lavorio continuo e distruttivo delle mafie. Gravissime le complicità e la inettitudine della politica locale, è ormai evidente come il peggior nemico del meridione – mafie e racket a parte – sia chi perpetua e consente lo sfruttamento quasi coloniale delle nostre regioni, usate ora come discariche abusive di rifiuti tossici, ora come clientele e depositi di voti, nella quasi totale assenza di progettualità d’ampio respiro. Amministratori, dunque, ma anche cittadini inerti. In sudditanza pressoché completa agli interessi economici di altri tessuti produttivi. Il vero nemico del Sud è chi – ora nel nome del progresso, ora della crescita – alimenta lo sfruttamento scriteriato dei nostri territori, suggendo linfe vitali dal sottosuolo o assoggettando le campagne abitate da ulivi millenari a pluridecennali e indecorose servitù di passaggio. In un silenzio di coscienze sopite che opprime o scoraggia i giovani meridionali. Quasi per tacitare il grido di dolore, che si leva dal basso, in questo ultimo decennio il Mezzogiorno è stato inondato di risorse finanziarie. Patti per il Sud, piani per l’occupazione giovanile, provvedimenti a favore delle piccole e medie industrie, massicci interventi per il turismo e l’agricoltura se messi a regime avrebbero dovuto trasformare il territorio meridionale. Si è assistito ad un vero e proprio saccheggio delle risorse, mal poste, affidate spesso a gruppi imprenditoriali che ne hanno fatto arricchimento personale. A nulla sono serviti, nulla si è mosso, non solo per i lacci e lacciuoli che imprigionano i beneficiari, ma anche perché la cultura dei finanziamenti si ferma negli studi professionali e quasi mai diventa comprensibile ai soggetti interessati. Qui ritorna il discorso delle classi dirigenti e del loro impegno limitato per far decollare il Mezzogiorno. Incapaci di programmare una seria politica di sviluppo, improntata sul lungo e medio termine. Le scelte politiche sono di sicuro il principale nemico del Meridione, la più infelice fu l’entrata forzata e forzosa nella moneta unica (unica?), L’euro ha sortito effetti devastanti sull’economia già debole del Sud, chi sapeva, commise una atto criminale portando il Paese nell’area euro. Un atto criminali che si ripete nel tempo e nella storia. L’Italia non è nuova ad azioni criminogene-finanziarie di questa portata. Infatti,fra mille errori e disastri economici epocali (basti pensare al fallimento della Banca Romana, principale finanziatrice dello stato unitario o allo scandalo Bastogi per l’assegnazione delle commesse ferroviarie), fu attuata solo al Nord mentre il Sud finì per pagare sia le spese della guerra d’annessione, sia i costi divenuti astronomici dell’ammodernamento del settentrione. Basti pensare che già nel 1866, nonostante il considerevole apporto aureo delle banche del sud, la moneta italiana fu costretta al “corso forzoso” cioè fu considerata dalle piazze finanziarie inconvertibile in oro. Segno inequivocabile di uno stato delle finanze disastroso e di un’inflazione stellare. I titoli di stato italiani arrivarono a valere due terzi del valore nominale, quando quelli emessi dal governo borbonico avevano un rendimento medio del 18%. Oggi, a distanza di circa 152 anni la situazione non è cambiata di molto. Eppure?.. Eppure al Sud, c’è chi acclama Salvini, chi sostiene con vigore il partito dei banchieri (PD), e chi, in nome di una inesistente sciagura umanitaria, acclama l’invasione di pseudo-profughi. In conclusione, i nemici del Sud sono un pò tutti, anche chi attivamente non fa nulla delle cose che ho descritto, ma non fa comunque nulla affinché esse non avvengano.

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore