Redazione

LIBERO HAI ROTTO I… CORDONI….. DEL BUONGUSTO

LIBERO HAI ROTTO I… CORDONI….. DEL BUONGUSTO

Pericolo per la vita della buona educazione – titoli intrisi di odio e discriminazione territoriale  incrementa le tensioni tra Sud e nord

di: Sergio Angrisano

Napoli, 11 gennaio 2019

Vittorio Feltri, se non ci fosse, lo si dovrebbe inventare. Un uomo che ha fatto la sua fortuna (si fa per dire) sulle continue offese ai “meridionali” ed alle regioni del Sud in generale, non ha mai perso occasione di offendere anche pesantemente  tutto ciò che si trovi a sud di Bergamo. Tra i suoi titoli più dispregiativi ricordiamo:  “ A Napoli si bruciano da soli”, campeggiava in prima pagina  in occasione degli incendi che interessarono il Vesuvio nel luglio del 2017, non meno offensivo fu: “Torna il colera a Napoli , sottotitolato: “lo portano gli immigrati”, di pessimo gusto, irridente, patetico e fuori luogo . L’odiato direttore , quando si tratta di offendere Napoli e i napoletani, non si risparmia e  lo abbiamo visto con il calcio: si presentò in edicola con un provocatorio e offensivo “Piagnisteo napoletano”, cimentandosi in un confuso e singolare accostamento tra assenteismo e calcio, passando per l’acquisto di Maradona (1984 – 1991) e Higuain,nessuna attinenza con il campionato 2016/17.

Questa volta il quotidiano “lumbàrd” è apparso in edicola con un’intestazione vergognosa:“Comandano i Terroni”,il riferimento è rivolto all’attuale compagine governativa. L’articolo, riportato anche a pagina 3 del quotidiano, utilizza un epiteto con accezione dispregiativa riferendosi alle cariche politiche del meridione.

Ma la cosa non è sfuggita al Codacons, che dichiara: “Episodi del genere ledono la categoria dei giornalisti, rappresentando una mancanza di rispetto nei confronti di tutti i cittadini meridionali”. Così l’associazione consumatori ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica, ipotizzando il reato di diffamazione aggravata da mezzo stampa ex art. 595 c.p”. E non finisce qui.

Alla denuncia presentata dal Codacons , si è accodata quella dell’Avvocato Teofilo Migliaccio con Studio a Napoli, di cui  riportiamo copia.

è evidente che dimentica, chi ha governato negli ultimi 71 anni, vale a dire dal primo governo del dopoguerra , era il 1 gennaio del 1948, la guida fu affidata ad Alcide De Gasperi nato in Trentino, da allora un susseguirsi di alternanze, con rarissime parentesi meridionali Giovanni Leone uno di questi. Ma, facciamo un passo indietro, in un articolo pubblicato su ”La Repubblica” di cui allego il link http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/economia/crisi-editoria/stipendi-direttori/stipendi- direttori.html , per verificare quanto costa materialmente il direttore Feltri , ma questo lo lasciamo alla discrezionalità  dei lettori.  Intanto, andiamo avanti, il ritorno di Feltri alla direzione di Libero, sembra non fu particolarmente gradito al crd della testata, ci limitiamo a riportare quanto denunciò la FINSI, uno dei principali sindacati di categoria, non ci interessa neppure fare delle considerazioni, quello che mi interessa  è, evidenziare quanto sia amato il direttore Feltri dalla sua stessa redazione. Sembrerebbe che il suo ritorno, non incrementò le vendite, pur essendo stato il fondatore della testata, anzi, l’avvicendamento alla guida, determinò l’effetto opposto, come di seguito vedremo. Tuttavia, prima di passare all’analisi delle vendite e, della situazione economico-finanziaria della testata condotta dal bergamasco, credo sia gusto ricordare, come fu accolta la notizia da giornalisti e redattori. Quando si seppe del ritorno di Vittorio Feltri alla guida di Libero, la reazione fu : “Si, Feltri, il direttore mal digerito dalla sua stessa redazione, che, alla sua rinomina, non esitò a rivoltarglisi contro, come ci racconta anche il F.Q. in un articolo del 9 Maggio del 2016 “ Libero, redazione contro il ritorno di Vittorio Feltri: “Dal 2012 tagliati gli stipendi dei giornalisti”. Ad aprile è iniziato il quinto anno di solidarietà per i giornalisti. Il cdr: “Nulla da dire sul valore di Vittorio Feltri, ma perché non si riesce a sapere quale parte del taglio agli stipendi è servita per finanziare il suo ritorno? Ciò vuol dire che i conti vanno meglio e si può anche rinunciare agli ammortizzatori sociali?” Questa la prima reazione, ma il “cdr” non si ferma qua, ci va giù duramente quando aggiunge all’intervista de il F.Q. “Presi in giro e basiti su modalità e costi dell’operazione “Feltri torna a Libero“. In un comunicato pubblicato sabato 7 maggio sul quotidiano, i giornalisti di Libero hanno espresso dubbi e tutta la loro preoccupazione per il ritorno in organico – anche se da “semplice” firma – di Vittorio Feltri, che quel quotidiano l’ha fondato. Ad aprile è iniziato il quinto anno di solidarietà per la redazione del quotidiano, che viene da mesi di trattative dopo che l’azienda ha chiesto l’ennesimo sacrificio ai suoi redattori. “Dal 2012 – si legge nel comunicato – l’azienda ripete al comitato di redazione lo stesso discorso: per ripianare le perdite di bilancio occorre ridurre il costo del lavoro, bisogna tagliare gli stipendi dei giornalisti“ – Ad amareggiare il cdr e i giornalisti di Libero l’aver accolto buona parte delle richieste avanzate dall’azienda vedendo – senza che sia mai stato annunciato loro durante le trattative – a stretto giro il ritorno dell’ex direttore. E in più con l’ipotesi che il suo stipendio fosse pagato con parte dei soldi derivanti dai tagli alle loro buste paga. “Nulla da dire sul valore di Vittorio Feltri, ma perché non si riesce a sapere quale parte del taglio agli stipendi è servita per finanziare il suo ritorno? Ciò vuol dire che i conti vanno meglio e si può anche rinunciare agli ammortizzatori sociali?”, chiedono a chiusura del comunicato -. Ora, passiamo all’analisi delle vendite e, vediamo se, e quanto questi “titoloni” tanto amati dal direttore, abbiano in qualche modo contribuito ad incrementare le vendite. E’ bastata una semplice ricerca, per verificare che le cose in casa Libero, non vanno proprio benissimo. Riporto da F. Q. | del 1 Marzo 2018, uno studio di Lelio Simi,  un’analisi completa, molto dettagliata, di cui pubblichiamo uno stralcio. – Confronto volumi vendita 2017: Il Giornale, Il Fatto Quotidiano, Libero, La Verità e Il Manifesto

“Continuiamo la nostra analisi sui numeri delle vendite dei quotidiani italiani nel 2017 (e relativo confronto con il 2016). Questa volta, dopo il quadro generale e le prime cinque testate nazionali per volumi di vendita prendiamo in considerazione altre cinque quotidiani nazionali fortemente caratterizzati da linee editoriali particolarmente aggressive, certo con stili e filosofie molto diverse tra di loro: Il Giornale, Il Fatto Quotidiano, Libero, La Verità e Il Manifesto (un campione di testate che abbiamo monitorato, a cadenza trimestrale, durante tutto l’anno). I dati, precisiamo anche questa volta, sono nostre elaborazioni che partono da quelli forniti e certificati da Ads e in particolare della voce “Totale vendita (carta+digitale)” i dati relativi al 2016 sono quelli che Ads ha certificato e ricalcolato con le nuove regole, ovvero considerando solo le copie digitali vendute a prezzo superiore al 30% di copertina (per questo differiscono leggermente, al massimo uno 0,3%, rispetto a quelle che avevamo dato lo scorso anno). Di questo campione di testate è Il Giornale che ha il volume di venduto maggiore: nel 2017 ha venduto complessivamente 21,56 copie con una flessione sul 2016 di 4,3 milioni di copie pari a un -16,6% anno su anno. Per ogni uscita del 2017 Il Giornale ha venduto mediamente 60.049 copie, 11.754 in meno rispetto al 2016. Dall’analisi, sono state omessi i dati delle altre testate, ciò, non altera assolutamente il dato che volevo rilevare. Emerge infatti che ;“Tra queste testate sicuramente quella più in sofferenza è Libero con una flessione secca del 33,2% sul 2016, il quotidiano diretto da Feltri infatti perde un venduto complessivo di 4,7 milioni di copie passando da 14,2 milioni di copie vendute del 2016 alle 9,5 milioni di del 2017”. Altra sorpresa, emerge quando   mettiamo assieme i dati di tutte e tre le testate “nordiche” cioè: Il Giornale, più Libero, più La Verità e raffrontiamo i volumi complessivi di questo aggregato del 2017 e del 2016 vediamo che, comunque, nel 2017 si regista una flessione netta del 14%. Ovvero le due testate Giornale e Libero più i tre mesi della Verità nel 2016 totalizzano un venduto di 14,2 milioni di copie mentre le stesse tre testate nel 2017 – e questa volta con La Verità a pieno regime per tutti i dodici mesi – mettono assieme un venduto di 12,2 milioni di copie con una perdita di circa 2 milioni di copie. Diciamo subito che dai numeri elaborati dai dati certificati da Ads (come al solito ci riferiamo al totale vendita carta + digitale) nemmeno i quotidiani locali hanno venduto più copie rispetto allo scorso anno. Con questa lunga, ma importante analisi, ho voluto evidenziare due elementi, il primo, dimostra che parlare male degli altri, quando si ha il “morto in casa” non paga. La seconda, che i titoloni cari, evidentemente solo al direttore, stanno portando al fallimento la testata visti i dati analizzati. Il buon direttore, tuttavia, si distingue anche in altri ambiti. Nel periodo più florido (si fa per dire) del governo Renzi. Fu accusato di essere voltagabbana, alle quali accuse, si difese dicendo “ Renzi? uno che non ho mai visto in vita mia. Prima di diventare un fedelissimo di qualcuno bisognerebbe averci un minimo di rapporto. E poi essere favorevoli alle riforme istituzionali, dire che voterò sì al referendum, non significa essere renziani. E comunque meglio renziano che figlio di puttana”. A dirlo è Vittorio Feltri, che in un colloquio con il Foglio smentisce di essere stato chiamato a dirigere Libero per spostare la linea del giornale e fare campagna per il referendum”. Insomma Feltri è questo e tanto altro. Consigli? No, grazie, non voglio dare consigli ad un uomo che a quanto pare, sbaglia benissimo da solo. Odiose le sue invettive contro i meridionali ed il Sud in generale, spesso al limite della querela, quello che più fa rumore, non sono le sciocchezze che ogni tanto leggiamo nei suoi titoli, ma il silenzio della politica, dei politici meridionali, ma questa è altra storia.

 

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore