Autonomia differenziata tra le regioni italiane uno spauracchio spuntato a parlarne Giancarlo Chiari .

Quello dell’Autonomia differenziata tra regioni è uno spauracchio agitato già diversi anni fa da pochissime regioni del Nord (2018 ed in precedenza) che ha come obiettivo intimorire il meridione e porlo sotto ricatto per ottenere qualcos’altro.

La proposta di autonomia differenziata tra le regioni italiane

Uno spauracchio spuntato

di Giancarlo Chiari

Napoli, 17 novembre 2022

Di solito scrivo quando sono particolarmente ispirato dall’argomento ed avverto una utilità nel farlo. Viviamo in un’era comunicativa nella quale gli strumenti informativi sono tali e tanti da creare una enorme mole di contenuti e quindi avverto l’esigenza di non aumentarla ?. Scrivo solo quando proprio non riesco a reprimermi.

Il fatto – Il leghista Roberto Calderoli, ministro degli Affari regionali e Autonomie, presenta oggi, in occasione dell’incontro della Conferenza Stato-Regioni  una bozza di riforma delle autonomie regionali che propone un trasferimento di competenze (Sanità, Istruzione e Ambiente) dallo Stato alle Regioni. Come si ricorderà esiste una legge che dovrebbe assegnare alle 8 regioni meridionali, proprio per le competenze ancora in capo allo Stato, contributi ordinari parametrati alla percentuale della popolazione residente calcolata dall’ISTAT ogni anno (circa il 34% superando il criterio della spesa storica che la quantificava in circa il 22% con un incremento di circa il 55% valutato in circa 4,2 miliardi di euro). Appare chiaro che se competenze come la Sanità, l’Istruzione o l’Ambiente venissero “sfilate” dal calcolo, il meridione otterrebbe una perdita notevole in quanto la base sui cui calcolare la nuova percentuale del 34% sarebbe di molto ridotta.

Uno spauracchio spuntato – Quello dell’Autonomia differenziata tra regioni è uno spauracchio agitato già diversi anni fa da pochissime regioni del Nord (2018 ed in precedenza) che ha come obiettivo intimorire il meridione e porlo sotto ricatto per ottenere qualcos’altro. Ma la salvaguardia dell’unità statale, della coesione e della solidarietà sociale non sono negoziabili e sono tutelate dalla Costituzione. Come poi solo 3 regioni d’Italia possano dettare legge sulle altre resta un mistero esclusi i creduloni. Anche dal Governo arrivano, nei fatti, precisi distinguo sul fatto che il testo della bozza Calderoli non sia stato condiviso con esso e che questa tematica non sia ancora stata affrontata. Lo stesso Calderoli afferma, dopo la richiesta di pronto ritiro della proposta, che la stessa non è un ddl ma solo una bozza per “iniziare il confronto”. Per il momento la tematica, priva di efficacia di legge, serve solo al leghista e al suo partito per ottenere una certa visibilità, un partito con un consenso nazionale decisamente calante, pressoché sparito al Sud e ad alcuni “improbabili” meridionalisti che da politici del meridione si sono accorti solo nell’ultimo periodo che il meridione è fortemente penalizzato da una politica delle ripartizioni che da circa 160 anni ha creato il divario Nord Sud del Paese totalmente assente al momento dell’unificazione. Dove erano questi “meridionalisti” nel 2018 anno in cui si è iniziata ad applicare la “legge del 34%”? Appare molto chiaro che un sistema nord centrico li ha selezionati e ora, davanti ad un crescente meridionalismo che interessa grandi masse del Paese, interpretano il ruolo consono al nuovo sentimento popolare per non sparire alle prossime elezioni se la parte meridionalista di chi non va a votare decidesse di andarci indignata dai suoi rappresentanti.

La piena applicazione della legge – A qualche lettore non sarà sfuggito che ho usato il condizionale quando ho parlato della legge del 34% che … dovrebbe assegnare maggiori contributi ordinari alle 8 regioni del meridione. Ma chi dovrebbe controllare (preventivamente – inizio anno e fare il consuntivo – fine anno) l’effettivo rispetto di questa importante legge a favore del meridione d’Italia? Nel testo della legge si ordina al ministro del Sud di fare questi controlli ma dal 2018 non risulta che siano mai stati fatti. A giugno 2021 fu rivolta al ministro del Sud, Mara Carfagna, una interpellanza parlamentare del deputato Edmondo Cirielli oggi viceministro degli Esteri, sollecitata a settembre, nella quale le si chiedeva conto sull’effettiva applicazione. Inutile dire che l’interpellanza non ha mai avuto risposta. Dal 2018 al 2022 sono cambiati 4 ministri del Sud e nessuno sembra abbia riferito sull’argomento. Tale situazione, intollerabile, ci ha fatto presentare il 4 luglio scorso, una petizione sulla quale la prima Commissione affari costituzionali del Senato dovrà deliberare. Al punto 3 della stessa abbiamo richiesto la cancellazione della figura del ministro del Sud per fondata inutilità  e perché legittima uno stato coloniale non essendo prevista una analoga figura per il Nord o per il Centro del Paese.                   

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore