Napoli

Le verità scomode sulle stragi e l’importanza del giornalismo civile di Napoli News Magazine

Napoli, 13 agosto 2023

 

Grazie alla Redazione di Napoli News che questa mattina  ci ha regalato l’ennesima testimonianza di un giornalismo civile, capace di restituire la memoria, di illuminare gli angoli più bui e sporchi della Storia prima monarchica e poi repubblicana di questo paese. Ancora una volta il direttore Sergio Angrisano e la redazione tutta, hanno riacceso i riflettori  sulle stragi del 1863 fino a giungere a quelle del 1992 e 1993, sulle trattative Stato-mafia, sulle commistioni tra istituzioni, servizi, politica, mafia, servizi deviati, e ministri e Presidenti della Repubblica infedeli al Popolo.

Un intreccio che ha insanguinato la Storia di questo dannato Paese, sin dalla di Pietrarsa , sulla quale questa proprio questa mattina si è tenuta una commemorazione presso quello che fu il più grande Opificio europeo dell’epoca, inutile precisare che fu realizzato grazie alla lungimiranza dei Borbone che miravano all’autonomia produttiva del Regno da qualsiasi altro Paese, qualcosa di simile ma non della stessa importanza esisteva solo in Inghilterra. Pietrarsa all’epoca occupava 1100 lavoratori specializzati-

La narrazione dei fatti è affidata al Prof. Vincenzo Gulì, scrittore e storico, attento ricercatore che non senza commozione fa rivivere i fatti di quel tempo al gruppo di presenti che sventolano bandiere del perduto Regno delle Due Sicilie.

Ma andiamo con ordine, nel 1861 si era compiuto l’atto più gretto meschino che questo Paese potesse assistere, il Regno di Sardegna, capeggiato dai Savoia, spalleggiati da Francia e Inghilterra avevano grazie a Garibaldi  realizzato il turpe inganno, compiuto il quale scattò la corsa alla spartizione del bottino, ad un certo  Jacopo Bossa toccò appunto l’Opificio di Pietrarsa quale premio per i servigi resi ai Savoia, un massone faccendiere, un personaggio turpe che non sapeva assolutamente gestire una fabbrica di tale livello. Fu proprio questa sua incapacità che portò all’esasperazione i lavoratori che dopo svariati tentativi di incontro con la dirigenza  decisero di entrare in sciopero, per la cronaca, quello di Pietrarsa fu il primo sciopero che l’Europa avesse mai visto. Bossa spaventato lascia lo stabilimento e si reca al comando militare che sembrava non aspettasse altro, inviò il corpo dei bersaglieri logorati da mesi di guerriglia con il noto Carmine Crocco, scaricarono sui lavoratori tutte le loro frustrazioni. il vile atto si compì di lì a poco, quella che ricorderemo come laa strage di Pietrarsa, avvenne il 6 agosto 1863, un eccidio compiuto dal 33° Corpo dei bersaglieri, di stanza a Portici, reduci di una lunga e difficile “campagna” per reprimere quello che oggi conosciamo come “fenomeno del Brigantaggio” in realtà erano cittadini del Regno che non volevano piegarsi alle angherie dei piemontesi, ai bersaglieri si unirono Carabinieri e le Guardie di Città (quella che poi diverrà l’attuale Polizia di Stato). Quel giorno gli operai delle Officine di Pietrarsa, stabilimento siderurgico posto al confine dei comuni di Portici, San Giorgio a Cremano ed il quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio, dopo mesi di licenziamenti, aumento dell’orario di lavoro e soprattutto di riduzione della paga (si pensi che un operaio dell’Ansaldo percepiva il doppio dello stipendio e lavorava solo 6 ore) e tentativi di incontrare i nuovi “padroni”, gli operai decisero di scioperare , il segnale per bloccare lo stabilimento sarebbe stato il suono della campanella che alle 15.00 batteva l’orario della prima mezza giornata, così fu, così fecero quel 6 agosto i lavoratori, bastò questo ai sopraggiunti bersaglieri per aprire il fuoco sugli inermi lavoratori, circa 700 i presenti, 168 non risposero più all’appello alla fine di quelle triste giornata, il mare che confina con una parte dell’Opificio si tinse di rosso, rosso del sangue dei lavoratori che si buttarono in acqua nel vano tentativo di salvarsi da quel martirio, altri feriti furono finiti con le baionette, tra essi giovani di solo 18 anni, padri famiglia , mariti figli e fratelli di famiglie che alla notizia accorsero dai paesi vicini, nulla poterono i corpi furono portati via in fretta e furi, a bordo di carri e cavalli requisiti, negli ospedali molti avevano gravi ferite alle mani nel vano tentativo di contrastare le baione affilate dei bersaglieri, tanti i corpi che galleggiavano esamini sull’acqua, una scena apocalittica che ancora oggi non trova verità, le cronache del tempo (tutte accuratamente fatte sparire) parlavano di oltre duecento morti, i pochi e scarni documenti trovati nell’archivio di stato, fanno presumere che i caduti siano 168, morti che non avranno mai pace, perché “l’Italia” ancora tiene secretati tutti gli atti di quelle drammatiche ore, ore di cieca follia criminale. Oggi il 160 sessantesimo anniversario di quella morte a 7 giorni da quel tristemente famoso 6 agosto (questi furono i tempi della magistratura 7 giorni per stabilire la evidente verità poi insabbiata), troppa la crudeltà, troppa la brutalità impossibile coprire tutto quel sangue, dagli atti, della magistratura emerse che: “nemmeno un sasso, un bastone al suo non si è trovato assolutamente nulla” così scrisse il magistrato, non restava che far sparire quella mostruosa verità, una delle prime verità scomode al sistema.

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore