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Alessandro Genovese Fotografo di strada con la sua macchina soffietto

Napoli, 24 marzo 2024

Alessandro Genovese Fotografo di strada con la macchina a soffietto.

 

Alessandro Genovese: occhi chiari, accento straniero barba rossiccia, a vederlo potrebbe essere un irlandese, ma lui è un napoletano al cento per cento. Ha vissuto due anni in Danimarca, alcuni mesi in Inghilterra, poi in giro un po’ qua e un pò là, portandosi sempre con se la passione per la fotografia. Sembra quasi un regista teatrale quando mette in posa i suoi “ soggetti”.

LA STRADA

Le sue foto sono molto apprezzate, si fa largo come fotografo dopo anni di studio culminati in un diploma di laurea in Design Industriale all’estero. Una volta in Italia si è diplomato in Fotogiornalismo. Alessandro ha scelto la strada, fotografando la gente che passa. Nasce tutto circa dieci anni fa. Innumerevoli le foto fatte in questo lungo periodo. Per una questione pratica le macchine fotografiche se le costruisce da solo, la prima tra queste era uno scatolone, pesante, ingombrante, ma perfettamente funzionante, poi il “gioiello” con il quale lavora oggi, una meravigliosa macchina a “soffietto”.

TECNICA ANTICA

A sentirlo sembra che le macchine fotografiche a soffietto lo intrigano non poco, perché con esse non esiste il click, bisogna fissare l’istante e poi dar vita ad un grande lavoro di manualità. Alessandro ha fatto una scelta incredibilmente originale e coraggiosa, tornando ad una tecnica che ha cominciato ad estinguersi già alla fine del secondo dopoguerra: “Digitale e analogico – spiega il fotografo – sono due cose totalmente diverse, oggi, tutti con un telefonino oppure con una macchinetta digitale si dicono “fotografi”. La foto digitale nasce per velocizzare la comunicazione. Manca però la materia. La tecnica di fotografia che ho deciso di usare io, invece, è basata al 100% sulla materia, partendo dalla carta fotografica ai prodotti chimici, quali acqua e alcool che custodisco in un cilindro di platica. Metto un supporto fotosensibile, in questo caso la carta fotografica e lavoro su di essa. La luce che entra impressiona l’immagine. È lei stessa che disegna la foto e non un sensore. Eseguire una foto con questo metodo – continua Alessandro – è molto più difficile rispetto, alla pellicola che ti consente di apportare modifiche successive. Qui devo fare uno scatto perfetto, esattamente come l’ho visto con l’occhio della testa e del cuore”.

CAMERA OSCURA

Alessandro il fotografo lo potete trovare ogni giorno a Piazza del Gesù Nuovo, nei pressi della maestosa chiesa del Gesù. La caratteristica facciata della chiesa con le sue magnifiche bugne in porfido si presta a fare da meravigliosa scenografia. Con se Alessandro ha la sua macchina fotografica a soffietto – una grande e una piccola – e una camera oscura portatile, all’interno della quale in meno di dieci minuti sviluppa alla perfezione le sue foto, che il più delle volte sono autentici capolavori. Con l’avvento delle nuove macchine digitali e degli smartphone “tuttofare”, anche la camera oscura è ormai preistoria. Ma Alessandro, uno dei pochi temerari che resiste nel mantenere certe tecniche, ci tiene a tenere vivo il ricordo e ci racconta come funziona: “Ci sono delle vaschette che reagiscono con il supporto che metto dentro. Lo sviluppo – spiega – è ciò che farebbe naturalmente la luce del sole: trasforma i sali d’argento in argento ridotto. Nella seconda vaschetta – continua – si arresta il primo processo. Nella terza si fissa l’immagine togliendo tutti i sali che non sono diventati argento. A quel punto – conclude – esce la foto”.

 

Grazie al suo lavoro per strada, Alessandro Genovese incontra ogni giorno centinaia di turisti, che restano a bocca aperta nel vederlo all’opera con quei soffietti che ormai si vedono solo nei musei o nei film. E lui, orgogliosamente, mostra a tutti le sue tecniche, i materiali che usa e i suoi lavori finiti. Ciò che stupisce sono i contrasti e la profondità dei contorni bianchi e neri, tirati fuori al primo scatto, senza successivi editing. Immagini rese ancora più preziose dalle opere d’arte di cui è ricca la zona del Centro Storico di Napoli in cui il fotografo, ha scelto di lavorare: “A portarlo a Napoli è stato il destino – di certo c’è che è innamorato del su lavoro. Per adesso sono qui dice, gli affari si possono fare ovunque, ma Napoli la sento ormai come la mia città. Si incontrano persone estremamente allegre e interessanti. In queste strade regnano amore e magia. E poi qui tutte le culture del mondo convivono in maniera perfetta – conclude – arricchendo quello che per me è senza dubbio l’ombelico del mondo”.

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore