Senza categoria

Uccidere un fascista non è reato. Questo uno degli slogan urlato dalla Sinistra negli anni 70

 

UCCIDERE UN FASCISTA NON E’ REATO QUESTO UNO DEGLI SLOGAN URLATO DALLA SINISTRA NEGLI ANNI 70…
Antisala dei Baroni Napoli presentato il libro a fumetti dedicato al vile assassinio di Sergio Ramelli ucciso a soli 18 anni

Di Sergio Angrisano
Napoli, 27 luglio 2017
Si è tenuta oggi nell’antisala dei Baroni, al Maschio Angioino di Napoli, la presentazione del libro a fumetti sulla dolorosa morte di Sergio Ramelli, in una sala gremita, moltissimi i militanti del tempo, sono presenti i Big della Destra napoletana, oltre a Massimo Abbatangelo e Michele Florino, Francesco Mormile, Carmine Ippolito, Pietro Diodato, il consigliere Andrea Santoro, tantissimi i giovani, vogliosi di sapere, di capire ciò che accadde in quegli anni.
La storia di uno degli omicidi politici più efferati e vigliacchi d’Italia per la prima volta raccontata in un libro a fumetti. Un’opera che racconta la vita e la morte di Sergio Ramelli, giovanissimo militante di destra del Fronte della Gioventù discriminato, perseguitato e poi brutalmente aggredito a morte il 13 marzo 1975 da un commando di militanti comunisti di avanguardia operaia. In questo albo, Sergio Ramelli rivive nei suoi affetti, nei suoi trascorsi giovanili, nelle sue passioni sportive, nel suo impegno politico, nella quotidianità di un ragazzo di appena 18 anni. Un ritratto fedele, basato esclusivamente su testimonianze dirette e fonti storiche accertate, che consegna ai lettori una vita spezzata, una tragedia familiare, un dramma generazionale, una ferita aperta. Un albo per capire una delle pagine di storia più vergognose, infami e abilmente rimosse d’Italia, simbolo di un’epoca in cui “uccidere un fascista non era un reato”.
Su questo assurdo slogan ricordiamo che nella Milano degli anni piombo si consumò uno dei delitti piú vergognosi di quel periodo. Sergio Ramelli, giovanissimo militante del MSI. Viene ammazzato senza pietà da un gruppo di “vigliacchi” risultati poi, essere militanti di Avanguardia Operaia. L’unica colpa, se di colpa possiamo parlare di Sergio fu quella di criticare le Brigate Rosse in un compito in classe. Il vile i consumò agguato sotto casa, la sua agonia durò ben 47 giorni. Quando muore, morire per un ideale, per una fede a soli 19 anni è la cosa più assurda cui si possa immaginare. Il Prefetto in collaborazione con la Questura vietò i funerali a Milano, altro schiaffo alla famiglia, una vergognosa dichiarazione di Franca Rame, non amava il militante dall’occhio febbricitante di passione, pronto a dare la propria vita o a prenderne qualcuna durante un tumulto. No. la Signora Rame, altra icona della sinistra mai spese una parola per la morte di Sergio, eppure, era madre anche lei. Una strana madre non piange i figlio. La Rame amava le operazioni chirurgiche, fatte di notte, in venti contro uno, armati di chiavi inglesi, le famigerate Hazet 36, un oggetto lungo quarantacinque centimetri, del peso di tre chili e mezzo con il quale questi eroi, questi alfieri dei popoli oppressi, spaccavano ossa, aprivano crani e spargevano su qualche marciapiede insanguinato la materia cerebrale di qualche ragazzino di destra. Farà i conti con il Signore Franca Rame, non aveva ancora esalato l’ultimo respiro che subito era scattata nel paese la corsa da parte di una certa cultura di sinistra e del Movimento 5 stelle per trasformarla in un santino prima ancora che in una santa. I responsabili dell’assassinio di Sergio Ramelli furono individuati. Il processo, una vera e propria farsa che è seguito alla barbara aggressione contro Ramelli, è una delle tantissime pagine vergognose di quella che dovrebbe essere la “giustizia” italiana. Ma che in realtà, come spesso ci mostrano le cronache, nulla a che fare con la legge, la legalità. Sergio Ramelli, incontra la morte nel modo più barbaro, viene massacrato senza alcuna pietà con una pesantissima una chiave inglese , colpito alla testa al volto, da un drappello assassini, poco grandi di lui. Che lo massacrano senza pietà. Vigliacchi fino alla fine. Forti del fatto che spaccare la testa a un “fascista”, non è un reato. Nemmeno se a morire è un ragazzo di 19 anni .