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Covid – 19 tra le iniziative del Governo : App immuni fine della libertà?

Esiste un pericolo di limitazione della libertà individuale? Ne parliamo con l’Avv. Vittorio Boccieri

di: Sergio Angrisano

Napoli, 22 Aprile 2020

In tempo di coronavirus, sono tante le cose che risultano incomprensibili ai cittadini. Una serie di provvedimenti messi in campo in nome dell’emergenza, una emergenza che lascia molti dubbi, per i tempi e, per i modi in cui è stata affrontata. Fanno discutere in questi giorni, alcune iniziative che il governo ha assunto per il contrasto all’epidemia. Iniziative, pesantemente restrittive e che in alcuni casi , più che alla tutela dei cittadini, appaiono come un vero e proprio “controllo” individuale, iniziative imposte dalla neoinsediata “Task Force al cui capo è stato chiamato Vittorio Colao, ex manager Vodafone, fanno però discutere alcune iniziative di Domenico Arcuri; commissario di governo della Protezione Civile. Iniziative forti , che per molti non rispondono all’emergenza , ma si ha il sospetto che possano celare scopi diversi, così come si legge in tantissimi gruppi di discussione che popolano i “social”. Più che un sospetto, per molti cittadini si tratta di un vero e proprio ordine del giorno “diritto alla libertà individuale”. Al centro delle discussioni, si evidenzia la violazione di due importanti articoli della Costituzione che sanciscono altrettanti inalienabili diritti dei cittadini, precisamente dell’articolo 13, che sancisce” la libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge” e, dell’art. 32 che recita “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.  Due articoli che sembrano cozzare con le ultime decisioni proprio di Colao che propone un’App per regolare gli spostamenti, ufficialmente un piano per sostituire l’autocertificazione (?), era necessaria una azione cos’ invasiva? E, Arcuri che sostiene la proposta di Colao e rilancia, aggiungendo che: i cittadini che dovessero rifiutare di collegarsi “all’App immuni”, questo è il nome che è stato destinato, saranno obbligati all’uso di braccialetti elettronici di geolocalizzazione (gli stessi utilizzati per i detenuti in regime di libertà vigilata per intenderci), diversamente, i “reticenti”, si troveranno ad avere limitata la libertà di mobilità. Una iniziativa che non è sfuggita all’attenzione del COPASIR (Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica), che ha dichiarato l’app Immuni una: “Questione di sicurezza nazionale”, non escludendo l’audizione del commissario Arcuri per le modalità dell’affidamento alla società Bending Spoons e sulla gestione dell’applicazione.

 Per mettere un po d’ordine, abbiamo parlato con l’avvocato Vittorio Boccieri; titolare di un noto Studio Legale di Avellino.

D. Se ci obbligassero a installare l’app di prossimità che serve per conoscere chi si relaziona con noi anche involontariamente, sarebbe legale? E chi non possiede un “device” per scaricare ed installare l’app potrebbe essere destinatario dell’applicazione di un braccialetto elettronico in modo coattivo?

R. Allo stato, non è possibile imporre l’installazione di un app del proprio telefonino, confliggerebbe con i principi liberali a cui la nostra Costituzione e il nostro Ordinamento giuridico in generale si conforma.

Analogamente non è ammissibile l’applicazione coattiva (contro la volontà del destinatario) di un c.d. braccialetto elettronico capace di fungere da mezzo di geolocalizzazione.

Approfondimento

Gli articoli 13 e 14 della Costituzione, l’art. 25, 3° comma e l’art. 27 sempre della Costituzione prevedono i primi due l’inviolabilità della persona e del domicilio se non per atti motivati dell’Autorità giudiziaria, il terzo l’impossibilità di essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge, il 27, 2° comma la “considerazione di non colpevolezza” fino alla sopravvenienza di una sentenza passata in giudicato.

Da qui si deduce che in un Ordinamento giuridico libero qual’è il nostro non è possibile sottoporre una persona a un atto vincolante se non in forza di una legge o di un atto giurisdizionale.

La Costituzione a proposito parla di riserva di legge e la dottrina ne a qualificate alcune come la riserva di legge assoluta, relativa e rafforzata. L’assoluta è quella che richiede necessariamente un intervento parlamentare ed una legge propriamente detta per derogare al principio costituzionale (non andrebbe bene un decreto legge); la relativa è quella che prevede anche l’intervento di un atto avente forza di legge, mentre la rafforzata prevede passaggi parlamentari specifici e non derogabili.

Riguardo all’applicazione di atti coercitivi (quale potrebbe definirsi l’obbligo di installazione di una app su un cellulare o peggio di un braccialetto elettronico) il nostro Ordinamento giuridico (a differenza di quelli di common law che prevedono l’habeas corpus) esclude il ricorso ad essi a meno che il soggetto non abbia commesso un reato segnatamente un delitto che preveda l’applicabilità quantomeno di misure cautelari. Nella teoria generale del diritto però si parla di rispetto della regola di legalità laddove l’Ordinamento debba rispettare – ai fini di applicabilità di misure coercitive personali –  quattro tassativi assiomi, dei veri e propri dogmi del diritto penale (il più punitivo insomma) ovvero: la regola di riserva di legge, di tassatività, di irretroattività e di divieto di analogia. Insomma la legge deve essere esistente, sufficientemente circostanziata e aderente al fatto concreto, e deve essere già in essere al momento del compimento di un atto qualificabile giuridicamente come un delitto ed inoltre, chi è chiamato ad interpretare il fatto concreto nel caso di mancanza dei precedenti dogmi non può rifarsi a norme esistenti per sopperire alla lacuna legislativa.

Tutto ciò viene rimarcato e quindi tipizzato dagli artt 1 e 2 del codice penale

Ad onor del vero l’art. 2 comma 5 del codice penale parla anche di leggi c.d. eccezionali o temporanee le quali derogano ai suddetti principi generali. Tali leggi però non possono essere adottate con decreto legge e richiedono necessariamente un passaggio parlamentare. Mi al proposito sovviene un’unica circostanza in cui è stato adottato un regime eccezionale ovvero le leggi antiterrorismo degli anni 70 : una di queste fù la legge 110/1975 sulle armi e che è ancora vigente seppur più volte modificata. 

D. riguardo alla possibilità invece di essere sottoposti a trattamenti sanitari obbligatori, esiste la possibilità che si adottino misure che costringano i cittadini a installare l’app o a essere destinatari del braccialetto elettronico o di altre misure?

R. L’articolo 32 della Costituzione più volte è stato portato a mò di “bandiera” da parte di chi era intenzionato a condurre il ragionamento su di un estremo ovvero l’eutanasia, sostenendo attraverso un’interpretazione per certi versi condivisibile, che un soggetto dovrebbe avere la libertà di suicidarsi. In realtà il nostro Ordinamento giuridico, conformato a principi che conducono alla sussistenza da un punto di vista sostanziale e giudiziale del diritto alla vita, ne esclude tassativamente la disponibilità. A ciò si fa riferimento agli art. 579 e 580 del codice penale. Parimenti, il legislatore consente la possibilità di essere sottoposti a trattamenti sanitari obbligatori TSO ma solo in casi eccezionali e comunque giudiziariamente vigilati.

Escludo in ogni caso l’adozione di un trattamento sanitario ai fini della installazione della app ovvero del braccialetto elettronico.

Approfondimento

Anche il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza prevede per le autorità sanitarie un regime tassativo ai fini delle denunce di soggetti pericolosi per la salute e l’incolumità pubblica senza una possibilità diretta di intervento. L’eccezione è il trattamento sanitario obbligatorio previsto prima dalla legge Basaglia e trasferito   nella l. 833 /1978 (riforma sanitaria) che anch’esso richiede requisiti specifici (non differibilità, rifiuto esplicito del soggetto, impossibilità ad adottare altri tipi di interventi extraospedalieri). Il TSO è uno strumento adottato prevalentemente per le persone inferme di mente ed esposte al pubblico.

D. il tuo pensiero sull’impianto giuridico che viene impiegato negli ultimi due mesi.

R. Va sottolineato, onde fugare ogni possibile fraintendimento, che non siamo in guerra cosi come impropriamente il premier ha detto nelle sue conferenze stampa. E’ solo stato dichiarato lo stato di emergenza per un periodo di sei mesi dal 30 gennaio 2020. L’art. 78 della costituzione prevede che il Parlamento conferisca i pieni poteri al governo in caso di dichiarazione dello stato di guerra che in ogni caso è di competenza esclusiva del presidente della repubblica quale capo supremo delle forze armate. Ad oggi non mi pare che sia sovvenuto un tale provvedimento. Quindi nemmeno il fatto della bandiera può essere condivisibile in considerazione che le bandiere c.d. di guerra sono appannaggio delle singole Armi dello Stato (Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri).

Lo stato di emergenza nazionale serve solo ai fini giustificativi di procedure in precedenza soggette al rispetto di specifici requisiti. L’esempio classico è quello di forniture senza il rispetto del codice degli appalti onde non incorrere nei reati di turbativa d’asta o turbata libertà degli incanti e di abuso d’ufficio.

E’ chiaro per converso che il Governo, quale organo supremo del potere esecutivo stia procedendo attraverso DPCM decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che non hanno forza di legge e di decreti legge che però richiedono la conversione in sede parlamentare. Ad oggi tutti quelli emessi fin ora, seppur passati alle singole camere per la conversione ex art. 77 della costituzione, nessuno di essi pare sia stato convertito. Anzi, rilevo che la data del 4 e del 9 maggio non siano date indicate a caso ma, rispettivamente pare che indichino proprio il periodo massimo di vigenza dei decreti legge emessi sessanta giorni prima e di cui eventualmente si tema la non conversione.

Sergio Angrisano

Direttore Editoriale - giornalista televisivo e scrittore