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29 Maggio 1953, la prima ascesa al Monte Everest

Oggi, 29 Maggio, ricorre una data rilevante ai fini della storia della nostra storia.

E’ in questo giorno di 64 anni fa infatti che, per la prima volta, si tocca la vetta del Monte Everest, il tetto del Mondo.
I protagonisti sono due esperti alpinisti, il neozelandese Edmund Hillary ed il nepalese Tenzing Norgay, che, partiti dall’iniziativa della Joint Himalayan Committee britannica con altri tredici esperti e guidati da John Hunt, hanno intrapreso la lenta e lunga scalata, arrivando, dopo estenuanti giorni, a segnare parte del corso degli eventi della nostra umanità.

L’impresa, dedicata da Hillary alla regina Elisabetta II, era stata infatti tentata innumerevoli volte già dagli anni venti del 1900, e conta, sciaguratamente, una cifra prominente di morti.

Un po’ di storia

Scoperto da George Everest, viene denominato anche Sagarmatha e/o Chomolungma – “Santa Madre dell’Universo” -, ma, proprio a causa della difficoltà di identificazione del nome reale, nonché della discordanza nel modo di designarlo tra le varie popolazioni, nel 1865 prende il nome di Monte Everest.

Più antico di 60 milioni di anni, il “Il tetto del Mondo” si affaccia a Nord sulla Cina ed a Sud sul Nepal e consta di circa 8.848 metri (29.035 piedi). Tuttavia, le cifre sono fuorvianti e per nulla esatte e precise, in quanto numerosi studi rivelano che esso si eleva di circa 0.25 pollici l’anno per via dell’attività tettonica perennemente in atto.

Come summenzionato, prima e dopo di Hillary e Norgay, esiste un cospicuo numero di esperti alpinisti o semplici temerari che, invano, hanno tentato l’impresa, molti dei quali hanno trovato la morte – si pensi che l’ultima cifra riportata è di 282 morti dal 1924 al 2015 -, mentre altri, con maggior fortuna – o preparazione -, sono usciti indenni e vittoriosi dal pericolo.
Il motivo per cui molti rinunciano in partenza, tuttavia, come ci spiegano gli studiosi e/o amatori, non sono solo le possibili cadute letali, il freddo (con picchi di -62°C) o le bufere (come quella avvenuta nel 1996 e riportata nel libro “Thin Air” di Jon Krakauer, anch’egli alpinista provetto), ma anche il costo elevato della scalata che comporta la rinuncia di appassionati che vorrebbero tentare l’impresa – si parte da un minimo di 30.000 dollari in solitaria -, e questo non esclusivamente per il costo in sè ingente dell’attrezzatura richiesta, quanto piuttosto per via della tassa imposta, creata anzitutto per evitare l’incidenza di un numero ancor maggiore di morti.

Quando il gioco si fa duro

Eppure tutto ciò non basta a frenare le migliaia di persone che ogni anno, specialmente in primavera, decidono di intraprendere questo lungo cammino di circa 60 giorni, con o senza ossigeno, ed i dati ci riportano che, dopo il primo raggiungimento della vetta del 1953, almeno altri 3.500 alpinisti sono riusciti nell’impresa.
Per soddisfare l’attenzione dei più curiosi, ricordiamo ad esempio il più giovane tra questi, Jordan Romero (nel 2010, all’età di soli 13 anni), il più anziano, l’ottantenne Miura Yiuchiro (nel 2013) e la prima donna, Junko Tabei (nel 1975).

Tante storie, tanti volti e, sfortunatamente, altrettanti morti, ma son pur sempre date che rimarranno impresse nella storia della nostra umanità, nel bene e/o nel male.